NELLE RETROVIE
Vi piace il rock’n’roll, eh?
Vi piacciono Elvis Presley, Jerry Lee Lewis, Peggy Lee, eh?
Allora, cari amici dei Mutzhi Mambo, sappiate che dietro al loro successo c’era un uomo: il geniale OTIS BLACKWELL, l’autore di pezzi come “Don’t be cruel”, “Greta Balls of Fire” e “Fever”!
Anche se in pochi lo conoscono, Otis Blackwell è stato una delle più influenti figure della musica popolare di sempre.
È stato colui che ha scritto alcuni dei migliori brani rock’n’roll in assoluto e ha contribuito a lanciare artisti del calibro di quelli citati ma non solo!
I suoi pezzi sono stati registrati da Ray Charles, Otis Redding, James Brown, gli Who, Johnny Thunders, Billy Joel, James Taylor, Dolly Parton, Conway Twitty, i Judds, Carl Perkins, Bob Dylan, gli X e tanti, tanti altri!
Senza di lui e gente come Chuck Berry, Leiber e Stoller e Willie Dixon, il rock’n’roll e la musica moderna non ci sarebbero stati!
O almeno, non così come li conosciamo oggi!
Sebbene abbia spesso collaborato con vari esponenti della scena rhythm’n’blues di New York degli anni '50 (Winfield Scott, Eddie Cooley e Jack Hammer, giusto per citarne tre), lo stile di scrittura di Blackwell era assolutamente unico e ha contribuito come pochi a definire il “vocabolario” del rock’n’roll quando questo genere stava muovendo i primissimi passi.
Si stima che i copyright delle canzoni del prolificissimo Blackwell ammontino ad oltre un migliaio e si calcola che il materiale scritto da lui, da solo o con altri, abbia venduto qualcosa come 185 milioni di dischi!
Era anche un ottimo pianista ed interprete ma non ebbe granché successo in questa veste (non riuscì mai a entrare nella Top 40 R&B) e scelse quindi di dedicarsi quasi esclusivamente al songwriting.
Blackwell inoltre è stato anche un importante produttore discografico, avendo contribuito a lanciare hit per artisti diversi come Connie Francis, Mahalia Jackson e Sal Mineo.
A volte, stare nelle retrovie da più soddisfazione…
Otis Blackwell nasce a Brooklyn, New York, il 16 febbraio del 1931.
Impara a suonare il pianoforte da bambino e cresce ascoltando sia l'R&B alla radio che la musica country che sente nei film western del suo mito, il cantante e attore Tex Ritter.
Questo “mélange” culturale bianco/nero in cui è immerso Blackwell, è proprio quello che sta alla base del rockabilly e che farà la fortuna di Elvis e dei suoi epigoni.
Inizia a scrivere musica appena adolescente e diviene famoso per la prima volta vincendo un concorso per giovani talenti, l’ "Amateur Night", all'Apollo Theater di Harlem, nel 1952.
Ciò lo porta ad un contratto di registrazione con la RCA e poi con la Jay-Dee.
La sua prima uscita è "Daddy Rolling Stone", che arriva al numero uno in classifica in Jamaica, dove viene registrata da Derek Martin e, in seguito, entra persino nel repertorio degli Who.
I suoi primi lavori vengono raccolti in un album intitolato “Otis Blackwell: Singing the Blues” e varie volte ristampati anche recentemente.
A metà anni ’50, decide di smetterla con le esibizioni e dedicarsi al cantautorato, il suo primo amore.
Il suo primo successo arriva nel 1956, quando il cantante rhythm’n’blues Little Willie John incide la sua bellisssima "Fever", che diventa un successo clamoroso nella versione di Peggy Lee.
Lo stesso anno, con “Don’t Be Cruel" inizia un sodalizio assai redditizio con Elvis Presley.
In realtà inizialmente Blackwell aveva scritto questo pezzo per il gruppo del suo amico Frankie Valli, i Four Lovers, ma mentre lo registrano, glielo richiede per darlo al giovane Presley, che in quel momento è sotto i riflettori dei produttori.
Per scusarsi e riparare, Otis darà loro "You're the Apple of My Eye", che diventerà un successo per i Four Lovers.
Comunque, pur avendo smesso di esibirsi (“Non mi divertivo più”, confesserà Otis più tardi in un intervista), non solo le sue composizioni ma la sua voce stessa continua ad esercitare un'influenza notevole, anche se dietro le quinte.
È stato notato quanto le parti vocali di Blackwell incise sui demo delle canzoni poi girate a Presley, vengano ricalcate piuttosto fedelmente dal “Re” del rock’n’roll.
"A quei tempi, il modo in cui Elvis cantava era il risultato della copia dei demo di Otis", osserverà il collega compositore e amico intimo Doc Pomus.
Presley porta al successo altri brani di Blackwell, tra cui “All Shook Up” e “Return to Sender ”ma stranamente, i due non si incontreranno mai.
Addirittura il manager di Elvis, il Colonello Tom Parker, invita Blackwell ad apparire nel film di Presley “Girls! Girls! Girls!” perché aveva composto "Return to Sender", presente nella colonna sonora della pellicola, ma Otis rifiuta, considerando di malaugurio incontrare personalmente il cantante di Tupelo!
Grazie a questi successi, Blackwell finisce per lavorare per la Elvis Presley Music, un edificio leggendario per la musica moderna, pieno di editori e cantautori, tutti al servizio del “Re”.
Presley registrerà numerose canzoni di Blackwell, oltre ai pezzi citati.
Il nostro compone anche due delle più grandi hit di Jerry Lee Lewis, le mitiche "Great Balls of Fire" e "Breathless".
Quando lavora per etichette diverse però, usa lo pseudonimo John Davenport (il nome del suo patrigno) per nascondere la sua identità e per dare una “coloritura” che suoni più “bianca” alla sua firma (eh, all’epoca ci facevano caso…).
Scrive anche "Hey Little Girl" (una hit di Dee Clark) e "Handy Man" (che viene registrata da Jimmy Jones e, più tardi, James Taylor).
Anche Ray Charles e Otis Redding incidono dei pezzi suoi ma rimarrà sempre un cruccio di Blackwell il fatto che pochi artisti neri abbiano successo con i suoi brani...
Mentre la marea del rock’n’roll piano piano scema, Blackwell scrive canzoni R&B per numerose etichette, tra cui Atlantic, MGM ed Epic; ma l’epoca d’oro ormai è finita e, negli anni successivi, si ritira parzialmente dalle scene, facendo solo occasionali apparizioni dal vivo.
Negli anni ’70 riprende interesse come interprete e, nel 1976, registra personalmente una dozzina delle sue hit più note con il produttore Herb Abramson (co-fondatore della Atlantic Records) per un album intitolato “These Are My Songs”.
Negli anni '80, Blackwell suona e registra con gli Smithereens come backing band, sia per gli spettacoli dal vivo che per le registrazioni in studio.
Con loro incide due album autoprodotti, "Let's Talk About Us" e "From the Beginning", che vengono pubblicati sul l’etichetta indipendente ROC-CO fondata da Blackwell stesso.
Il momento culminante della rivalutazione di Blackwell arriva alla fine degli anni '80 quando la “Black Rock Coalition”, il movimento di spicco dei musicisti neri che suonano rock guidato da Vernon Reid, il chitarrista dei Living Colour, organizza un tributo in suo onore con un sacco di ospiti prestigiosi al Prospect Park Bandshell nel paese natale di Otis, a Brooklyn.
Nel 1991 è il "Destino" ad essere “Cruel” col nostro: finisce infatti paralizzato in seguito a un ictus.
Dopotutto era lui quello che aveva scritto "Paralyzed" per Elvis...
Tre anni dopo, la Shanachie pubblica l'album “Brace Yourself! A Tribute to Otis Blackwell”, contenente 15 brani scritti da lui e interpetati da artisti come di Kris Kristofferson ("All Shook Up"), Blondie's Debbie Harry ("Do not Be Cruel"), gli Smithereens ("Let's Talk About Us"), Graham Parker ("Paralyzed") e Ronnie Spector ("Brace Yourself").
Otis Blackwell muore di infarto il 6 maggio del 2002, a Nashville, nel Tennessee, e viene sepolto nel Woodlawn Memorial Park.
Per il rock’n’roll fu come aver perso un padre…
Anzi, “il” padre!
Onore a Otis Blackwell!
Nota a margine: Occhio a non confondere il nostro Otis con un altro Blackwell, di nome Robert (25/05/1918 - 09/03/1985), anch'esso figura di spicco delle origini del rock’n’roll. Robert è stato coautore di alcuni dei più famosi brani di Little Richard, come "Rip it up", "Long Tall Sally", "Good Golly Miss Molly" e "Ready Teddy". All'inizio della carriera, negli anni '40 è stato leader di una jazz band dove militavano Ray Charles e Quincy Jones, e dopo si affermò soprattutto come produttore di gente come Sam Cooke, Larry Williams, Lloyd Price, Guitar Slim e Bob Dylan.
“When you looked into my eyes
I stood there like I was hyp-notised
You sent a feeling to my spine
A feeling warm and smooth and fine
But all I could do were stand there paralyzed…”
Elvis Presley - Paralyzed