Se per voi gennaio è un mese troppo freddo, ecco a voi l'ineffabile JIM JARMUSCH, a riscaldare (?) le vostre gelide giornate invernali.
È incredibile quanto gennaio ci regali un'impressionante sequela di registi di livello eccelso: sarà mica che le temperature polari acutizzano la voglia di fare cinema?
Ma ora non vi preoccupate, cari amici dei Mutzhi Mambo, non ci stiamo convertendo ai film d'autore, intellettualoidi e impegnati...
È che Jim Jarmusch è un genio!
Jim Jarmusch è uno dei rari filmaker che è riuscito a rendere giustizia e a rendere interessanti quell'umanità e quei luoghi marginali e periferici che di solito vengono snobbati dal cinema mainstream, senza però scivolare nella retorica o nel pietismo, anzi aggiungendo via via un particolare humour e un gusto nel raccontare, che ricorda una certa narrativa americana sospesa tra l'ironia e la citazione Pulp.
Ha fatto dei film fantastici, assolutamente geniali, che solo lui poteva girare, raccontando storie il più delle volte minimali e spesso con una logica contorta e autoreferenziale che nessun'altro avrebbe mai avuto il coraggio di filmare, a meno di non voler fare roba pallosa e pretenziosa (e ce n'è, oh se c'è n'è, purtroppo...).
Ma anche nel minimale, nel quotidiano, è riuscito sempre a cogliere il lato folle, epico, straniante, poetico.
Interessante, sempre e comunque.
Oddio, ogni tanto anche il nostro Jim proprio divertente non è, ma è talmente bravo, sorprendente e profondo che gli si perdona pure qualche sbadiglio...
È talmente trasversale (anzi, universale!), ha fatto lavori così diversi e originali (dal western al noir, dall’horror alla commedia, dal documentario al sentimentale), seppur legati da una coerenza di fondo invidiabile, che fa la sua porca figura ovunque lo si metta: in un Almanacco Pulp come il Vostro quanto in una seriosa rivista di cinema sperimentale...
Non è mai fuori luogo!
Nessuno come lui è riuscito a lasciare un segno così incisivo nella storia del cinema, senza mai esagerare, senza mai perdere il senso della misura, pur presentando storie deliranti o apparentemente inconsistenti, pur osando linguaggi inediti ma sempre personali, sempre riconoscibili come suoi e solo suoi.
Un film di Jarmusch lo becchi subito che è un film di Jarmusch!
Pochi sono i veri geni del cinema e Jarmusch senza dubbio è uno di questi.
James Roberto Jarmusch nasce ad Akron, in Ohio, il 22 gennaio del 1953, figlio di una regista teatrale e di un imprenditore.
La madre lo introduce al mondo del cinema, lasciandolo solo in una sala locale a guardare le caratteristiche doppie proiezioni dei matinée (roba di classe tipo "L'assalto dei granchi giganti" e "Il mostro della laguna nera") mentre lei se ne va a fare commissioni.
Il primo film per adulti che gli rimane impresso è il cult "Thunder Road" (1958), un cupo crime con Robert Mitchum, la cui violenza lascia il segno sul piccolo Jim.
Un'altra influenza decisiva nella sua infanzia è "Ghoulardi", un eccentrico programma televisivo di Cleveland che presenta film horror.
Nonostante il suo entusiasmo per il cinema, Jarmusch è anche un avido lettore: anche se si rifiuta di andare in chiesa con i suoi genitori episcopaliani, Jarmusch divora letteratura, compresa quella biblica, con cui plasma le sue convinzioni metafisiche, portandolo a riconsiderare la teologia negli anni dell'adolescenza.
Da suoi compagni prende però il gusto per la controcultura, e lui e i suoi amici si divertono a fregare i dischi e i libri dei loro fratelli più grandi (tra gli altri, opere di autori come William Burroughs e Jack Kerouac, album di gruppi come The Mothers of Invention...).
Si fanno anche documenti d'identità falsi per frequentare i locali tosti nel fine settimana e per andare al cinema "d'essai" locale, che in genere proietta dei porno con la scusa dei film “artistici” ma ogni tanto pure roba “artistica” davvero, come "Chelsea Girls" di Andy Warhol.
Fino a diciassette anni Jarmusch vive ad Akron dopodiché si trasferisce a Chicago per studiare giornalismo alla School of Journalism della Northwestern University.
Trascorre nella città dell'Illinois solo un anno, poi raggiunge New York per frequentare la facoltà di letteratura presso la Columbia University.
In questi anni scrive diversi testi in prosa e in poesia, alcuni dei quali vengono pubblicati sul "Columbia Review", magazine della Columbia University.
Nel 1973 Jarmusch si trasferisce nove mesi a Parigi per una ricerca su André Breton e il surrealismo: le teorie alla base della corrente artistica francese influenzeranno profondamente la futura poetica cinematografica del regista.
A Parigi, inoltre, l'autore scopre il forte interesse per il cinema e frequenta assiduamente la cinemathèque.
Una volta tornato a New York, Jim si laurea alla Columbia University in letteratura, e lo stesso anno si iscrive alla Graduate Film School della New York University e inizia a frequentare il CBGB'S, lo storico locale culla del movimento punk.
Esordisce nello spettacolo lavorando come assistente alla produzione per il suo maestro Nicholas Ray in "Lampi sull'acqua" (1980); e chiaramente debitrice di quell'estetica è la sua prima opera cinematografica, "Permanent Vacation" (1980), mediometraggio realizzato come tesi di laurea.
Nel 1984 Jarmusch partorisce il suo secondo film, "Stranger than Paradise", grazie al quale riscuote un notevole successo al Festival di Cannes dello stesso anno, vincendo la “Caméra d'or” per il miglior film d'esordio e il “Pardo d'oro” al Festival di Locarno.
La pellicola, contrappuntata dalla meravigliosa "I Put a Spell on You" di Screamin' Jay Hawkins, narra le (dis)avventure di ex profugo ungherese perfettamente integrato in un'America piuttosto squallida, che non ha davvero nulla del tanto vantato Sogno Americano, al quale l’arrivo si una misteriosa cugina scombussola la vita.
Realizzato senza montaggio e come mediometraggio “gonfiato” poi per diventare un film, presenta già tutte le caratteristiche del maturo cinema del nostro, anche se la confezione rimane alla fine troppo sperimentale (per i nostri gusti) e un po’ insipida.
Nel 1985 il nostro conosce Roberto Benigni al festival cinematografico di Salsomaggiore, dove sono entrambi membri della giuria.
Da quel momento tra i due artisti nasce una forte amicizia e Benigni, l'anno seguente, trascorre tre mesi negli Stati Uniti per recitare accanto a Tom Waits e John Lurie nell'indimenticabile "Daunbailò", la stralunatissima avventura di tre evasi in fuga fra le paludi della Louisiana.
Capovolavoro surreale contraddistinto da una fotografia in bianco e nero meravigliosa, il film va visto per forza, pena la scomunica da questa pagina.
Nel 1989 Jarmusch realizza un altro capolavoro assoluto: "Mystery Train - Martedì notte a Memphis", con, tra gli altri, Joe Strummer, Screamin’ Jay Hawkins, Nicoletta Braschi e Steve Buscemi, film in cui tre storie si intrecciano in una Memphis alienante e anonima.
Una coppia di giapponesi in pellegrinaggio nei luoghi mitici del rock; una ragazza italiana che vede il fantasma di Elvis durante la notte; un trio di balordi ubriaconi che si mette nei guai con una rapina a mano armata; il tutto collegato e intrecciato tramite una sceneggiatura di ferro.
La particolarissima struttura narrativa ad incastri e specialmente l’episodio dei balordi, quello con Joe Strummer, darà il “la” a tutto il neo-Pulp a venire: guardatelo e diteci a chi si è ispirato “davvero” Tarantino per il suo “Pulp Fiction”...
Del 1991 è "Tassisti di Notte", forse il suo film meno riuscito.
Suddiviso in cinque capitoli, rappresenta in maniera ironica particolari dinamiche relazionali all'interno di cinque taxi in diverse città del mondo: Los Angeles, New York, Parigi, Roma (in cui compare ancora Roberto Benigni) ed Helsinki.
Dopo quattro anni di pausa, Jarmusch realizza un altro capolavoro, il visionario western psichedelico "Dead Man" (1995), girato in un maestoso bianco e nero, con Johnny Deep inconsapevole reincarnazione del poeta William Blake, che vaga in una frontiera onirica, in cui fanno capolino personaggi assurdi e spaventosi, fra cui un luciferino Robert Mitchum e Iggy Pop (nella parte di una vecchia cannibale!).
Particolarmente bella la colonna sonora ipnotica di Neil Young.
Altri quattro anni ed esce un ennesimo capolavoro, l'ironico e filosofico noir "Ghost Dog" (1999), ispirato sia all' "Hagakure" (la raccolta di aforismi dei samurai), sia a "Le Samouraï" (in italiano "Frank Costello faccia d'angelo" - 1967, di Jean-Pierre Melville), con un grandissimo Forest Wittaker nella parte di un killer letale quanto disadattato.
Nel 1997 Jarmusch realizza "Year of the Horse", documentario riguardante il tour di Neil Young con i Crazy Horse, inaugurando la moda dei registi "seri" che immortalano delle rockstar dal vivo (lo seguranno, ad esempio, Scorsese coi Rolling Stones e David Lynch coi Duran Duran).
Nel 2003 esce il delizioso "Coffee and Cigarettes", un'opera costituita da undici cortometraggi realizzati a partire dal 1986, in cui i personaggi bevono caffè e fumano sigarette seduti a un tavolino, discorrendo su argomenti molto diversi tra loro.
I dialoghi e le situazioni che di volta in volta si succedono sono accomunati da una particolare vena surreale, caratteristica della poetica cinematografica di Jarmusch.
In questo film recitano molti amici del regista: Roberto Benigni, Tom Waits, Iggy Pop, Steven Wright, Steve Buscemi, Alfred Molina, Bill Murray, RZA e GZA dei Wu-Tang Clan, Taylor Mead e William Rice.
E un film particolare, che va davvero gustato come un caffè al tavolino, con calma: sicuramente il dialogo fra Iggy Pop e Tom Waits vale da solo la visione della pellicola.
Nel 2005 Jarmusch presenta l'amaro "Broken Flowers", grazie al quale riceve il Grand Prix Speciale della Giuria a Cannes.
In questo film il protagonista, inetto e depresso, interpretato da Bill Murray, vaga da un luogo all'altro dell'America settentrionale senza una particolare guida che illumini la sua esistenza, mosso unicamente dal pretesto di trovare il proprio figlio.
Occhio che un po’ si ride pure, ma se siete di lacrima facile, sarà dura trattenersi…
Il successivo "The Limits of Control" è un film del 2009 di ispirazione noir, che non ha avuto alcun successo e scarsa distribuzione, nonostante il cast stellare (Tilda Swinton, Gael Garcìa Bernal, John Hurt, Bill Murray, Luis Tosar).
Chiaramente è un noir in salsa “Jarmush”, assolutamente spiazzante e dai ritmi piuttosto lenti, e chiaramente lo consigliamo...
Nel 2013 torna al cinema con il lungometraggio, "Solo gli amanti sopravvivono", una visionaria storia di vampiri interpretati da Tilda Swinton e Tom Hiddleston.
Anche qui gli stereotipi (questa volta horror) vengono sovvertiti in favore di una profonda riflessione sui sentimenti.
A nostro avviso un filino snob e un po’ sofisticato, ma comunque da vedere, se si ha voga di riflettere su temi come il senso dell'arte e dell'amore.
Nel 2016 escono "Paterson", una suggestiva (e un po' pallosa, scusate il termine) storia ultra-minimale di un conducente di autobus appassionato di poesia, e il bellissimo documentario "Gimme Danger", sulla parabola artistica degli Stooges.
Come attore si possono ricordare le sue parti in "Diritti all'inferno" (1987), di Alex Cox, "Leningrad Cowboys Go America" (1989), di Aki Kaurismäki, “In the Soup (Un mare di guai)” (1992), di Alexandre Rockwell, “Blue in the Face” (1995), di Paul Auster e Wayne Wang, “Lama tagliente” (1996), di Billy Bob Thornton.
Inoltre Jarmusch è da sempre stato appassionato di musica, soprattutto del genere new wave: già negli anni '80 suonava come tastierista e cantante nei The Del-Byzanteens, una band new wave di New York, che incise nel 1982 un solo album "Lies To Live By".
Nel 2005 collabora a tre interludi nella compilation di "Dreddy Kruger Presents... Think Differently Music: Wu-Tang Meets The Indie Culture" e nella compilation “Meets The Indie Culture", nei quali partecipa come voce narrante.
Poi si cimenta pure con la chitarra elettrica, e nel 2009 mette in piedi una band insieme a Shane Stoneback (organo e carillon) e Carter Logan (batteria, percussioni), già collaboratori del Jarmusch regista.
I tre cercavano la giusta colonna sonora per il film "The Limits of Control" e, non riuscendo a trovare le musiche adatte al film decideranno di comporle loro stessi: così nascono i Bad Rabbit, che in seguito cambieranno nome in Sqürl.
Ciascun membro degli Sqürl è un polistrumentista e nel 2010 pubblicano un primo EP dal titolo “EP#1”.
Nel 2011 Jarmusch appare in un album del liutista olandese Jozef van Wissem nel brano "Concerning the Beautiful Human Form After Death" presente nel disco "The Joy That Never Ends", in cui suona la chitarra elettrica.
Dopo questa partecipazione, i due artisti cominceranno a collaborare insieme in svariati progetti musicali.
Primo fra questi l'album "Concerning The Entrance Into Eternity" (2012), un disco intero con brani interamente strumentali, e, nello stesso anno, registrano ancora un altro disco a quattro mani, dal titolo "The Mystery Of Heaven".
Mentre in "Apokastasis" (2012) sempre di Van Wissem, Jim partecipa con chitarra elettrica, chitarra acustica, tape e tape-loops a quattro brani del disco.
Nel febbraio 2015 Jim Jarmusch e Carter Logan (entrambi degli Sqürl), in un versione duo, si esibiscono a New York per musicare dal vivo le immagini di quattro film muti dell'artista surrealista Man Ray in occasione del festival "Silent films, live scores 2015”.
A noi non resta che augurare al grande Jarmusch di mantenere sempre questa vena e questa freschezza, perché delle sue opere non saremmo mai sazi…mai!
Ce ne vogliono, in questo arido mondo, di artisti come Jarmusch!
Tanti auguri, Jim!
"Quando si è presa la decisione di uccidere una persona, anche se sarà assai difficile riuscirvi seguendo un percorso rettilineo, indugiare in lunghi accerchiamenti non avrà nessun'efficacia. La regola del samurai impone l'immediatezza, dunque è meglio attaccare frontalmente."
Hagakure, dal film Ghost Dog - Il Codice dei Samurai