Se oggi fosse vivo andrebbe per gli 84 ma è morto quindi nulla...
Comunque non siamo andati al suo funerale, per vedere se la gente piangeva davvero..,
Prepariamo dunque i fazzoletti, perché oggi ricorre il funesto anniversario della scomparsa dell’incredibile al Maestro ENZO JANNACCI, uno dei più grandi poeti della canzone italiana!
Enzo Jannacci, oltre ad essere un pioniere del rock'n'roll nello Stivale, è stato capace di raccontare con ironia ma anche con umana empatia, la vita e il delirio dei disperati della sua Milano da bere (nel senso dell'alcol...).
Inutile rimarcare quanto la sua figura sia stata fondamentale, per noi che facciamo rock’n’roll in italiano, soprattutto per la sua produzione più visionaria, ironica e nonsense, più che per quella drammatica, comunque bellissima ma sinceramente fuori dalle nostre corde.
Jannacci era un Maestro e veramente un personaggione eccezionale, un eroe reale come non ce ne sono più.
Era surreale, cari amici dei Mutzhi Mambo ma proprio nel senso letterale del termine, non solo per i testi stralunati che scriveva: se surreale significa "che supera il reale", ebbene lui stesso era surreale, andava oltre il reale!
Cantautore, jazzista, cabarettista, attore, ma anche medico chirurgo e karateka, la carriera di Jannacci, per eclettismo e qualità, non ha avuto eguali nella nostra storia.
Caposcuola del cabaret italiano, nel corso della sua più che cinquantennale carriera ha collaborato con svariate personalità della musica, dello spettacolo, del giornalismo, della televisione e della comicità italiana, divenendo artista poliedrico e modello per le successive generazioni di comici e di cantautori.
Autore di quasi trenta album, alcuni dei quali rappresentano fondamentali capitoli della discografia italiana, di varie colonne sonore e di canzoni per altri artisti (i più noti Cochi & Renato), ha insegnato a tutti come scrivere pezzi graffianti, cinici, poetici, divertenti ma anche drammatici, senza mai scadere nella facile retorica o nella battuta qualunquista.
Jannacci era semplicemente un genio!
Vincenzo Jannacci nasce a Milano, il 3 giugno del 1935.
Il padre è un Maresciallo dell'Aeronautica Militare Italiana che aveva attivamente partecipato alla Resistenza.
Dopo avere terminato nel 1954 gli studi presso il Liceo Scientifico, Enzo si diploma in armonia, composizione e direzione d'orchestra al Conservatorio di Milano.
Nel 1967, si laurea pure in medicina all'Università di Milano.
Per ottenere la specializzazione in chirurgia generale si trasferisce in Sud Africa, entrando nell'équipe del famoso Christiaan Barnard, il primo cardiochirurgo a realizzare il trapianto cardiaco.
In seguito, per proseguire gli studi, si reca anche negli Stati Uniti.
La carriera di musicista inizia negli anni Cinquanta: dopo il diploma al Conservatorio, all'età di vent'anni comincia a frequentare gli ambienti del cabaret, mettendo subito in mostra le sue notevoli doti di intrattenitore e presentatore.
Nel frattempo, si avvicina al jazz e comincia a suonare in alcuni locali milanesi, trovandosi a tu per tu con musicisti dello spessore di Stan Getz, Gerry Mulligan, Chet Baker e Franco Cerri, con i quali registrerà diversi dischi, mentre è da Bud Powell che impara a lavorare sulla tastiera prevalentemente con la mano sinistra.
Ma in quegli anni muove i suoi primi passi il rock'n'roll, il nuovo genere che sta ottenendo grande successo negli Stati Uniti d'America e che inizia ad avere i primi adepti anche in Italia.
Nel 1956 il nosrro diventa il tastierista dei Rocky Mountains, alla cui voce c'è Tony Dallara, che si esibiscono ripetutamente alla Taverna Mexico, all'Aretusa ed al club Santa Tecla, ottenendo grande successo; tuttavia, alla fine di quell'anno Jannacci lascia il gruppo e conosce Adriano Celentano che gli propone di entrare come tastierista nel suo complesso, i Rock Boys.
Il 17 maggio 1957 la band suona al primo "Festival italiano di rock and roll", che si tiene nel Palazzo del Ghiaccio di Milano, concerto che costituirà una svolta all'interno del panorama musicale nostrano; il gruppo interpreta la canzone "Ciao ti dirò", che si rivelerà un successo e permetterà a Celentano di acquisire vasta fama ma, soprattutto, gli farà ottenere un contratto con la casa discografica Music.
Alla fine del 1958, Jannacci, pur continuando a suonare con i Rock Boys, forma un duo con Giorgio Gaber, I Due Corsari, che debutta nel 1959 con alcuni 45 giri incisi per la Dischi Ricordi, pubblicati nel biennio 1959-1960, tra cui le celebri "Birre", "Fetta di limone" e "Tintarella di luna", che verranno raccolti una decina di anni dopo nell'album "Giorgio Gaber e Enzo Jannacci".
In questo periodo l'ambiente musicale milanese si infervora grazie a cantanti rock come Clem Sacco, Guidone, Ricky Gianco e, chiaramente il Molleggiato, con il quale Jannacci continua a collaborare come pianista in alcune incisioni per la Jolly.
Dopo i primi 45 giri incisi con Gaber, debutta come solista con canzoni quali "L'ombrello di mio fratello" e “Il cane con i capelli" (distribuito – in una bizzarra quanto antesignana operazione di marketing – abbinato a un grande cane di peluche con tanto di capelli!): sono brani nei quali il cantautore milanese fa già intuire uno stretto rapporto tra la musica e la comicità surreale, un legame che caratterizzerà gran parte della sua produzione artistica successiva.
A questo filone, quasi precursore del demenziale (che lui stesso definisce "schizo", abbreviazione di “schizoide”), si affiancano subito brani più romantici ed introspettivi, come "Passaggio a livello", canzone d'amore che Luigi Tenco reinciderà nel 1961, valorizzando Jannacci anche come autore.
Nel frattempo i Rock Boys si sono sciolti, e dalle loro ceneri (con alcuni cambi di formazione) nascono I Ribelli: Jannacci continua a suonare con loro, e partecipa ai primi due 45 giri del gruppo ("Enrico VIII" e "Alle nove al bar", entrambi del 1961), salvo poi abbandonare il complesso per dedicarsi soprattutto alla sua carriera solista.
Nel febbraio 1961, Giorgio Gaber partecipa al Festival di Sanremo con una canzone scritta da Jannacci, "Benzina e cerini", che però non ha grande fortuna.
Successivamente scrive "Un nano speciale" e "L'artista", nelle quali Enzo racconta di individui poveri, patetici ed emarginati, una tematica che gli sarà molto cara e che affronterà ripetutamente nell'arco di tutta la sua carriera di cantautore, diventando quasi il suo speciale marchio di fabbrica.
All'inizio del 1962, il regista teatrale Filippo Crivelli lo scrittura per lo spettacolo "Milanin Milanon", in cui canta e recita insieme a Tino Carraro, Milly, Sandra Mantovani e Anna Nogara, e per il quale compone una delle sue prime canzoni in dialetto milanese, "Andava a Rogoredo".
Poco dopo, con l'aiuto dell'animatore Bruno Bozzetto, firma un notissimo sketch per la televisione, "Pildo e Poldo", che apparirà nella trasmissione "Carosello" fino al 1964.
Nel 1963 segue come pianista la tournée dell'amico Sergio Endrigo, e sempre nello stesso anno inizia ad esibirsi al Derby, storico locale milanese di cabaret, dove conosce prima Dario Fo, e quindi Cochi e Renato.
Nel dicembre 1964, viene pubblicato il suo disco di esordio, "La Milano di Enzo Jannacci", formato interamente da pezzi cantati in dialetto e contenente uno dei suoi capolavori, "El portava i scarp del tennis", resoconto amarissimo della morte di un senzatetto milanese.
Poco dopo partecipa come comparsa ne "La vita agra", di Carlo Lizzani, dove canta "Ti te se' no" in un locale.
Allo stesso periodo risalgono due 45 giri: "Veronica", con testo scritto da Fo e Sandro Ciotti (racconto di un amore mercenario consumato al cinema) e "Sfiorisci bel fiore", (sulle morti in miniera) reinterpretato dopo molti anni da svariati artisti tra cui Mina, Pierangelo Bertoli e Francesco De Gregori.
L'anno successivo Jannacci ritorna sul palcoscenico con lo spettacolo "22 canzoni", scritto a quattro mani con Dario Fo, che finisce per diventare, nel 1965, "Enzo Jannacci in teatro", il primo album italiano live in assoluto.
I pezzi presenti nel disco sono quelli cantati nella rappresentazione teatrale ma in più Jannacci vi inserisce due brani interpretati in precedenza da Fo: "Aveva un taxi nero" e "Il foruncolo".
Il 1966 è l'anno di "Sei minuti all'alba", in cui nella title-track è affrontato il tema della Resistenza, argomento tra i più cari al musicista milanese per i trascorsi del padre nei corpi partigiani durante la Seconda guerra mondiale.
Nel disco è presente anche "Soldato Nencini" (che racconta le difficoltà di integrazione di un soldato, proveniente dall'Italia meridionale, in una caserma del Nord) e "Faceva il palo", esilarante brano su di un criminale sfigatissimo, scritto in dialetto milanese con Walter Valdi.
Realizza poi "Papalla", un'altra scenetta per gli spot di Carosello che verrà trasmessa per ben cinque anni.
Torna alla ribalta due anni dopo con un nuovo album, realizzato con la solita collaborazione di Fo e insieme a Fiorenzo Fiorentini: "Vengo anch'io. No, tu no", trainato dall'omonimo singolo-tormentone, diventerà in breve tempo campione di vendite e balzerà in cima alle classifiche italiane.
Celeberrimo anche "Ho visto un re", brano cantato insieme a Fo e ad un coro di accompagnamento.
Il pezzo appare al primo ascolto ironico e nonsense, ma in realtà è pieno di metafore a sfondo politico: non a caso, diventerà uno dei brani simbolo del '68.
In realtà anche "Vengo anch'io" è un pezzo "politico" ma le due strofe più esplicite (una sui minatori italiani morti in Belgio nel "Disastro di Marcinelle", e una sulla sanguinaria dittatura del generale congolese Mobutu), vengono cassate per motivi di censura.
Sempre nel 1968, Jannacci partecipa alla dodicesima edizione di Canzonissima, dove arriva in finale.
Vorrebbe presentare "Ho visto un re" nello scontro diretto contro Gianni Morandi, ma la Rai si oppone; ripiega quindi su "Gli zingari", brano struggente e delicato, molto diverso dal tono goliardico dei suoi successi più recenti; infatti non otterrà l'apprezzamento del pubblico.
Questa delusione, che andrà al di là della mancata vittoria alla manifestazione, sarà così cocente da indurre Jannacci a trasferirsi per quattro anni, prima in Sudafrica e poi negli Stati Uniti, allo scopo di riprendere gli studi di medicina, in particolare di chirurgia e cardiologia, che aveva abbandonato temporaneamente dopo la laurea e l'inizio della carriera nel mondo dello spettacolo.
Nel periodo della specializzazione medica, la notorietà del personaggio Jannacci subisce un calo vistoso.
Tuttavia il cantautore milanese non abbandona completamente la musica e continuerà a scrivere nuove canzoni: dopo la pubblicazione di una sorta di raccolta, comprendente tuttavia qualche pezzo inedito, dal titolo "Le canzoni di Enzo Jannacci", tra il 1970 ed il 1972 escono altri due LP nuovi di zecca: "La mia gente" e "Jannacci Enzo" in cui spiccano "Mexico e nuvole", scritta da Giorgio Conte, e "Ragazzo padre".
Due anni dopo è ospite di Cochi e Renato nella sesta puntata del loro spettacolo TV "Il buono e il cattivo": con loro canta "El carrete".
Sempre con Cochi e Renato realizza la sigla di Canzonissima 1974, "E la vita, la vita", oltre ad altri brani di genere comico-demenziale ("La gallina", "Silvano", "Il bonzo", "L'uselin della comare" ed altri ancora), che per molti rappresentano l'apice della sua vena surreale.
Nei periodi di pausa dall'attività lavorativa, torna quindi a Milano, dove dedica molto tempo alla realizzazione, col giornalista Beppe Viola, di uno spettacolo teatrale, "La tapparella" e di un libro, "L'incompiuter", edito dalla Bompiani in una collana diretta da Umberto Eco.
Nel 1970 è il protagonista dell’amaro episodio "Il frigorifero", del film di Mario Monicelli "Le coppie", in cui interpreta il ruolo di un povero venditore di castagnaccio di origine sarda che, d'accordo con la moglie (Monica Vitti), acquista a rate un frigorifero che perderà non riuscendo a pagare i debiti contratti; alla fine, appoggerà di buon grado la decisione della consorte di prostituirsi per potere tirare avanti.
L'anno dopo è il protagonista de "L'udienza" di Marco Ferreri, dove recita la parte di un modesto e stralunato ufficiale in congedo che vuole incontrare a tutti i costi il Papa, non vi riesce per le lentezze della burocrazia vaticana e per varie vicissitudini, e alla fine muore sotto il colonnato di San Pietro.
Ritornato definitivamente in patria, Enzo redige in pochi mesi due pièce teatrali che porta quasi immediatamente in televisione: "Il poeta e il contadino" (1973) e "Saltimbanchi si muore" (1979), di cui cura anche la regia.
Dal 1974 comincia con successo a comporre colonne sonore per il cinema: la prima in ordine di tempo accompagna "Romanzo popolare" di Mario Monicelli; nel 1975, è la volta di "Pasqualino Settebellezze", firmato da Lina Wertmuller.
Dal 1975 al 1988 Jannacci curerà l'accompagnamento musicale di altri quattro film: "L'Italia s'è rotta" (1976), di Steno; "Sturmtruppen" (1976), di Salvatore Samperi; "Gran bollito" (1977), di Mauro Bolognini; "Saxofone" (1978), di Renato Pozzetto; "Piccoli equivoci" (1988), di Ricky Tognazzi.
Nella seconda metà degli anni settanta Jannacci si dedica soprattutto alla sua professione di medico, non abbandonando tuttavia la musica; pubblica comunque quattro album di inediti in appena cinque anni.
Anche per quanto riguarda i tour in giro per l'Italia, non ne organizzerà prima del 1979, in concomitanza con l'uscita di "Foto ricordo".
Nel gennaio 1975 Jannacci, in due mesi registra con Tullio De Piscopo e Bruno De Filippi il suo settimo album in studio, "Quelli che...", che contiene l'omonimo, famosissimo singolo, "Vincenzina e la fabbrica", "El me indiriss", dove l'autore racconta la sua infanzia, "Il monumento", invettiva contro la guerra e "Nove di sera", ironica traduzione di un pezzo di Chico Buarque.
Non manca la preziosa collaborazione di Beppe Viola, che presta la sua voce in "Dottore...", uno dei tanti intermezzi parlati che appaiono nel disco.
"O vivere o ridere" viene pubblicato nel giugno 1976: la cover di "Vivere", scritta in epoca fascista dal maestro Cesare Andrea Bixio e "Rido" sono gli unici singoli dell'album ad apparire nel formato 45 giri.
Intanto, Paolo Conte diventa per Jannacci un punto di riferimento sia negli studi di registrazione che nella vita privata; i due realizzano insieme "Sudamerica" e "Bartali".
Conte lo invita a partecipare ad una delle sue serate, che tiene presso il teatro "Pier Lombardo" di Milano: Jannacci accetta, spezzando così il lungo periodo di digiuno dal palcoscenico.
Sull'onda del rinnovato successo dopo la pubblicazione di "Foto Ricordo", in poco più di un anno scrive "Ci vuole orecchio" che trainato dalla title track, divena il disco di Jannacci più venduto dai tempi di "Vengo anch'io. No, tu no".
Cura inoltre gli arrangiamenti del nuovo disco di Milva, e, alla fine del 1981, il suo concerto a Verona viene trasmesso dalla Rai, che si riserva comunque di censurare le parti che giudica più discutibili (per esempio, quando il cantautore afferma che « La televisiun, la t'endormenta cume un cuiun»), amplificando il rumore prodotto dagli applausi della folla che assiste allo spettacolo.
Due mesi dopo, interpreta una piccola parte nel film di Ettore Scola "Il mondo nuovo", con Marcello Mastroianni.
Il suo nuovo album, "Discogreve", pubblicato nel 1983, sarà però un fallimento.
L'anno seguente sarà particolarmente denso di impegni: collabora con Lina Wertmuller interpretando nel suo nuovo film, "Scherzo del destino in agguato dietro l'angolo come un brigante da strada", il ruolo del terrorista evaso Gigi Pedrinelli; offre la sua voce in alcuni spezzoni del nuovo singolo dei Mattia Bazar "Elettrochoc" e reincide con Giorgio Gaber quattro vecchie canzoni, inserite nel mini album "Ja-Ga Brothers".
Nel 1984 scrive l'inno del Milan, di cui si è sempre dichiarato tifoso sfegatato.
Il 1985 inizia con la pubblicazione di un nuovo disco, "L'importante", formato da canzoni all'apparenza semplici e goliardiche, ma che in realtà riflettono fortemente la distanza che Jannacci sente verso le nuove tendenze musicali degli ottanta; porta poi in teatro un nuovo spettacolo, il recital "Niente domande".
Il 17 marzo '87 sbarca nei negozi il nuovo album “Parlare con i limoni" e, nel 1989 partecipa per la prima volta al Festival di Sanremo, senza troppo successo, con "Se me lo dicevi prima", incentrata sulla lotta contro la droga; alla fine dello stesso anno, parte con il suo ultimo spettacolo itinerante, intitolato "Tempo di pace...Pazienza!".
Nel 1991 ritornò al Festival di Sanremo con la canzone "La fotografia", cantata in coppia con la divina Ute Lemper, ricevendo il Premio della Critica; contemporaneamente realizza l'album "Guarda la fotografia" con gli arrangiamenti di Celso Valli.
Nel 1994 si presentò per la terza volta al Festival in coppia con Paolo Rossi con il brano dissacrante "I soliti accordi", che è anche il titolo del rispettivo disco, arrangiato da Giorgio Cocilovo e Paolo Jannacci.
Nel 1998 partecipa per la quarta e ultima volta a Sanremo con "Quando un musicista ride", che vince nuovamente il premio della Critica per il miglior testo.
Nel 2001, dopo sette anni di assenza dovuti anche alla difficoltà di trovare una casa discografica, presenta un nuovo album, dedicato al padre, "Come gli aeroplani", realizzato in collaborazione col figlio Paolo (ottimo musicista) composto in gran parte da canzoni inedite.
Del 2003 il suo ultimo lavoro (a parte gli inediti e le reincisioni per le raccolte) initolato "L'uomo a metà".
Enzo Jannacci muore a Milano il 29 marzo del 2013, poco prima di compiere 78 anni, per un tumore di cui soffriva da alcuni anni.
Chissà se, questa volta, almeno lui lo hanno lasciato andare al suo funerale...
Onore a Enzo Jannacci!
Nota a Margine: Appassionato di arti marziali, Jannacci dedicò molti anni alla pratica del karate (prima ancora si era interessato al judo), sotto la guida del maestro giapponese Hiroshi Shirai, specializzandosi nello stile Shotokan e nella pratica del kumite (combattimento), e raggiungendo infine il grado di cintura nera terzo dan. Divenuto insegnante egli stesso, realizzò anche una videocassetta in cui lui e il maestro Enzo Montanari espongono i rudimenti dell'arte marziale.
"…E amami, amami, stringimi, sgonfiami
e allora amami, sdentami, stracciami, applicami
e stringimi, dammi l'ebrezza dei tendini
prendimi, con le tue labbra fracassami.
Rino, sfodera scuse plausibili,
girati, scaccia il bisogno del passero,
lurido, soffiati il naso col pettine,
Everest, sei la mia vetta incredibile.
Silvano, e non valevo le ciccioli
Silvano mi hai lasciato sporcandomi
e la gira la gira la ruota la gira
e la gira la gira la ruota la gira
e la storia del nostro impossibile amore
continua anche senza di te"
Enzo Jannacci - Silvano