Finalmente! Dopo una lunga, misteriosa latitanza, ritornano dal vivo i letali MUTZHI MAMBO! E che giorno scelgono per TORNARE DAL VIVO? Ma il GIORNO DEI MORTI, come potrebbe essere altrimenti! E ci...

Orgogliosissimi di essere stati nominati in questo benemerito programma! Siamo infatti stati citati, col nostro nuovo album IL MALE È DENTRO, in WONDERLAND, un programma televisivo, in onda su Rai 4...

UN ALTRO GIORNO ALMENO, il primo video tratto dall'album "Il Male è Dentro" è su YouTube! È giusto ammazzare in nome di Dio (o come vi piaccia chiamarlo)? Una domanda quanto mai attuale, cari amici...

"Tu vo' fa' l'americano" cantava il nostro Renato Carosone.
A pochi il titolo di questo brano si adatterebbe così bene come al grande BORIS VIAN, uno che l’americano lo ha voluto fare davvero, cari amici dei Mutzhi Mambo, tanto che a volte c’è quasi riuscito!
Diciamo “quasi” non per svalutare Boris Vian: il nostro è un “quasi” che sta ad indicare che in fondo era diverso, non che fosse peggio…
Dopotutto il nostro Boris era francese-francese e quindi ne è venuto fuori un americano parecchio “alla francese”, una cosa a parte, insomma, una cosa unica. 
Vian è stato uno degli artisti d’Oltralpe più eclettici e influenti del secolo scorso: ingegnere di formazione, scrittore coi fiocchi, trombettista jazz, critico musicale acutissimo, animatore numero uno delle eccitanti ed eccitate notti della Parigi del dopoguerra, Boris non fece mai mistero della sua profonda fascinazione per gli Stati Uniti, che erano visti un po' come un'utopia di libertà creativa e di freschezza intellettuale.
Nonostante non abbia mai messo piede in America, i temi di questo paese, il mondo sordido dei bassifondi delle metropoli e il jazz in particolare, si ritrovano spesso nell'arte di Vian. 
Le sue opere letterarie sono infatti intimamente intrecciate al suo amore per il jazz, nonché dall’enorme influenza che la narrativa crime ha avuto sulla sua formazione: Vian è stato infatti il traduttore francese del maestro Raymond Chandler.
Profondamente avvinto dalla pop-culture americana, Boris ha svolto un ruolo di prim'ordine nel recepimento in Francia del grande scrittore statunitense e dello stile hard-boiled a cui si è pesantemente ispirato per i suoi romanzi neri. 
Ma non è stato solo un traghettatore di stili e suggestioni, un mero punto di raccordo fra la cultura d’Oltreoceano e quella Europea. 
Basti considerare che la sua produzione più famosa (e che in questa sede ci interessa di meno) rimane quella legata al surrealismo, e qui si ritorna alla Francia.
A volte di difficile lettura per l'originalità del suo linguaggio, fatto di neologismi onomatopeici e stravaganti, spesso ottenuti dalla fusione di più parole (che difficilmente rendono in traduzione), le opere più “sperimentali” di Vian rimangono a tutt’oggi uno dei maggiori esempi dell'avanguardia letteraria del periodo.
Inoltre, molte canzoni da lui composte sono state riprese da numerosi artisti, tra cui Juliette Gréco, Nana Mouskouri, Yves Montand, Magali Noel, Henri Salvador… E tra gli italiani anche Fausto Amodei, Ivano Fossati, Luigi Tenco, Ornella Vanoni. 
Addirittura Serge Gainsbourg affermò che fu proprio il vedere Boris Vian all'opera ad averlo ispirato a tentare di scrivere lui stesso delle canzoni.
Vian è stato un genio davvero poliedrico, inimitabile ed imprevedibile.
Veramente ma veramente importante...

Boris Vian nasce a Ville-d'Avray, il 10 marzo del 1920, sulla porta di una clinica ostetrica chiusa per uno sciopero contro il calo delle nascite (!?). 
A scuola “va benino ma neppure benissimo”, prende il diploma superiore con una votazione media, ma decide di iscriversi all'istituto superiore per le arti e i mestieri (che in realtà equivarrebbe alla nostra facoltà di ingegneria meccanica), ed è così che si reca poco più che diciottenne a Parigi, dove in poco tempo esplodono tutti i suoi vari talenti: in tutte le cose in cui Vian si tuffa con tutto sé stesso, riesce ad ottenere un successo strabiliante. 
Nel 1938 comincia a studiare la tromba e, assieme al fratello Alain che suona in una banda di jazz piuttosto importante, inizia ad occuparsi della programmazione musicale del "Tabou", un locale notturno dove si suona ovviamente musica jazz e dove Vian inventa spettacoli di cabaret, serate a tema e ben presto diventa un punto di incontro di diversi esponenti dell’esistenzialismo francese. 
Il Tabou è il regno di Vian e del jazz, e la più celebre delle “cave” di Saint-Germain, quella che meglio si adatta alla nuova filosofia alla moda. 
Diventa il luogo dove festeggiare l’euforia della Liberazione con vino, danze, amore e Coca-Cola (una bevanda allora rara in Francia, e quasi clandestina). 
Pur diventando amico di Sartre, Vian si prende beffe di lui e degli esistenzialisti: sono propio tali filosofi ad ispirargli “La schiuma dei giorni” il romanzo che ancora oggi viene considerato come il suo capolavoro, scritto tra il 1944 e il 1945, e da cui il regista francese Michel Gondry ha ricavato il suo "Mood Indigo", uscito nel 2013. 
È un libro carico di surrealismo, con una gioia di vivere e di musica, che traboccano e vengon fuori sin dalla breve premessa in cui Vian enuncia una sorta di dettame estetico ed esistenziale nel quale afferma che “l’essenziale nella vita è dare giudizi a priori su tutto, poiché sembra che le masse stiano sempre dalla parte del torto, mentre gli individui hanno sempre ragione”.
È un romanzo pirotecnico, colmo di invenzioni che fanno ridere e piangere, ma allo stesso tempo è una feroce denuncia del conformismo dell’epoca. 
Ma “La schiuma dei giorni”, anche se sostenuto da Raymond Queneau che lo candida al prestigioso premio della Pleiade, non si rivela un successo come da Vian sperato, e non riesce a vendere più di 1500 copie. 
A pochi mesi dall’uscita del libro, si presenta la sua grande occasione: incontra Jean d’Hallouin un piccolo editore titolare dell’Edition du Scorpion, il quale gli parla del suo ambiziosissimo progetto: metter su una collana dedicata alla letteratura noir americana che in Francia aveva ottenuto un enorme successo; ma il problema è che non sa come fare per pagare i diritti di quei grandi autori. 
Vian propone di scrivergli lui stesso, in soli quindici giorni un libro scabroso, dalle tinte forti, e in più gli promette che sarebbe stato migliore di un vero romanzo americano. 
Gli venne la brillante idea di inventarsi un falso nome e di impersonare uno scrittore di noir americano: nasce Vernon Sullivan, scrittore negro censurato in America a causa del razzismo, ed il romanzo “Sputerò sulle vostre tombe”, un vero classico della letteratura Pulp, un libro che si legge tutto d’un fiato e che coniuga molto bene la critica sociale alle mode e costumi del tempo, il tutto condito da un linguaggio scabroso ed efficace.
Il libro avrà un successo clamoroso e susciterà enorme scandalo, poiché presenta una trama estrema (il protagonista è un "negro bianco" che vuole vendicare il fratello) con una miscela esplosiva fatta di auto veloci, alcol fino alla nausea, sesso facile senza limiti (e veramente esplicito!), violenza eccessiva e musica blues. 
Per dirla alla Vian, “la storia è interamente vera, perché l’ho immaginata dall’inizio alla fine”!
Nel giro di pochi giorni diviene un best seller ma l'euforia dell'autore non dura per molto, perché il romanzo viene censurato e Vian condannato per offesa alla morale. 
Viene distrutto dalla critica per essersi rifugiato dietro lo pseudonimo di Vernon Sullivan, critica che prende al balzo lo scandalo provocato dall'erotismo del libro per formulare paragoni con la violenza di Henry Miller e per bollare gli esistenzialisti di essere persone perverse. 
Un certo Daniel Parker inizia una crociata morale, azionando l'implacabile macchina della giustizia, che a quattro anni dall’apparizione del romanzo ritenuto veicolo di pornografia, condanna l’autore e l’editore a centomila franchi di multa. 
Da allora, come scrittore, viene regolarmente snobbato, specie nei suoi romanzi "seri", come "L'autunno a Pechino"(1947) e "Lo strappacuore" (1953). Meglio con gli altri tre romanzi Pulp a firma Vernon Sullivan: "Tutti i morti hanno la stessa pelle" (1947), "E uccideremo tutti i racchioni" (1948), "Perché non sanno quello che fanno" (1950). 
Appassionato di jazz, oltre che trombettista, è il "contatto" (tra gli altri) di Duke Ellington e Miles Davis a Parigi, scrive su diverse testate francesi di jazz e pubblica numerosi articoli sull'argomento anche in America. 
La sua esperienza nel campo della musica lo induce a scrivere il pamphlet "Musika & Dollaroni", un feroce ed ironico attacco all'industria discografica e i suoi meccanismi, di cui Vian profetizza che, nel futuro, i musicisti non dovranno più servirsi per pubblicare i propri lavori. 
E qui purtroppo si sbagliava…
Muore non ancora quarantenne, dopo aver scritto cinquecento canzoni, una decina di romanzi, e piéces teatrali, tra cui spicca "Generali a merenda". 
La mattina del 23 giugno 1959 si trova al Cinema Marbeuf in occasione della proiezione della versione cinematografica del suo controverso "Sputerò sulle vostre tombe". 
Aveva già combattuto invano con i produttori circa la loro interpretazione del suo lavoro, denunciando pubblicamente di aver chiesto la rimozione del suo nome dalla pellicola. 
Cinque minuti dopo l'inizio del film, pare che abbia esclamato: "Questi tizi dovrebbero essere americani?".
Un attimo dopo viene colto da una crisi cardiaca e muore durante il trasporto all'ospedale. 
Vian era malato di cuore sin dalla nascita e ha vissuto tutta la vita con la consapevolezza che la morte potesse arrivare da un momento all’altro.
Un destino da poeta maledetto, ma è un destino che ha sempre rifiutato, lavorando come un forsennato per lasciare una testimonianza della sua breve esistenza.
E ci è riuscito davvero bene: specie quando si è messo a "fa' l'americano"!
Onore a Boris Vian!

"Nessuno mi conosceva a Buckton. Clem aveva scelto la città per questo; e, d'altra parte, anche se avessi voluto cambiare idea non mi restava benzina sufficiente per risalire più a nord. Appena cinque litri. Un dollaro, e la lettera di Clem, era tutto quello che possedevo. La valigia, non ne parliamo neppure. Per quello che conteneva. Dimentico: avevo nel portabagagli il revolver del ragazzo, uno sparuto 6.35 a buon mercato; ce l'aveva ancora in tasca quando lo sceriffo era venuto a dirci di portarci a casa il cadavere per farlo seppellire."
Vernon Sullivan/Boris Vian - Sputerò sulle vostre tombe

Almanacco Pulp dei Mutzhi Mambo

  • Boris Vian

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