10-01-2007 - Lamette. Storie nere - 12 maledetti racconti di sporco rock'n'roll: così recita il titolo di questo dannatissimo disco, la cui geniale confezione grafica ricorda un numero a caso di una di quelle vecchie e polverose collane di gialli anni '60 con copertine un po' macabre e un po' erotiche. Se non vado errato dovrebbero essere più o meno coeve di Diabolik, Kriminal, Satanik, Sukia e altre prelibatezze del genere, e se cercate nei meandri di qualche oscura e remota bancarella, sicuramente lo zio Tibia di turno ne avrà ancora qualche copia residua per il vostro ludibrio. Tant'è che i Bone Machine sono sicuramente la migliore band dell'agro pontino, e da un po' di tempo si sentiva la loro mancanza su supporto audio, anche perché i nostri eroi ci hanno abituato a continue overdosi di singoli, 7'' e mini-cd, rendendo la loro discografia una cosa affascinante ed incasinata. A volte ritornano, comunque, e nella fattispecie qui sono affiancati dai toscani Mutzhi Mambo, probabilmente il gruppo più indicato in Italia per dividere un cd con la diabolica perversione del rock'n'roll: vuoi perché entrambi i gruppi cantano testi trucidissimi in italiano, vuoi perché Elvis li possiede ambedue. Il risultato è un lavoro omogeneo e incandescente come pochi, che mi possano scorticare con un cilicio se mento.
Aprono le danze i Bone Machine, con sei musiche che vi zombificheranno. Segnalo su tutte il country-rock'n'roll di "Io sono il diavolo" - che è già un cavallo di battaglia da tempo - e lo psychobilly allucinato di "Molly", nonché una cover italianizzata di "These boots are made for walking" ("Questi stivali sono fatti per camminare"), cantata ad hoc da Dynamite Anna. Il livello di blasfemia dei nostri - per la cronaca - tocca punte sempre più alte e raffinate, il che significa che i testi sono i migliori che i tre lottatori messicani di Aprilia abbiano mai scritto finora. Ottimi naturalmente anche i Mutzhi Mambo, leggermente più horrorofili nel repertorio e amanti di atmosfere musicalmente più ossessive. Pollice in alto in particolare per il tocco splatter di "Señorita" e per una stralunatissima cover di "Sognando" di Don Backy, celeberrimo antagonista di Adriano Celentano, il quale è stato a sua volta - volenti o nolenti - storicamente il primo rocker italiano, anche se il suo inglese era veramente maccheronico. "Storie nere" è un disco che ho adorato al primo colpo e che mi farà compagnia per un bel po'. Non capita spesso. Se non lo comprate possa la testaccia vostra diventare di pietra o di alabastro, a scelta. Lunga vita alla palude pontina, da sempre fucina di malaria e adesso finalmente anche generosa fonte di contagio.
[Simone]