Per chi pensasse che le Pin-up siano solo roba ammerigana, il nostro grande MAMELI BARBARA (si chiamava proprio cosi: Mameli è il nome!) è pronto a rimetterlo in riga!
Mameli Barbara è stato uno dei più grandi disegnatore di donnine sexy durante il Ventennio fascista, secondo solo all’immenso Gino Boccasile e allo spregiudicato Niso Ramponi.
Sono stati quelli che hanno definito i canoni della bellezza italica alla vigilia della guerra: burrosetta, maliziosa, coscia tornita, fianchi generosi, seni ridotti.
Per forza di cose un po' più chiatta e "materna" delle sue colleghe di Oltreoceano, la Pin-up “nostrale”, a “chilometro zero”, era però ugualmente ammiccante e capace di risvegliare i "bollori" dei nostri antenati prossimi come nessun'altra!
A rendere Barbara famoso furono infatti le “donnine” a cui si dedicò dagli esordi, ritratte in modo molto stilizzato ed efficace, tra il futurismo e l’art deco ma sempre, per l’epoca, assolutamente provocanti.
Intendiamoci, il suo era un erotismo veramente all'acqua di rose (praticamente impalpabile, nell'ottica moderna), ma non va dimenticato che si era nel ventennio fascista, e certa roba era comunque vista come trasgressiva.
Dopotutto, cari amico dei Mutzhi Mambo, al cinema, fino agli anni ‘50, tagliavano anche le scene di bacio!
Le “signorine” che ritraeva, sia nelle pruriginoso vignette che nelle pubblicità, assicurarono a Mameli un posto preminente tra gli illustratori erotici italiani del suo tempo, gli inventori delle "pin-up all'italiana".
Non meno graffiante fu il suo impegno come vignettista di satira politica.
Ma l'umorista siciliano è stato, soprattutto, il leader dei disegnatori cosiddetti “mondani”: celebri rimangono le sue avvenenti ragazze, rappresentate in molteplici serie di vignette: "Dal dottore", "Quartieri alti", "Donne, donne", "Quando lei è così", "Amor, amor", dove i temi dominanti sono il “gallismo” dei maschi ruspanti e la civetteria di femmine che la sanno lunga…
L'eterna guerra dei sessi, nella rappresentazione che ne fa il disegnatore siciliano, vede le donne avere quasi sempre la meglio, riducendo spesso il maschio a mero strumento delle loro più o meno perfide manovre di seduzione: un’idea di femminilità “nazional-popolare”, maliziosa ma conformista, che farà poi fortuna nella commedia sexy anni '70.
Ma paradossalmente, queste vignette erano pure la cosa più “femminista” che all’epoca riusciva ad affacciarsi sulla carta stampata, un modello di donna non inquadrato nell’angusto ambito dei lavori domestici o nel ruolo di “fattrice” e moglie devota.
Proprio nel terreno della malizia e della seduzione, le donne di Mameli riuscivano a sfuggire, per quanto assai relativamente, dal ruolo subordinato assegnatogli dalla società bigotta.
Tra le righe dei periodici umoristici del Ventennio e post-bellici che molti intellettualoidi snob ritenevano leggeri, disimpegnati, futili se non immorali, in realtà si insinuavano e si delineavano vere e proprie "filosofie" della vita e del mondo.
Ciò è tanto vero che spesso gli artisti del pennino come Barbara si ritrovarono in urto con l'autorità politica e con quella giudiziaria, in quanto le loro pagine lasciavano trasparire, tra i dovuti ammiccamenti maliziosi, venature mordaci e impietose sulle società del tempo.
Fustigavano benevolmente manie, modi di vivere e luoghi comuni con articoli, barzellette ma, soprattutto, attraverso le vignette con battute fulminanti e doppi sensi.
In primo piano, nelle copertine e nei paginoni, s'imponevano ragazzotte prorompenti, scoperte fino all'estremo limite che l'occhiuta censura riusciva a tollerare.
Per quanto "pruriginosa", stereotipata, maschilista, era un’italietta che proprio grazie ai suoi limititi, sfoggiava un fascino che ancor oggi rimpiangiamo!
E Barbara ne era il profeta...
Mameli Barbara nasce a Trapani, il 28 ottobre del 1908.
Dopo aver frequentato per alcuni anni il Liceo “Ximenes” nella città natale, consegue la maturità classica al “Visconti” di Roma.
Frequenta poi l'Accademia di Belle arti e sposo con Noemi Monacelli, dalla quale non avrà mai figli.
Barbara aveva imboccato la fortunata via delle appetitose bellezze femminili sin dagli anni giovanili.
Già agli inizi, infatti, accanto ai disegni di “Primo Carnera” e “Learco Guerra” (ispirati ai mitici campioni, il primo di pugilato e l'altro del ciclismo) fanno capolino intriganti figure di donne, anche a colori contendendo il primato, in questo genere, a un altro capostipite, il suo amico e collega barese Gino Boccasile, la cui "Signorina Grandi Firme" è considerata la "madre di tutte le pin-up italiane".
Amico di Vittorio e Romano Mussolini, frequentatore del salotto della Petacci, quando non è ancora l’amante del Duce, Barbara inizia la sua attività di vignettista sul Marc’Aurelio, settimanale illustrato nato nel ’31 che, seppur con alterne vicende, uscirà fino agli anni settanta del ‘900.
Sul termine "pornografico" e cosa fosse considerato a "luci rosse", negli anni trenta e quaranta (almeno nei canali al di fuori dei bordelli), ci sarebbe da discutere; qualche coscia, qualche scollatura, qualche sguardo malizioso, qualche battuta impertinente.
Ma va detto che il machismo spinto del regime espresso da tali autori, per quanto in modo assolutamente incoerente e contraddittorio, almeno aiuterà un po’ a svecchiare l’idea bigotta e negativa che persisteva sul sesso.
Le tipologie femminili dell'artista siciliano sono molteplici e mutevoli nel corso di una carriera cinquantennale.
Bonazze sovente da interni: donnine arricchite messe in scena nell'intimità dei boudoir o nei salotti buoni, modelle già spogliate negli atelier dei pittori, bagnanti sorprese dentro le cabine, soubrette dai costumi scollati e le calze nere che stanno preparandosi allo spettacolo nei loro riservati séparé.
Tutte curve, coperte, nella quasi totalità dei casi, da aggiunte d'inchiostro per limitarne l'impatto visivo.
S'impongono come simboli anticrisi, da abbuffate senza possibilità di dieta in un periodo, quello bellico, segnato da immense privazioni.
Dietro la cospicua produzione di attraenti silhouette e di uomini goffi, c'è lo studio meticoloso e costante dei comportamenti e delle modalità espressive degli esseri umani, attività che Barbara aveva avviato sin da quando, tra i banchi di scuola, ritraeva i suoi compagni e gli insegnanti.
Anche nella sua giovanile esperienza di disegnatore si manifesta chiaramente questa sua attitudine.
Abitudini e costumi degli italiani vanno lentamente ma costantemente mutando, e agli umoristi spetta di cogliere questi cambiamenti in un'ottica salace.
Già nel 1934, sul "Marc Aurelio" Barbara segnala la "nefasta" influenza dei film americani sul nostrano gentil sesso.
Ma, nello stesso anno, e al riparo della discreta illuminazione del proiettore, in sala la "donna italiana" sembra già cavarsela anche troppo in fatto di spigliatezza erotica.
Durante il Ventennio l'autorità politica non gradisce affatto che si superino certe soglie e per sopravvivere, agli autori di satira non resta che addomesticarsi.
Ma, con alle spalle un'adesione al fascismo più o meno sentita, più o meno deliberata e opportunistica, Barbara sarà comunque molto critico rispetto alle vicende politiche e istituzionali italiane seguite alla fine della seconda guerra mondiale.
Per diversi anni, uno dei temi cari all'autore sarà la feroce, viscerale satira anticomunista e antisovietica.
Per oltre un decennio, a partire dalla fine degli anni Cinquanta, il nostro Mameli è il vignettista de "Il Popolo"; il quotidiano della Democrazia Cristiana: sforna disegni a ritmo quotidiano, intervenendo su tutte le più scottanti questioni di politica interna e internazionale (dal problema franco-algerino ai colpi di Stato dei generali argentini, alle dittature africane).
Ironizza spesso e volentieri sulle debolezze del sistema istituzionale e politico italiano e, soprattutto, sui partiti della sinistra.
Non ha del tutto rinunciato a servirsi della sua prediletta tecnica d'approccio al mondo, la "lente" pruriginosa delle sue “donnine” ma ogni volta che traccia una figura femminile gli si avvicina Ettore Bernabei (allora direttore del giornale DC) e quasi gli toglie la matita di mano: sorridendo, lo invita ad allungare le gonne, rimpicciolire le forme, rendere più casta l'immagine.
Paradossalmente, erano più zozzi i fascisti!
Il Maestro muore a Roma, il 16 febbraio del 2001.
Si è guadagnato la definizione di "pornografo del regime" da parte de "L'Unità", ma non è stato di certo un pornografo.
Piuttosto un osservatore malizioso...con la vista lunga-lunga!
Onore a Mameli Barbara!
"Al cinematografo non ci si può andare più; figurati che ieri un giovanotto mi ha messo una mano sul petto! – Mascalzone! Ma tu non gli hai dato uno schiaffo? – Cosa vuoi, non potevo, perché avevo una mano in quella del mio vicino di destra, e un'altra in quella del mio vicino di sinistra"
Mameli Barbara - Vignetta sul "Marc'Aurelio", del 10 ottobre 1934.