Si parla sempre dei Re del Rock’n’roll, dei Re del Noir, dei Re dell’ Horror, delle Regine del Blues, delle Regine delle Pin-up, eccetera eccetera…
Sono sempre titoli controversi, cari amici dei Mutzhi Mambo, contesi fra più artisti che vantano di essere i migliori.
Ma un titolo è davvero indiscutibile: l’immortale JACK KIRBY è davvero l’unico e solo “King of Comics”!
Jack Kirby “è stato” il fumetto supereroistico americano, l’ha praticamente inventato lui, in una sorta di immedesimazione tra mezzo e autore che è difficile rintracciare in altre personalità importanti della Nona arte.
Però non è stato solo l’inventore, da solo o in coppia con lo sceneggiatore Stan Lee, di quella sorta di Pantheon contemporaneo che è il cast degli eroi targati Marvel: Kirby è stato un autore veramente eclettico che ha segnato a fuoco la “Golden Age of Comics”, il periodo d’oro della produzione più Pulp (quindi per noi, più amata) dei fumetti.
Un autore davvero poliedrico capace di spaziare dal racconto rosa alla fantascienza più classica, dall’horror al poliziesco, sempre però mantenendo il suo stile assolutamente unico, che riconosci al primo sguardo.
Con le sue anatomie apparentemente rozze, pesanti, squadrate, “rocciose” (controbilanciate pero da un dinamismo vertiginoso e psichedelico), con le sue tavole che esplodono in vortici di azione infinita, superando i confini stessi della carta stampata, Kirby è stato un maestro della costruzione di mondi fantastici, tra i principali edificatori dell’immaginario popolare contemporaneo.
La possenza e la dinamicità incredibili dei suoi disegni, insieme all’originale commistione di fantascienza, tecnologia e temi sociali delle sue storie, lo hanno reso un artista dall’inconfondibile identità stilistica, capace di forgiare intere generazioni di illustratori e scrittori.
Il suo è stato davvero un genio visionario, in grado di trascendere il prodotto “popolare” (ma rivendicandone fieramente l’appartenenza) e lasciare un segno indelebile nella cultura contemporanea .
E non si parla solo di fumetti!
I suoi disegni hanno l’immane forza delle statue ellenistica, le prospettive immaginarie dei surrealisti, il dinamismo estremo dei futuristi, il fascino evocativo dei bestiari medioevali ma anche qualcosa di preistorico, ancestrale...
Spesso indicato come “The King of Comics” dai suoi colleghi, Kirby ha stabilito gli standard del fumetto occidentale per concedersi poi, all’interno di questi standard, una sempre maggiore libertà creativa, sviluppata nell’equilibrio tra sapienza compositiva e un potente, a tratti inquietante, senso del meraviglioso.
Ha costruito, meticolosamente, scientificamente, mondi fantastici: le sue meravigliose saghe dei super eroi – dai Fantastici Quattro a Thor, da Hulk a Capitan America – sono state il simbolo più efficace del senso di onnipotenza degli Stati Uniti, difensori non solo della liberta ma dell’umanità intera (almeno a livello di propaganda…).
In un mondo che diventava sempre più complesso, dove i confini tra il bene e il male, tra giusto e sbagliato si facevano sempre più impalpabili, confusi, Kirby con i tantissimi personaggi da lui creati, dall’eroe USA per eccellenza in poi, ha invece rimarcato le differenze, segnato definitivamente i confini, annullato i dubbi etici e morali con scelte non sottopone bilico a giudizio: senza l’eroismo a Stelle e Strisce l’universo come lo conosciamo non esisterebbe neppure…
Il suo tratto sicuro, insieme grossolano e raffinatissimo, in perenne movimento, è riuscito come nessun altro a dare il senso dell’azione: proprio grazie alla sua maniacale attenzione uguale per lo sfondo e per i primi piani, l’immagine stabile su carta riesce a trasmettere l’idea di essere sul punto di uscire dai confini della stampa e aggredire letteralmente il lettore.
Si avverte quasi la sensazione di diventare protagonisti dell’avventura e combattere al fianco dei supereroi, per una causa assolutamente necessaria che non ammette indecisioni.
Suprema infatti è la capacità di Kirby di infondere nei suoi disegni quel senso di mitologia in divenire, quella sensazione di assistere a qualcosa di eterno.
Solitamente parlando delle sue tavole si usa non a caso l’aggettivo “monumentale”.
Inutile sottolineare quanto l’arte di Kirby ha infatti influenzato moltissimi autori: non solo fumettisti, ma romanzieri, registi, musicisti, sceneggiatori.
Per non parlare delle schiere di ragazzini che sui suoi disegni hanno fondato il proprio immaginario, sognando universi remoti, mostri spaventosi ed eroi invincibili.
Le sue tavole e le sue illustrazioni continuano a essere studiate e citate sia da autori cosiddetti “popolari” sia da quelli d’avanguardia, annullando distinzioni fittizie e intellettualoidi fra fumetti di serie A e fumetti di serie B, come l’inutile discrimine fra “artistico” e “artigianale”.
Perché Kirby, era sì un visionario, un genio della matita, un mago della china ma prima di tutto era un gran lavoratore, indefesso, instancabile, uno che dal tavolo da disegno non si staccata praticamente mai!
Oggi è unanimemente riconosciuto come uno dei padri del fumetto superoistico americano, quello che tiene banco nei blockbuster cinematografici e intorno al quale girano svariati milardi ma non crediate che il nostro ne abbia goduto quanto meritava: la sua in realtà fu una vita difficile, fatta di tantissimi sforzi e ben poche soddisfazioni.
Sul suo rapporto col compagno di lavoro, il compianto Stan Lee hanno parlato come i “Lennon-McCartney del fumetto”.
Ma in questo caso i frutti della collaborazione non sono certo stati equamente divisi, anzi!
Non vogliamo certo entrare nella polemica sui meriti di chi abbia creato cosa, roba su cui si sono versati fiumi di inchiostro, anche perché, vista la natura del loro rapporto professionale, oggettivamente risulta difficile dare un giudizio.
Ma la lunga ed estenuante battaglia condotta da Kirby (e conclusa solo in tempi relativamente recenti dai suoi eredi) per affermare e pretendere i sacrosanti diritti di sfruttamento delle sue creazioni rimarrà una pietra miliare nella storia delle rivendicazioni dei tanti disegnatori che hanno voluto, vogliono e vorranno dichiarare la loro dignità di autori e non solo di meri “esecutori” di idee altrui.
Foss’anche solo per questo, Kirby rimarrebbe una figura insostituibile…
Jacob Kurtzberg (così all’anagrafe) nasce il 28 agosto del 1917 a New York.
I suoi genitori sono immigrati ebrei austriaci, e suo padre si guadagna da vivere come operaio in una fabbrica di indumenti.
Da giovane, Jack desidera più di ogni altra cosa di andarsene dal suo squallido quartiere: gli piace disegnare e si mette a cercare delle occasioni in cui può imparare sempre meglio questo mestiere.
Essenzialmente autodidatta, Kirby cita tra le sue influenze Milton Caniff, Hal Foster, Alex Raymond, C.H. Sykes, "Ding" Darling e Rollin Kirby.
Viene rifiutata la sua ammissione all’ “Educational Alliance”, la filantropica istituzione pedagogica fondata per sostenere i giovani ebrei squattrinati, perché fa troppi scarabocchi con il carbone.
In seguito trova uno sbocco per le sue abilità artistiche disegnando vignette per il giornale della “Boys Brotherhood Republic”, una sorta di "città nella città” in miniatura, fondata sulla East 3rd Street, gestita direttamente dai ragazzi di strada.
A 14 anni, Kirby si iscrive al “Pratt Institute” di Brooklyn, ma se ne va dopo una settimana: troppo irrequieto per quel tipo di scuola…
Kirby si unisce al “Lincoln Newspaper Syndicate” nel 1936, lavorando su fumetti per i quotidiani e su cartoni animati, sotto lo pseudonimo di Jack Curtiss, e ci rimane fino alla fine del 1939, quando inizia a lavorare per la compagnia di animazione cinematografica Fleischer Studios come un inbetweener (quelli che riempiono l'azione tra i fotogrammi dei movimenti maggiori) sui cartoni animati di “Popeye”.
Ma questo tipo di lavoro, quasi di “fabbrica”, non è certo quello che il nostro sogna, così passa a scrivere e disegnare per la “Eisner & Iger”, una delle poche aziende che creano fumetti su richiesta per gli editori.
Attraverso quella compagnia, Kirby farà il suo primo lavoro come fumettista per “Wild Boy Magazine”: strisce come la fantascienza de "Il diario di Dr. Hayward" (sotto lo pseudonimo di Curt Davis), il western "Wilton of the West" (come Fred Sande), l'avventuroso "Il conte di Montecristo" ( ancora come Jack Curtiss), e gli umoristici "Abdul Jones" (come Ted Gray) e "Socko the Seadog" (come Teddy).
Usa per la prima volta il cognome Kirby come “Lance Kirby” in due storie western di "Lone Rider" (ottobre-novembre 1939).
Alla fine decide di utilizzare in modo stabile Jack Kirby perché gli ricorda un po’ l'attore James Cagney; tuttavia, per lui rimane una grave offesa il fatto che gli suggeriscano di cambiare nome per nascondere la sua origine ebraica.
Kirby passa poi al “Fox Feature Syndicate”, guadagnandosi uno stipendio da 15 dollari a settimana.
Cominciò a esplorare l’universo dei supereroi con il fumetto “The Blue Beetle”, pubblicato da gennaio a marzo 1940, creato con lo pseudonimo Charles Nicholas, e durante questo periodo, conosce e inizia a collaborare con il fumettista freelance Joe Simon.
Nei primi anni '40, Kirby e la sua famiglia si trasferiscono a Brooklyn dove il nostro incontra Rosalind "Roz" Goldstein, che vive nello stesso condominio.
La coppia comincia a frequentarsi poco dopo e si sposeranno il 23 maggio 1942: avranno quattro figli: Susan, Neal, Barbara, e Lisa.
Dopo aver lasciato la Fox e aver collaborato alla primo numero di “Captain Marvel Adventures” (1941) per la Fawcett Comics, Jack e Joe vengono assunti dallo staff della “Timely Comics”, rivista pulp che in seguito sarebbe diventata “Marvel Comics”.
Lì Simon e Kirby creano “Capitan America”: il primo numero, pubblicato all'inizio del 1941, finisce esaurito in pochi giorni e la tiratura del secondo numero viene fissata a oltre un milione di copie.
Visto il successo del personaggio, Simon ritiene che l’editore non stia pagando alla coppia la percentuale di profitti promessa, e così si mette a cercare lavoro alla National Comics Publications (in seguito ribattezzata DC Comics).
Kirby e Simon strappano un accordo per un compenso di 500 dollari alla settimana, a differenza dei 75 che tiravano su alla Timely, che lasciano dopo il decimo numero di “Captain America”.
La National gli lascia inoltre una libertà creativa veramente rara per l’epoca.
I due rinnovano il personaggio “Sandman” per “Adventure Comics” e creano il supereroe “Manhunter” e la “kid gang” “Boy Commandos” che arriva a vendere oltre un milione di copie al mese, diventando il terzo titolo più venduto della National.
Con la seconda guerra mondiale in corso, l’editor sa che Simon e Kirby verranno arruolati, così gli chiede di produrre una certa quantità di materiale da pubblicare in loro assenza.
La coppia assume scrittori, inchiostratori, letterer e coloristi per creare materiale sufficiente a coprire un anno di pubblicazioni.
Kirby viene arruolato il 7 giugno 1943 e, dopo l'addestramento di base a Camp Stewart, in Georgia, viene assegnato all' XI Reggimento di Fanteria.
Arriva a Omaha Beach in Normandia, il 23 agosto 1944, due mesi e mezzo dopo il D-Day; un tenente, apprendendo che Kirby è un disegnatore di fumetti, lo manda in esplorazione nelle città per realizzare mappe e immagini di ricognizione.
Durante l'inverno del 1944, Kirby è vittima di un grave congelamento e viene trasferito in ospedale a Londra.
I medici pensano di dovergli amputare le gambe, ormai diventate nere, ma alla fine il nostro riesce a riprendersi e riacquista l’uso degli arti inferiori.
Torna negli Stati Uniti nel gennaio 1945, e viene congedato con onore, dopo aver ricevuto diverse onorificenze per il suo eroismo.
Dopo la guerra, Simon gli trova un nuovo lavoro alla Harvey Comics, per la quale, all'inizio degli anni '50, il duo creerà titoli come l'avventuroso “Boy Explorers Comics”, “Western Boys’ Ranch”, la parodia superoistica “Stuntman” e, vista la moda dei film in 3-D, “Captain 3-D”.
Simon e Kirby lavorano inoltre come freelance per la “Hillman Periodicals” (con il fumetto di fantascienza “Real Clue Crime”) e per la “Crestwood Publications” (con “Justice Traps the Guilty”).
Il duo troverà però i sui più grandi successi nel dopoguerra creando fumetti rosa.
Visto che la ex “Timely Comics”, rilancia “Capitan America” con una nuova serie nel 1954, Kirby e Simon creano “Fighting American”, con un personaggio inizialmente ferocemente anticomunista, ma che poi viene trasformato in una parodia dei supereroi all'indomani della “caccia alle streghe” scatenata dal senatore McCarthy.
Kirby e Simon lanciano poi la propria compagnia di fumetti, la “Mainline Publications”, che esisteva dal 1954 al 1955, ha pubblicato quattro titoli: “Bullseye: Western Scout”; il bellico “Foxhole” (fingendo che sia scritto e disegnato da veri veterani); il romantico “In Love”; e il crime “Trap Police” (basato su veri rapporti delle forze dell'ordine, almeno a loro detta…).
Dopo una disputa sui pagamenti con la Crestwood, la collaborazione tra Kirby e Simon diventa sempre più tesa, soprattutto perché lo sceneggiatore sembra sempre più stufo e disilluso dall’ambiente dei comics.
Simon lascerà il settore per intraprendere una carriera nella pubblicità, mentre Kirby continua a lavorare come freelance.
A metà degli anni '50, Kirby fa un temporaneo ritorno alla ex Timely, la Atlas Comics, che precederà direttamente la Marvel Comics, illustrando “Battleground”, “Black Rider” e altri.
Ma nel 1957, problemi di distribuzione causano l' "implosione Atlas" che porterà alla chiusura di diverse serie e la sospensione per diversi mesi della produzione di nuovo materiale.
Per la DC in questo periodo, Kirby crea, con gli sceneggiatori Dick e Dave Wood, l’avventuroso “Challengers of the Unknown” (1957), contribuisce a testate antologiche horror come “House of Mystery”, disegna “Sky Masters of the Space Force”, un fumetto scritto dai fratelli Wood, e 11 storie di “Green Arrow”, in cui il nostro rimodella il super arciere come eroe di fantascienza, allontanandolo dalle sue radici simil-Batman, alienando di fatto il co-creatore della serie Mort Weisinger.
Kirby lascia la DC a causa di una disputa contrattuale tra lui e i Wood rispetto a “Sky Masters” e, dopo un po’di tempo inizia a lavorare di nuovo regolarmente per la Atlas, nonostante il giovane sceneggiatore/direttore Stan Lee gli stia un po’ sulle palle: Jack infatti pensa proprio che sia stato lui, negli anni ’40, a fare la spia, rivelando alla Timely che lui e Simon stavano segretamente lavorando a un progetto per la National.
A causa dello scarso compenso per ogni pagina, Kirby si ritrova a trascorrere dalle 12 alle 14 ore al giorno chino sul tavolo da disegno, arrivando a produrre dalle quattro alle cinque tavole al giorno.
La sua prima opera pubblicata per la Atlas è la copertina e il racconto di sette pagine "Ho scoperto il segreto dei dischi volanti" in “Strange Worlds # 1” (1958).
Inizialmente con gli inchiostri di Christopher Rule e più tardi con quelli di Dick Ayers, Kirby si dimostra un vero factotum, lavorando un po’ su tutti i generi possibili, ma lascerà il segno principalmente con una serie di storie di fantascienza e sovrannaturali.
Soprattutto diviene amatissimo dai giovani lettori per i suoi bizzarri disegni di creature potenti e ultraterrene: giganteschi mostri con nomi come “Groot, The Thing from Planet X”; “Grottu, King of the Insects”; e “Fin Fang Foom” per le riviste antologiche “Amazing Adventures”, “Strange Tales”, “Tales to Astonish”, “Tales of Suspense” e “World of Fantasy”.
Roba fantastica!
Inoltre, in questa fase diventa freelance per la Archie Comics, riunendosi brevemente a Joe Simon per sviluppare la serie “The Fly” e “The Double Life of Private Strong”, e disegnando alcuni numeri di “Classics Illustrated”.
Ma è alla neonata Marvel Comics, in collaborazione con lo sceneggiatore e redattore capo Lee, che Kirby riprende in pianta stabile a creare e produrre fumetti di supereroi, a cominciare dal mitico “Fantastic Four # 1” (novembre 1961).
La serie storica diviene un successo tale che rivoluzionerà l’intera industria della narrativa disegnata.
Caratterizzati da un maggiore realismo rispetto ai loro predecessori in calzamaglia, dalle vicende più vicine alla soap opera per renderle accattivanti per le giovani generazioni degli anni’60, dalla sconfinata immaginazione cosmica di Kirby, i “Fantastici Quattro” impongono un nuovo modo di concepire il fumetto seriale.
Negli anni successivi, Lee e Kirby apriranno una triste contesa legale in merito alla reale paternità della serie.
Per quasi un decennio, Kirby lavorerà per la Marvel e ne definirà lo stile tipico, co-creando con Stan Lee molti dei personaggi e progettando i loro character design.
Tutti gli artisti che entravano nella scuderia della casa editrice dovevano rifarsi allo “stile Kirby” o quantomeno prenderlo come punto di riferimento obbligato.
I frutti della controversa collaborazione di Lee e Kirby includono fra i tanti “Hulk”, “Thor”, “Iron Man”, “X-Men”; mitici villain come “Doctor Doom”, “Magneto”, “Ego the Living Planet”; nonché “Black Panther”, re della nazione afrofuturista Wakanda e primo supereroe nero dei fumetti.
Inizialmente, a Kirby viene assegnato anche il compito di disegnare la prima storia di “Spider-Man”, ma a Lee non piace assolutamente come il disegnatore approccia il personaggio: troppo muscolare, per essere uno studentello nerd!
Lee si rivolge quindi a Steve Ditko per disegnare la storia che apparirà su “Amazing Fantasy # 15”, per la quale Kirby illustra comunque la copertina.
Lee e Kirby riuniscono poi molti dei loro personaggi nella squadra “The Avengers” e tirano fuori dalla naftalina, dandogli una nuova linfa, personaggi degli anni '40 come “Sub-Mariner” e “Captain America”.
Su “Fantastic Four # 48-50” (marzo-maggio 1966), viene pubblicata "The Galactus Trilogy", giudicata forse la migliore avventura realizzata dal duo: racconta l'arrivo di “Galactus”, un gigante cosmico invincibile che vuole divorare il pianeta Terra, e del suo araldo, “Silver Surfer”, il “Surfista d’Argento” che vaga con la sua tavola per gli spazi siderali, uno dei supereroi più affascinanti, romantici ed enigmatici di sempre.
Kirby si sbizzarrisce letteralmente ad ampliare sempre i confini del media, inventando copertine e interni con collage di foto, sviluppando nuove tecniche di disegno, come il metodo per la rappresentazione di campi energetici, noto come "Kirby Krackle", e prospettive ed inquadrature sempre più ardite.
Nel 1968 e nel 1969, il suo vecchio compare Joe Simon viene coinvolto nel contenzioso con la “Marvel” per la proprietà di “Capitan America”, avviato dalla casa editrice dopo che Simon aveva registrato il rinnovo del copyright del personaggio a suo nome.
Purtroppo Kirby sosterrà le posizioni della compagnia nella causa e, come parte di un accordo stipulato con l'editore Martin Goodman, lascerà alla Marvel tutti i diritti che avrebbe potuto vantare su “Capitan America”.
Ma allo stesso tempo, Jack diverrà sempre più insoddisfatto della collaborazione con la Marvel, soprattutto a causa del risentimento per la preferenza che i media hanno verso Lee, per la mancanza di pieno controllo creativo, per la rabbia per le promesse invase dall'editore e soprattutto per la frustrazione per non essere accreditato in modo specifico per la trama delle sue storie e per le sue creazioni e co-creazioni dei personaggi.
Comincia quindi a scrivere e disegnare alcune serie secondarie per la Marvel, come "The Inhumans", e anche storie horror per l’antologico “Chamber of Darkness”, ricevendo stavolta pieni crediti sulla sua opera.
Nel 1970 però a Kirby viene sottoposto un contratto che include termini alquanto sfavorevoli come il divieto di ritorsioni legali.
Quando il nostro obietta, la direzione si rifiuta di negoziare eventuali modifiche dei termini: Kirby, anche se guadagna la bella cifra (per l’epoca) di 35.000 dollari l'anno come freelance, smonta baracca e burattini e passa alla rivale DC Comics.
Passeranno quasi due anni di negoziati per arrivare ad un accordo per trasferirsi ma alla fine firma un contratto di tre anni con un'opzione per altri due.
Per la casa editrice di Superman, Jack produce una serie di titoli interconnessi sotto il nome "The Fourth World", che comprende una trilogia di nuovi titoli, “New Gods”, “Mister Miracle” e “The Forever People”, insieme al già esistente “Jimmy Olsen”.
Kirby sceglie quest'ultima testata perché la serie non ha una squadra creativa stabile e non vuole levare lavoro a nessuno.
I tre albi ideati da Kirby si ispirano a temi mitologici che già aveva precedentemente trattato in “Thor”.
Tenta anche di creare nuovi formati per i fumetti, producendo le riviste in bianco e nero, della durata di un solo numero, “Spirit World” e “In the Days of the Mob” nel 1971.
In seguito Kirby crea altre serie come “OMAC”, “Kamandi”, una sorta di Tarzan post apocalittico in cui il nostro si diverte a disegnare insetti mutanti, “The Demon”, e “Kobra”.
Lavora anche, per un ultima volta assieme all'ex partner Joe Simon, ad una nuova incarnazione di “Sandman”.
Ma le politiche dell'epoca della DC, ancora molto più “tradizionali” rispetto alla sua maggiore concorrente, non sono certo in sintonia con il vulcanico estro creativo di Kirby, che viene spesso costretto a lavorare su personaggi e progetti che non gli piacciono per niente.
Oltretutto alcuni artisti alla DC non vogliono Kirby fra le palle, spesso per motivi di rancore dovuti alla precedente rivalità con la Marvel o per problemi legali con lui, arrivando a minacciare l’editore di andarsene se lui rimane.
Dal momento che Jack ormai si è trasferito e lavora in California, arrivano a boicottare le sue tavole, facendone ridisegnare alcune parti nell'ufficio di New York.
Alla convention dei fumetti “Marvelcon”, nel 1975, Stan Lee annuncia pieno di orgoglio che Kirby sarebbe finalmente tornato alla Marvel.
Kirby torna ad occuparsi di “Capitan America”, crea la serie “The Eternals”, in cui presenta imperscrutabili giganti alieni, i Celestiali, il cui intervento dietro le quinte nell'umanità primordiale diventerà un elemento centrale della continuità dell'Universo Marvel; adatta il capolavoro di Kubrick “2001: A Space Odyssey”; scrive e disegna “Black Panther”; e illustrerà numerose copertine.
Le altre creazioni per la Marvel di Kirby in questo periodo includono “Machine Man” e “Devil Dinosaur”. L’ultima collaborazione di Jack con Stan Lee, “The Silver Surfer: The Ultimate Cosmic Experience”, viene pubblicata nel 1978 come parte della serie “Marvel Fireside Books” ed è considerata la prima graphic novel della Marvel.
Ancora insoddisfatto del modo in cui Marvel lo tratta, e con un'offerta di impiego da parte di “Hanna & Barbera”, Kirby lascia i fumetti per lavorare nell'animazione.
In questo campo, disegna “Turbo Teen”, “Thundarr il Barbaro” e altre serie animate per la televisione.
Lavora alla serie “The New Fantastic Four animated”, dove si ritrova a collaborare con l’ex collega/rivale Stan Lee, illustra poi un adattamento del film della Walt Disney, “The Black Hole”, nel biennio 1979-80.
Nel 1979, Kirby realizza la concept art per una sceneggiatura del regista Barry Geller, adattando il romanzo di fantascienza di Roger Zelazny, “Lord of Light”, del quale Geller aveva acquistato i diritti.
Geller incarica Kirby di disegnare scenografie da usare come rendering architettonici per un parco a tema nel Colorado che si dovrà chiamare “Science Fiction Land”; ma mentre il film e il parco non vengono realizzati, i disegni di Kirby vengono utilizzati per il "Canadian Caper" della CIA, la famosa, rocambolesca operazione per far fuggire alcuni membri dell'ambasciata americana a Teheran, in cui gli agenti si fingono produttori di un ipotetico film di fantascientifico da girare in Iran, facendo passare i diplomatici come membri fittizi della troupe.
All'inizio degli anni '80, Kirby e la Pacific Comics, un esordiente editore di fumetti che non escono in edicola (cosa poi diventata comunissima in USA, dove i comics si trovano quasi esclusivamente nelle librerie specializzate), mettono a segno uno dei primi affari nel nuovo settore caratterizzato da serie che rimangono proprietà esclusiva dei creatori, grazie a “Captain Victory” e “Galactic Rangers”, e la miniserie di sei numeri “Silver Star”.
Questo, insieme ad azioni simili di altri editori indipendenti di fumetti come la Eclipse Comics (per la quale Kirby co-crea il personaggio “Destroyer Duck” in una serie pubblicata per aiutare Steve Gerber a combattere un caso legale contro la Marvel), contribuirà a stabilire un precedente per porre fine al monopolio del sistema di lavoro che vige nelle grosse case editrici, in cui i creatori di fumetti, anche se sono liberi professionisti, non possiedono i diritti sui personaggi che creano.
Nel 1983 Richard Kyle commissiona a Kirby la creazione di una striscia autobiografica di 10 pagine, "Street Code", che diverrà uno degli ultimi lavori pubblicati in vita dall’autore, nel 1990.
Jack continuerà a produrre per la DC Comics durante gli anni '80, tra cui una breve ripresa della sua saga/capolavoro "Fourth World" nella miniserie “Super Powers” del 1984 e del 1985, e la graphic novel del 1985 “The Hunger Dogs”.
Negli ultimi anni della sua vita, Kirby trascorrerà molto tempo a citare in giudizio i dirigenti della Marvel per i diritti di proprietà delle sue tavole originali: molte di queste pagine di proprietà dell'azienda vengono cedute come regali promozionali ai clienti o semplicemente fregate dai magazzini della società.
Dopo l’approvazione del “Copyright Act” del 1976, che amplia notevolmente le capacità di rivendicare i copyright da parte dell'artista, gli editori di fumetti iniziano a restituire le tavole originali ai creatori, ma nel caso della Marvel solo se prima firmano un atto che riafferma la proprietà dei diritti d'autore della casa editrice.
Nel 1985, chiedono a Kirby di affermare che la sua arte era stata prestata unicamente a cottimo, consentendo alla Marvel di mantenere il copyright per sempre, oltre a intimare a Kirby di rinunciare a tutte le royalties future.
In cambio gli offrono 88 pagine da lui disegnate (meno dell'1% della sua produzione totale!) se firma il documento, ma riservandosi il diritto di reclamarle se il disegnatore violasse tale accordo.
Dopo che Kirby, giustamente, li manda affanculo, alla fine la Marvel torna (dopo due anni di deliberazioni) ad offrirgli circa 1.900 o 2.100 pagine delle stimate 10.000/13.000 prodotte dall’autore per la compagnia.
Per la Topps Comics, fondata nel 1993, Kirby mantiene la proprietà di personaggi usati in più serie di quello che la compagnia ha soprannominato "The Kirbyverse", titoli che derivano principalmente dai progetti e dai concetti che Kirby aveva inizialmente destinato alla Pacific Comics.,
“Phantom Force” è l'ultimo libro a fumetti a cui Kirby lavorerà prima della sua morte.
Il 6 febbraio 1994, Kirby muore a 76 anni per insufficienza cardiaca nella sua casa a Thousand Oaks, in California.
Viene sepolto nel Memorial Park Oaks di Pierce Brothers Valley, in California.
Solo nel 2014 i suoi eredi arriveranno ad un accordo “amichevole” con la Marvel…
Certo che storie del genere rovinano parecchio il fascino ingenuo degli albi che leggevamo da piccoli.
Lasciano veramente l’amaro in bocca…
Le splendide, eterne opere di Kirby non meritano certo queste grette meschinità.
Ma tant’è, così va il mondo dei quattrini…
Onore a Jack Kirby!
“Wakin' up, I watch another sun go down
Another day spent underground
In my world of pills
And I was thinkin' how the world should have cried
On the day Jack Kirby died
I wonder if I'm ill
I'll never trust myself again
But I don't care
Just set that plastic soul on fire
And watch it melt…”
Monster Magnet - Melt