Finalmente! Dopo una lunga, misteriosa latitanza, ritornano dal vivo i letali MUTZHI MAMBO! E che giorno scelgono per TORNARE DAL VIVO? Ma il GIORNO DEI MORTI, come potrebbe essere altrimenti! E ci...

Orgogliosissimi di essere stati nominati in questo benemerito programma! Siamo infatti stati citati, col nostro nuovo album IL MALE È DENTRO, in WONDERLAND, un programma televisivo, in onda su Rai 4...

UN ALTRO GIORNO ALMENO, il primo video tratto dall'album "Il Male è Dentro" è su YouTube! È giusto ammazzare in nome di Dio (o come vi piaccia chiamarlo)? Una domanda quanto mai attuale, cari amici...

Per chi pensasse che il Vostro Almanacco Pulp sia un po' poco Pulp, ultimamente, beccatevi il lurido JOE D'AMATO e fatevi una bella scorpacciata del Pulp più marcio e genuino in circolazione! 
Eh già, cari amici dei Mutzhi Mambo, l'infaticabile Aristide Massaccesi, alias Joe D'amato, di Pulp ne ha prodotto veramente a bizzeffe, a tonnellate!
E non certo il Pulp ricercato, il Pulp voluto, il Pulp sofisticato come va di moda oggi ma il vero Pulp-Pulp, quello che non va tanto per il sottile, quello un tanto al chilo, per intenderci, quello che agli ammerigani gli piacerebbe, quello per veri adulti! 
Detto il "Roger Corman italiano", Joe è tra i massimi esponenti di questo filone non solo per essere stato il più produttivo regista italiano in quanto a numero di film (oltre 200!) ma anche perché è considerato, come autore, tra i più eclettici a livello mondiale.

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Di roba decente ne ha fatta poca (rispetto alla sua produzione “monstre”) ma ha avuto il coraggio di affrontare tutti i generi cimatografici, contribuendo a crearne di nuovi, grazie alla sua incessante curiosità di mischiarli fra loro. 
Autentico camaleonte, è stato regista, direttore della fotografia, produttore e spesso responsabile di tutti gli incarichi della troupe. 
Figura rara, entusiasta e sincera, spudorata e modesta, Massacesi ha fatto dell' artigianalità il suo punto di forza. 
Era capace di girare con due lire facendo fare tutto a tutti (spesso gli attori che si dovevano confezionare da soli gli abiti di scena!). 
Famoso (o famigerato, poco importa…) ai più come Joe D'Amato, regista diventato simbolo del cinema porno, Aristide ha preferito spesso firmare i suoi lavori con pseudomini originali, a volte impronunciabili e ridicoli (se ne contano quasi 50, da Michael Di Caprio a Arizona Massachuset, da Alexandre Borsky a Michael Wotruba...). 
Il paradosso è che alla fine i suoi porno risultano curatissimi, perfino “raffinati” (passateci il termine…), rispetto alla squallida media del genere, mentre i suoi film non hardcore sono spesso (a parte rari casi) quanto di più infame e mal realizzato si possa trovare nel panorama dei B-movie, e non solo italiani!
È una figura strana, D'Amato, ambivalente, capace delle sciatterie più cialtrone e dei più bassi mezzucci per fare cassa con dei film veramente maldestri, quanto di perdere tempo e soldi per curare delle pellicole per un pubblico a cui “di ‘ste cose nun gliene può fregà de meno”...
Chiaramente una figura come D'Amato oggi non sarebbe neanche concepibile, per tante evidenti ragioni…
E non è detto che sia per forza un male!

Aristide Massaccesi nasce a Roma il 15 dicembre del 1936.
Inizia a lavorare nel mondo del cinema a 14 anni, dapprima come elettricista, e via via apprendendo svariate competenze tra le maestranze di Cinecittà, tra cui la creazione dei titoli di testa di alcuni film di Eugenio Bava, padre del maestro italiano dell'horror Mario Bava.
Autodidatta puro, sul set è un vero factotum, svolgendo ogni mansione possibile, dall’elettricista all’aiuto regista, e questo sarà per sempre il suo punto di forza (o, volendo, il suo limite…).
Grazie alla sua passione per la fotografia, nel 1951, a soli quindici anni, diviene fotografo di scena del film "È l'amor che mi rovina" diretto da Mario Soldati, continuando con altre pellicole importanti come "Ercole al centro della Terra" di Mario Bava, "Brucia ragazzo, brucia" di Fernando Di Leo, "Cosa avete fatto a Solange?" di Massimo Dallamano e "Paranoia" di Umberto Lenzi. 
Arriva a lavorare dietro la macchina da presa come aiuto regista di autori come Jean-Luc Godard, per "Il disprezzo", nel 1963 e come operatore alla macchina di Michele Lupo, per "Concerto per pistola solista" nel 1970.
Solo nel 1972 si decide a dirigere un film in prima persona: "Scansati... a Trinità arriva Eldorado", spaghetti-western comico, che però risulta firmato dal produttore Diego Spataro. 
Lo stesso vale per gli altri due film successivi, "La colt era il suo Dio" e "Un Bounty killer a Trinità": D'Amato appare nei titoli come direttore della fotografia o come sceneggiatore, ma non viene accreditato come regista.
In varie interviste successive rivelò che quella di non firmare questi film era una sua scelta, per non bruciarsi troppo velocemente la carriera (certo con titoli così c'aveva pure ragione...).
Adesso, visto che D'Amato ha una filmografia così nutrita, non aspettatevi una carrellata completa delle sue opere, perché abuseremmo della vostra pazienza e in realtà non ce ne frega un cazzo di fare un elenco telefonico; vi parleremo solo di quelle che troviamo più interessanti e a tema, sapendo già da adesso che scontenteremo qualcuno, in merito alle scelte, ma pazienza...
Il primo film sicuramente diretto da D'Amato è "Sollazzevoli storie di mogli gaudenti e mariti penitenti - Decameron nº 69", un decamerotico del 1972.

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Dopo "Canterbury n° 2 - Nuove storie d'amore del '300", e l'orrendo martial-movie "Pugni, pirati e karatè", dirige nel 1973 il film di guerra "Eroi all'inferno", quindi il leggendario peplum all female "La rivolta delle gladiatrici", prodotto da Roger Corman e interpretato da Pam Grier.
Lo stesso anno D'Amato gira l'unico film firmato col suo vero nome: "La morte ha sorriso all'assassino", interpretato da Klaus Kinski, un horror gotico niente male con, naturalmente, alcune scene erotiche, che male non fanno mai...
Dopo questo film dirige "Giubbe rosse", un western classico interpretato da Fabio Testi, che sarà il primo film firmato con lo pseudonimo Joe D'Amato, nome d’arte che lo accompagnerà per il resto della sua carriera, suggeritogli dal produttore Ermanno Donati. 
Nel 1975 è la volta di "Emanuelle e Françoise (Le sorelline)", considerato uno dei suoi migliori film, un thriller erotico delirante con alcune scene di cannibalismo che, nel titolo, cerca di sfuttare il successo dei film sulla giornalista piccante "Emmanuelle" (togliendo chiaramente una "emme" per via dei diritti...).
"Emanuelle nera - Orient Reportage", è invece il vero sequel di "Emanuelle nera", la serie apocrifa ma "ufficiale", il cui capostipite è diretto da Adalberto Albertini nel 1975.
"Orient Reportage" è il primo di questi film, interpretati dalla meravigliosa attrice indonesiana Laura Gemser, diretto dal nostro, che in seguito firmerà altri quattro sequel, facendo diventare la serie sempre più morbosa ed esplicita.
Questa pellicola segna inoltre l'inizio del sodalizio artistico e umano fra la Gemser e Massaccesi che si trasformerà in una vera amicizia fino alla morte del regista.
Come già detto, il ciclo “Emanuelle Nera” è un plagio dell’ “Emmanuelle” made in France, ma questa volta, oltreché il nome abbreviato, la protagonista diventa una intraprendente fotoreporter di colore.
Questi film(etti) sono un misto di avventura, sexplotation e addirittura, in un caso, anche cannibal movie, e vengono girati in location esotiche (che costano pure meno…).
I film hanno un gran successo e vengono scritti dalla giornalista Maria Pia Fusco e dal regista Piero Vivarelli. 
La serie ufficiale comprende nove film, D'Amato ne dirigerà cinque: oltre al già citato, si elencano "Emanuelle in America", dove ci sono delle agghiaccianti scene di finto snuff movie scambiate all'epoca per vere, e (tanto per non farsi mancare nulla...) alcuni inserti hard interpolati successivamente e interpretati da una ruspante Marina Frajese prima di diventare la celebre pornostar Marina Lotar, "Emanuelle e gli ultimi cannibali", dove la giornalista deve vedersela con gli antropofagi; "Emanuelle - Perché violenza alle donne?" che narra della tratta delle bianche, infine "La via della prostituzione" (il tema lo intuite da soli). 
Inoltre, usando la Gemser/Emanuelle come narratrice, il nostro fa uscire, complice alla regia l'infame Bruno Mattei, "Notti porno del mondo", una sorta di "carrellata" sui gusti sessuali bizzarri. 
"Follie di notte" (1978), invece segue le "avventure" di una scatenata Amanda Lear nelle sue pazze serate: la showgirl però denuncerà l'autore perché, a suo dire, all'oscuro del fatto che fosse una pellicola erotica. 
Tra il 1978 e il 1981 D'Amato gira diversi film ai Caraibi per sfruttare l'atmosfera esotica delle locations e soprattutto per lavorare a budget ridottissimi, usando attori locali per pagarli con un pezzo di pane. 
In particolare D'Amato dirige una serie di film ambientati a Santo Domingo, lanciando tra l'altro l'attrice Lucía Ramirez (agile a destreggiarsi nelle svariate selve, sia botaniche che "faunistiche"...).
Questi film presentano anche inserti hard, che venigono aggiunti o tolti a seconda della distribuzione, girati, oltre che dalla Ramirez, da Mark Shanon e Annj Goren.
"Papaya dei Caraibi" è il primo di essi, e presenta tutte le caratteristiche delle pellicole successive, anche se non presenta scene hard: l'ambientazione esotica, l'erotismo misto all'horror e una particolare attenzione per i riti vudù tipici dei luoghi. 
Anche la storia verrà ripresa negli altri film. 

Joe DAmato6Dopo l'uscita di “Papaya”, il produttore Franco Gastaldi commissiona a D'Amato altri quattro film erotici-hard da girare sempre a Santo Domingo ma il regista romano farà ben di più girando uno dietro l'altro: "Sesso nero", considerato il primo vero porno italiano (girato nel 1978 ma uscito nel 1980), "Orgasmo nero", "Le notti erotiche dei morti viventi", un horror-porno considerato il suo film più curioso e delirante (si segnala, tra l'altro, per una nota scena di evirazione a morsi...), "Porno Holocaust", altra commistione tra horror e porno, "Hard Sensation", un thriller porno, "Porno Esotic Love", riedizione in chiave hard di "Eva nera", diretto dal regista nel 1976 e "Paradiso Blu", interpretato dalla figlia di Ingmar Bergman, la stratopissima Anna Bergman, che firma anche la regia per motivi economici (in questo, purtroppo, inserti hard nisba...). 
Ci perdonino gli amanti del sesso senza censure ma il genere in cui per noi D'Amato si è veramente distinto (seppure in poche pellicole) è l'horror, in cui ci regalerà alcune scene memorabili che non lasciano veramente spazio all'immaginazione. 
"Antropophagus" è un cannibal movie metropolitano, con un paio di sequenze insostenibili: un feto divorato, strappato a una debuttante - e debordante - Serena Grandi, che viene scambiato all'epoca per una scena snuff (in realtà trattasi di coniglio spellato), e il protagonista che alla fine si autodivora. 
Diventerà un cult per gli amanti del genere, tanto da vantare un remake, girato dal regista tedesco Andreas Schnaas, con il titolo "Antropophagus 2000".
"Buio Omega", uno dei più controversi horror italiani, censurato in buona parte del mondo, mostra un cuore addentato, e "Rosso sangue", è noto soprattutto per la scena della babysitter infilata in un forno e lasciata cuocere. 
Pur avendo trame farraginose e spesso sconclusionate, gli horror di D'Amato sono divenuti film di culto per le loro scene estreme e scioccanti. 
Nella categoria horror può essere annoverato anche "Caligola - La storia mai raccontata", versione hard della storia del noto imperatore romano, sulla falsariga di "Io, Caligola", la pellicola/scandalo di Tino Brass. 
La versione di Joe è veramente uno dei vertici del cinema estremo italiano e solo recentemente è stata rieditata in versione uncut.
Nel 1988 produce e collabora alla regia di “Killing Birds”, un tremendo horror diretto da Claudio Lattanzi con lo pseudonimo Claude Milliken, conosciuto anche come “Zombie 5”.
L’anno successivo, il nostro dirige “Sangue negli abissi”, sequel apocrifo de “Lo Squalo”, sotto lo pseudonimo di Raf Donato.
Considerato un vero cult movie per quanto è brutto, il film viene girato in soli 10 giorni nelle coste della Florida, iincorporando materiale di repertorio della National Geographic. 
Di piante mutanti e omicide (?) si parla nel modestissimo “Contamination .7” (1990), diretto sotto lo pseudonimo David Hills insieme Martin Newlin (alias Fabrizio Laurenti).
Nonostante sia noto anche con i titoli “Troll 3” e “Troll III: Contamination Point 7”, il film non ha niente a che fare con la commedia horror “Troll 2” né col film horror “Troll”; in Italia viene distribuito anche con il titolo “Radici assassine”.
Il regista tornerà al genere horror puro solo alla fine della sua carriera, con "Frankenstein 2000 - Ritorno dalla morte", girato nel 1992, che però non riuscirà a trovare una distribuzione. 
D'Amato dirige anche dei film di genere fantasy durante gli anni Ottanta: l'atroce trilogia di Ator, ispirata a "Conan il barbaro", e composta da: "Ator l'invincibile" (1982), "Ator 2 - L'invincibile Orion" (1984) e "Quest for the Mighty Sword" (1990), tutti entrati di diritto nelle classifiche dei film più brutti di sempre.
Si da da fare anche col western-fantasy post-apocalittico stile “Interceptor”, firmando i pessimi "Anno 2020 - I gladiatori del futuro" ed "Endgame - Bronx lotta finale", quest’ultimo chiara filiazione di "1997, Fuga da New York". 
Per tornare invece alla sua produzione a luci rosse, bisogna ricordare che il rapporto tra Joe D'Amato e il cinema pornografico era iniziato molto prima che questo genere fosse del tutto legale nel nostro Paese, con gli inserti hardcore realizzati appositamente per il mercato estero, in pellicole soft come "Emanuelle in America" ed "Emanuelle - Perché violenza alle donne?"; sequenze naturalmente escluse per il circuito delle sale tradizionali e di cui una versione DVD integrale verrà edita solo nel 2004.
Anzi, sarà proprio il suo nunsploitation, “Immagini di un convento” (1979), il primo film a luci rosse italiano ad uscire nel circuito delle sale: l'opera si segnala per le generose grazie della splendida Paola Senatore (che però non si era data ancora al sesso esplicito sul set e non lo farà neanche qui) e perché segna il debutto hard “ufficiale” di Marina Frajese. 
Ma la svolta definitiva di D'Amato con l'hardcore, il genere che gli procurerà la maggior fortuna, risale al 1993, con cinque pellicole note tra gli appassionati: "Rosa", "Il labirinto dei sensi", "Chinese Kamasutra", "The Erotic Adventures of Aladdin X" e "I racconti della camera rossa".
L'offerta di attori, di attrezzature e maestranze a basso costo nei paesi ex cortina di ferro, come gli storici studi ungheresi della Budafilm, gli consente l'opportunità di realizzare una ricca produzione di eccellente qualità, per lo meno dal punto di vista estetico e formale. 
D'Amato si diletta nella cura della trama, della fotografia e del costume, avvalendosi di filmati di repertorio per contestualizzare la scena, rivisitando in chiave hard vari generi ed epoche: tra i titoli più curiosi sono degni di nota "Il marchese De Sade", "Marco Polo - La storia mai raccontata", "Le intoccabili", “Tharzan” e "Robin Hood - La leggenda sexy". 
Sulla scia delle rivisitazioni in chiave moderna dei classici, allora in voga, come il teatro shakespeariano di Kenneth Branagh, D'Amato firma una pellicola sul canovaccio del "Macbeth", con tanto di militari in kilt ed uniforme ungherese. 

Joe DAmato40Gli hard di D'Amato saranno interpretati dalle più note star del genere, come Rocco Siffredi, Selen, Éva Henger, Erika Bella, Francesco Malcom...
Naturalmente bisogna amare il genere per apprezzare appieno tali "sfumature" ma è indubbio che le produzioni di D'Amato, rispetto alla “media” del genere, sono diverse spanne avanti.
Nel 1997 D'Amato gira un ultimo colpo di coda di cinema “normale”, il thriller erotico "La iena", quindi se ne torna al porno; il suo ultimo film si intitola "Showgirl" ed è facile immaginare di che tipo di “show” è protagonista la “girl”.
Sofferente da tempo di diabete, il Maestro muore il 23 gennaio del 1999, a causa di un attacco di cuore. 
Un altro dei grandi artigiani del cinema ci ha così lasciato: nel bene e nel male (soprattutto nel male) il suo vuoto resta incolmabile…
Onore a Joe D'Amato!

"Quello che noi abbiamo sempre cercato di fare è stato dare al pubblico quello che il pubblico voleva. Con passione ed entusiasmo. E senza un filo d'ipocrisia"
Joe D'Amato

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