La leggenda più famosa del blues narra che all'angolo tra la Highway 61 e la Highway 49 a Clarksdale, nel Mississippi, altrimenti noto come "Devil's Crossroads", un giovane Robert Johnson vendette la sua anima al diavolo in cambio della possibilità di diventare un chitarrista migliore.
Ma non e stato l’unico a cedere l’anima al diavolo per suonare: probabilmente, cari amici dei Mutzhi Mambo, c’è stato un altro giovane che una sera si è presentato in quel crocicchio, solo che lui era un pianista in erba.
Il suo nome era OTIS SPANN!
Spann infatti ha avuto un ruolo nell’evoluzione del piano blues paragonabile a quello avuto da Johnson per la chitarra.
È riconosciuto come uno dei più grandi sessionmen del genere e uno dei principali pianisti di Chicago del dopoguerra, rinnovando l’uso di questo strumento e adattandolo alle esigenze della “musica del diavolo”.
Anche se ha avuto una interessante e proficua carriera come cantante e frontman a sé stante, Spann è forse più noto per le sue esibizioni accanto a grandi leggende del blues come Buddy Guy, B.B. King, John Lee Hooker, Sonny Boy Williamson II, Big Mama Thornton, Bo Diddley e Howlin 'Wolf.
E soprattutto per essere stato membro del gruppo di Muddy Waters dal 1952 al 1968, tanto che pare sorprendente che abbia avuto il tempo di registrare album solisti...
È anche apparso in diverse prime registrazioni di Chuck Berry e ha collaborato con i membri del Fleetwood Mac (quelli belli blues di Peter Green, non i loffi Fleetwood Mac che successivamente faranno fortuna come band di melense ballate pop) che culminò in una leggendaria jam da studio, vero punto di raccordo fra il blues classico americano e quello bianco inglese.
Il modo di suonare di Spann combina in parti uguali il virtuosismo ragtime con il fascino paludoso del folk del Mississippi.
Otis Spann nasce a Jackson, in Mississippi, il 21 marzo del 1930.
Ma, come spesso accade ai neri nati in quel periodo, sulla data e il luogo di nascita ci sono opinioni contrastanti: dei ricercatori hanno concluso, sulla base di documenti di censimento e altre informazioni ufficiali, che è nato nel 1924 a Belzoni, sempre però in Mississippi…
l padre di Spann è, secondo alcune fonti, un pianista chiamato Friday Ford mentre sua madre, Josephine Erby, è una chitarrista che aveva lavorato con Memphis Minnie e Bessie Smith; anche il suo patrigno, Frank Houston Spann, è un predicatore e musicista.
Unico di cinque fratelli, Spann inizia a suonare il piano all'età di sette anni, grazie ad alcuni suggerimenti del padre, del patrigno e di Little Brother Montgomery.
All'età di 14 anni suona già in diversi gruppi nella zona di Jackson, fortemente influenzato da pianisti “stride” come Fats Waller.
Si trasferisce a Chicago nel 1946, dove diventa allievo di Big Maceo Merriweather.
Spann si esibisce sia come solista sia con il chitarrista Morris Pejoe, lavorando regolarmente al Tic Toc Lounge.
Diventa noto per il suo stile unico nel pestare i tasti.
Sostituisce Merriweather come pianista di Muddy Waters alla fine del 1952 e partecipa alla sua prima sessione di registrazione con la band il 24 settembre 1953.
La sua prima registrazione per la Chess Records è "Blow Wind Blow".
I classici successivi di Waters che sfoggiano la tastiera di Spann includono robona come "Hoochie Coochie Man", "I'm Ready" e "Just Make Love to Me".
Stranamente alla Chess, per non si sa quale motivo, non riescono ad apprezzare le notevoli abilità vocali di Spann.
La sua uscita come solista per questa etichetta si limita a un singolo del 1954, "It Must Have Been The Devil", con nientemeno che B.B. King alla chitarra, e delle session del 1956 e 1963 che rimarranno nel cassetto per decenni.
Eppure mai titolo sarà più appropriato per uno dei blues di Chicago più rudi: le voci distorte esplodono dagli altoparlanti, la chitarra e l'armonica stridono e si aggrediscono a vicenda, accompagnate da una rocciosa sezione ritmica.
Così Spann guarda altrove, cesellando lo splendido album “Otis Spann Is the Blues” per la Candid con il chitarrista Robert Jr. Lockwood nel 1960, e una grande uscita per la Storyville nel 1963, “Good Morning Mr. Blues”, che viene prodotta a Copenaghen.
In questo album magistrali il fumoso “Spann's Blues", dove si odono echi di Duke Ellington, James P. Johnson e Fats Waller e “Bye Bye Blues", otto minuti di pura goduria blues, con un cast di musicisti come Willie Dixon, Memphis Slim, Muddy Waters, Lonnie Johnson, Victoria Spivey e Sonny Boy Williamson.
Un set per la britannica Decca, “The Blues of Otis Spann“, l'anno successivo lo trova in compagnia di Waters e Eric Clapton, mentre nell’ LP del 1965 per la Prestige, “The Blues Never Die!”, Spann condivide le parti vocali con il compagno d’avventure James Cotton.
Nel 1966 pubblica altri due dischi a suo nome per la Testament (“Otis Spann's Chicago Blues”), e la Vanguard (“Chicago/The Blues/Today!, vol. 1”).
“The Blues Is Where It's At”, l'album sempre uscito nel 1966 per la ABC-Bluesway, sembra una registrazione dal vivo ma è in realtà una session di studio animata da un gruppo di spettatori entusiasti che applaudono ogni canzone.
A suonare con lui, tra gli altri, Waters, il chitarrista Sammy Lawhorn e George "Harmonica" Smith.
Tra i pezzi memorabili la scorrettissima “Buy Me a Shotgun, and I’ll Kill My Baby”.
Sempre per la Bluesway, “The Bottom of the Blues” (1968) vede la moglie di Otis, Lucille Spann, a dare una mano alle voci.
Gli ultimi anni di Spann con Muddy Waters sono memorabili e vedono la loro collaborazione per il disco “Fathers and Sons” (1969), una vera pietra miliare in cui si incontrano la vecchia generazione di musicisti neri e quella nuova di bianchi, vantando la collaborazione con artisti del calibro di James Cotton, Paul Butterfield, Duff Dick Dunnie, Michael Bloomfield e Buddy Miles.
Continua a registrare come solista e session player con altri musicisti, tra cui Bo Diddley, Buddy Guy (“A Man and the Blues” – 1968), Big Mama Thornton, John Lee Hooker ("Live at Cafe au Go-Go” – 1967), Chuck Berry, Junior Welles e Howlin 'Wolf, durante il suo incarico nel gruppo.
Rimane con Waters fino al 1968.
Il pianista ormai è chiaramente pronto a lanciare una carriera da solista e registra un leggendario set per la Blue Horizon con i blues-rockers britannici Fleetwood Mac, allora capitanati dal lunatico (ma bravissimo) Peter Green, “The Biggest Thing Since Colossus!”.
Nel 1969 registra “Super Black Blues, vol. 1”, con T-Bone Walker e Joe Turner, ma il disco esce solo nel 2001.
Purtroppo il destino non concede a Spann di raggiungere la celebrità come cantante: viene colpito da un tumore al fegato e muore a Chicago il 24 aprile del 1970.
Ci raccomandiamo, cari amici e lettori, ascoltatevi un po di Otis Spann ma state attenti a chiudere bene porte e finestre…
Non si sa mai che possa entrare il Diavolo a portarvi via l’anima…
Oddio, se poi finisce vicina a quella di Otis, tanto male non vi va!
“Well it must have been the devil
You know it must have been the devil, baby
You know it had to be the devil
You know it must have been the devil, baby
You know it must have been the devil
Changing my baby's mind
Well you know I heard a mighty rumbling
You know I heard a mighty rumbling, baby
You know I heard a mighty rumbling, baby
You know I heard a mighty rumbling
You know I heard a mighty rumbling deep down in the ground…”
Otis Spann – It Must Have Been the Devil