NUDA ALLA META
Ha fatto più calli alle mani lei che il lavoro nei campi!
Naturalmente stiamo parlando della sensualissima FEMI BENUSSI, cari amici dei Mutzhi Mambo, una delle più belle interpreti del cinema tricolore di serie B.
“L’attrice più spogliata del cinema italiano”!
Femi Benussi si è conquistata negli anni questo prestigioso titolo, perché la naturalezza con la quale si è sempre mostrata svestita e protagonista di piccanti scene erotiche (etero ma pure lesbo) non ha avuto uguali in altre sue colleghe.
La sua fama di attrice “nuda” era talmente consolidata che in occasione dell'uscita del film “Le impiegate stradali”, ennesima commediaccia in cui interpretava il ruolo di un'insegnante arrestata per errore durante una retata di prostitute da parte della Buon costume, la casa di produzione annunciò: «Per la prima volta vestita, la conturbante Femi Benussi»!
Non senza ironia, la stessa Benussi si disse soddisfatta di «…essere sexy senza prendere freddo. Gli studi cinematografici sono tutti maledettamente pieni di spifferi»…
Difficile è stato vederla protagonista assoluta di una pellicola, non era una Fenech, una Guida o una Bouchet, per intenderci: generalmente (ma non sempre) il suo ruolo era quello della spalla nuda dell'attrice principale.
Un destino da comprimaria, quello della Benussi, simile a quello di stelline meravigliose come Orchidea De Santis, Maria Pia Conte, Marina Frajese o Karin Schubert (queste ultime due poi diventate pioniere e pilastri del porno nostrano) che hanno condiviso con la nostra il ruolo di reginette della commedia sexy e del giallo/horror all’italiana.
Ma anche se non dalla prima fila, Femi il suo “marchio” nel l’immaginario sporcaccione di quegli anni lo ha lasciato…eccome se ha lasciato!
Soprattutto nelle occhiaie di tanti spettatori!
Eufemia Benussi nasce a Rovigno d'Istria, nella ex-Jugoslavia, il 4 marzo del 1945.
Cambia presto il nome in Femi perché Eufemia fa un po’ vecchia ed è davvero poco cinematografico…
Inizia giovanissima a fare teatro e, quasi come un presagio della sua futura carriera, mentre impersona Cenerentola nella filodrammatica di Fiume la sera della prima, inciampa in uno sgabello di scena, strappandosi il vestito e restando in mutande e reggiseno.
Nelle repliche successive il teatro è gremito in ogni ordine di posti, per vedere le chiappe della sedicenne, ma l'incidente non si ripete e gli spettatori dovranno aspettare di andare al cinema per vederla ancora in déshabillé.
Si diploma e si iscrive all'Università dove vuole laurearsi in lettere e filosofia per entrare nel mondo della scuola, ma non termina gli studi.
A scuola ci tornerà più avanti, negli anni ’70, ma non come studentessa….
Una delusione d'amore la fa scappare a Roma da una zia ed è qui che la sua bellezza mediterranea non passa davvero inosservata. capelli lunghi e neri, sguardo malizioso, occhi azzurro intenso, corpo da urlo.
La Benussi era proprio il tipo di attrice che serviva al cinema di fine anni Sessanta:
Il debutto sul grande schermo avviene a soli diciannove anni con una particina nell’horror “Il boia scarlatto” di Massimo Pupillo (1964) che per l'occasione si fa chiamare Max Hunter.
La recitazione è la vera palla al piede di questo stracult "trash" e la sola attrice che se la cava davvero è la debuttante Femi che si impone subito all'attenzione del mondo cinematografico.
Pasquale Festa Campanile la nota e la vuole nel cast di “Una vergine per il principe” (1965), film in costume ambientato nel 1585 e, nel 1966, viene inserita nel cast di “Uccellacci e uccellini” di Pier Paolo Pasolini, unica incursione della bella slava nel cinema d'autore.
Ma il cinema di serie A non è quello che spetta alla nostra Femi: successivamente infatti si specializza in film di genere, in particolare commedie sexy e decamerotici (in ciò favorita dalla sua ampia disponibilità a girare scene di nudo), spaghetti-western, gialli e poliziotteschi, spesso con commistione dei vari generi.
Qualche titolo per rendere l’idea: “A suon di lupara” (1967), di Luigi Petrini, “Il tempo degli avvoltoi” (1967), di Nando Cicero, “Samoa, regina della giungla” (1968), di Guido Malatesta, “Requiem per un gringo” (1968), di Eugenio Martín e José Luis Merino, “Omicidio per vocazione” (a.k.a. “L'assassino ha le mani pulite”, 1968), di Vittorio Sindoni, “Tarzana, sesso selvaggio” (1969), di Guido Malatesta, “Homo Eroticus (1971), di Marco Vicario, “Le calde notti di Poppea” (1972), di Guido Malatesta, “I giochi proibiti de l'Aretino Pietro” (1972), di Piero Regnoli, “Che fanno i nostri supermen tra le vergini della jungla?” (1972), di Bitto Albertini, “Poppea... una prostituta al servizio dell'impero (1972), di Alfonso Brescia, “Finalmente... le mille e una notte” (1972), di Antonio Margheriti, “Rivelazioni di un maniaco sessuale al capo della squadra mobile” (1972), di Roberto Bianchi Montero, “L'assassino è costretto ad uccidere ancora” (1975), di Luigi Cozzi, “Nude per l'assassino” (1975), di Andrea Bianchi (1975), “La sanguisuga conduce la danza” (1975), di Alfredo Rizzo.
Ma non solo trash nel suo catalogo degli “orrori”: nel carnet, la Benussi può vantare anche qualche fiore all’occhiello, come “Il rosso segno della follia” (1970), di Mario Bava, “La mala ordina, regia di Fernando Di Leo (1972), e “Il giustiziere sfida la città” (1975) di Umberto Lenzi.
Non mancano anche le partecipazioni a produzioni estere (“Colpo grosso alla napoletana”, di Ken Annakin, con Robert Wagner e Raquel Welch, “La morte bussa due volte”, di Harald Philipp).
La sua serena disponibilità a essere diretta in ruoli erotici le procura, tra il 1975 e il 1976, il sequestro di tre film e una condanna a quattro mesi con la condizionale.
All'epoca ha, tuttavia, già ridotto i suoi ritmi di lavorazione: fino ad allora era giunta a girare anche quindici film in un anno, mentre nel 1977 è impegnata in una sola produzione.
Nel suo periodo migliore, la metà degli anni settanta, il suo compenso per ogni film è tra i dieci e i quindici milioni di lire dell'epoca.
Ma dopo la metà degli anni ’70, i film a cui partecipa la nostra sono solo commediacce scollacciate, indegne anche solo di essere rammentate.
Giusto per sport citiamo: “La collegiale”, (1975), di Gianni Martucci, “La commessa” (1975), di Riccardo Garrone, “Stangata in famiglia” (1976), di Franco Nucci, “Classe mista” (1976), di Mariano Laurenti, “La professoressa di lingue” (1976), di Demofilo Fidani, “La moglie di mio padre” (1976), di Andrea Bianchi, “La cameriera nera” (1976), di Mario Bianchi, “Un toro da monta” (1976), di Roberto Mauri, “Che dottoressa ragazzi!” (1976), di Gianfranco Baldanello.
Lungi da noi l’aver la puzza al naso ma questa roba fa proprio cacare...
Lei stessa è la prima a essere delusa dal cinema italiano che non concede scelte alle attrici: “Se vogliamo lavorare, dobbiamo accettare le proposte dei produttori. Ci vogliono svestite e disponibili, se una donna è bella le chiedono soltanto quello" dichiarerà.
Va da sé che lei lo sa fare molto bene e con grande naturalezza, unendo alla bellezza una notevole capacità recitativa fatta di ironia e sensualità ma ai produttori della sua bravura non frega nulla.
Femi denuncia questa situazione in un suo intervento a un convegno tenutosi nel gennaio del 1980 al Circolo della Stampa di Torino sul tema “La donna nello sfruttamento della pornografia”, nel quale afferma che da quando si rifiuta di girare scene di nudo, delle quali è oramai nauseata, di fatto non lavora quasi più nel cinema perché non le vengono proposte altre parti.
Femi continua sporadicamente ad accontentare il voyeurismo del suo pubblico sino al 1983, col suo ultimo, pessimo film: l’inguardabile “Mizzzzica... ma che è proibitissimo?”, di Salvatore Bugnatelli.
Lo stesso anno decide che dei ruoli erotici ne ha abbastanza.
Non le offrono però altri copioni, forse sperando di farla cedere e farla scivolare, come tante sue colleghe ormai “attempate”, nel cinema porno.
Per tutta risposta, lei smette di recitare.
Dopo il suo ultimo film, scompare di fatto dalle scene e soltanto nel 2002 concede un'intervista, a Franco Grattarola, Stefano Ippoliti e Matteo Norcini per il n° 2 di “Cine 70 e dintorni”, in cui di fatto prende le distanze dalla sua attività di attrice erotica, asserendo di preferire di essere ricordata per altri film girati in carriera.
Cara Femi, ci dispiace ma i tuoi nudi ce li ricordiamo benissimo…
Tanti auguri alla magnifica Femi Benussi!
"Più la donna è oggetto, più è arbitra del suo destino. Più è oggetto e più riesce a vincere la sua battaglia nei confronti dell'uomo, a sottometterlo e ad aprirsi qualsiasi strada nella vita.”
Femi Benussi