Stavolta vi mettiamo alla prova, cari amici dei Mutzhi Mambo.
Diciamo che se riconoscete il personaggio odierno, siete dei provetti Pulpisti, degni di un attestato di esperti nerd del cazzo!
Confessiamo che anche noi abbiamo dovuto scavare parecchio per scovare questa perla del Sol Levante, l’immagnifico KINJI FUKASAKU, maestro nipponico del cinema violento!
Anche perché, in Italia, si trova poco nulla della sua produzione (anche il suo più grande successo, “Batte Royale”, nel nostro paese è stato censurato e mai distribuito).
Quindi, a meno che non vi accontentiate di versioni inglesi o (per i più coraggiosi) in lingua originale a prezzi folli, o siate esperti scariconi dalla rete (come dei bravi nerd del cazzo, appunto…), difficilmente riuscirete a beccare qualcuno dei suoi lavori.
Ed è un vero peccato, perché i suoi film sono veramente una bomba!
Grande innovatore del genere Yakuza Movie (il sottogenere giapponese del Crime), estremamente abile nel mettere in scena la violenza più estrema ed efferata, Kinji Fukasaku ha, fra i suoi maggiori discepoli ed estimatori, John Woo e il solito Tarantino che lo ha omaggiato a più riprese e gli ha dedicato la versione nipponica di “Kill Bill” (per inciso, il personaggio della killer vestita da liceale interpretato da Chiaki Kuriyama, lo ha ripreso di pacca da un suo film, attrice compresa).
Nella sua carriera, Kinji si è distinto anche in pregevoli film di Samurai e in un paio di cult di fantascienza ed è famoso per il suo peculiare e innovativo utilizzo della “shaky camera”, la tecnica di ripresa in cui sembra che la telecamera sia portata a mano e che imita lo stile documentaristico, da lui adottata fin dai primi anni ’70 (e che ora, con tutti ‘sti mokumentary horror o pseudo tali, ci avrebbe pure rotto un po’ i coglioni…).
A ben vedere, guardando l'evoluzione della filmografia del Maestro, possiamo leggere in filigrana l'abbrutimento della cultura giapponese tout court: infatti, se i suoi film anni '60, pur trattando di mafiosi, sono tutto sommato "leggeri", man mano nel tempo si sono fatti sempre più estremi e violenti, fino all'apice di "Battle Royale", riproponendo l'andamento generale dell'estetica nipponica (anche se, val la pena ricordarlo, il Giappone è il paese in cui vengono commessi in percentuale, meno crimini al mondo!).
Kinji Fukasaku nasce il 3 luglio del 1930 a Mito, nella prefettura di Ibaraki, il più giovane di cinque fratelli.
Quando ha 15 anni, durante la seconda guerra mondiale, la classe di Fukasaku viene cooptata dallo sforzo bellico e Kinji mandato a lavorare come operaio in una fabbrica di munizioni.
Nel luglio del 1945, insieme ai suoi compagni, rimane bloccato sotto il fuoco dell'artiglieria. Poiché i ragazzi non possono fuggire, si devono riparare sotto i cadaveri per sopravvivere.
A guerra finita, il giovane Kinji passa tutto il suo tempo libero a guardare film stranieri (e te credo..).
Studia cinema alla Nihon University, nel primo dipartimento cinematografico del paese, prima di passare al dipartimento di letteratura per specializzarsi nella sceneggiatura durante il suo primo anno.
Dopo essersi laureato nel 1953, Fukasaku diviene aiuto regista per la casa di produzione Toei nel giugno del 1954, e lavora con gente persone come Masahiro Makino e Yasushi Sasaki.
Debutta alla regia nel 1961 col doppio film “Wandering Detective: Tragedy in Red Valley” e “Wandering Detective: Black Wind in the Harbour”, con protagonista il mitico Sonny Chiba, star del cinema action dagli occhi a mandorla.
Il primo lungometraggio di Kinji, è lo Yakuza movie “I Gangsters non muoiono nel loro letto”, uscito sempre lo stesso anno.
L’anno successivo è la volta di “The Proud Challenge”. con Kōji Tsuruta.
Centra il suo primo successo nel 1964 con Ken Takakura protagonista di “Jakoman and Tetsu”.
Dal 1966 al 1971, gira diversi film Yakuza ancora classici per la Toei, di solito con Tsuruta come interprete principale, come “Kaisanshiki” (1967), “Bakuto Kaisanshiki” (1968) e “Nihon Boryokudan: Kumicho” (1969).
Grazie a un contratto che non prevede l’esclusiva, dirige anche il delirante “Black Lizard”, basato sull'adattamento teatrale di Yukio Mishima del romanzo di Edogawa Rampo, e “Black Rose Mansion for Shochiku”, entrambi intrerpretatu dall'attore travestito Akihiro Miwa.
Del 1968 è il cultissimo “Il Fango Verde”, una coproduzione USA-Giappone di fantascienza.
Nel 1970, Fukasaku viene reclutato per dirigere la parte che descrive l’ottica giapponese sul bombardamento di Pearl Harbour, in un’altra coproduzione nippo-americana, “Tora! Tora! Tora!”, dopo che Akira Kurosawa aveva abbandonato il progetto.
Il film viene acclamato dalla critica, e la parte diretta da Kinji è considerata la più interessante.
Quell'anno vede anche l'uscita di “Street Mobster” con Bunta Sugawara, che spinge il produttore Toei Koji Shundo ad affidare a Fukasaku un film di yakuza rivoluzionario, “Lotta senza Codice d’Onore”, che esce nel 1973.
Fino a questo momento, molti yakuza movie erano di solito racconti cavallereschi ambientati nel periodo prebellico, ma il film ultra-violento e documentaristico di Fukasaku si svolge nella caotica Hiroshima del dopoguerra, raccontando con estremo realismo l’ascesa di una famiglia mafiosa.
Pur ispirato al “Padrino”, non ha nulla della retorica celebrativa o del romanticismo del film di Coppola.
Un successo commerciale e di critica, che da il via a sette sequel di Fukasaku e tre film basati sulla serie ma diretti da altri.
Dopo aver diretto molti altri film di yakuza, come “La Tomba dell’Onore” (1975), “Cops vs. Thugs” (1975), “Yakuza Graveyard” (1976) e “Hokuriku Proxy War” (1977), Fukasaku molla definitivamente il genere.
Si concentra poi sulle epopee storiche; “Shogun's Samurai” (1978), “The Fall of Ako Castle” (1978), “Samurai Reincarnation” (1981).
Nello stesso periodo tenta anche la via della Sci-Fi con “Message from Space” (1978) e “Ultimo rifugio: Antartide” (1980).
Quest’ultimo film è la produzione più costosa mai osata in Giappone all'epoca, con un cast internazionale di tutto rispetto (Glenn Ford, Robert Vaughn, Henry Silva, Sonny Chiba…) ma si rivela un tremendo flop finanziario.
In effetti è una bella palla!
Si riscatta due anni dopo con l'acclamata commedia “Fall Guy”, vincendo sia il Japan Academy Prize per Picture of the Year sia il Kinema Junpo Award come miglior film dell'anno.
Fukasaku viene scelto per dirigere “Violent Cop” nel 1989, ma dei contrasti con la produzione lo spinsgono a ritirarsi e gli subentra Takeshi Kitano nel suo primo ruolo di regista (e al suo primo capolavoro).
Gli ultimi anni, Fukasaku si butta nel nel mondo dei videogames realizzando, come regista, il gioco survival horror “Capcom / Sunsoft Clock Tower 3”.
Nel 2000 esce il controverso “Battle Royale”, una specie di distopia che narra di un gruppo di adolescenti in un futuro prossimo venturo, costretto a scannarsi a vicenda.
L’idea alla base del film (una sorta di reality-show votato al massacro), ispirerà poi la saga blockbuster “Hunger Games” e altri prodotti simili.
Con protagonista un grande Takeshi Kitano mai così cattivo, la pellicola è violentissima, tanto da essere bandita da diversi paesi (tra cui l’Italia) ma riceve lodi dalla critica e diventa uno dei maggiori incassi in assoluto del cinema nipponico.
Fukasaku, nel settembre del 2002, annuncia di avere un cancro alla prostata. Alla fine di dicembre dello stesso anno, poco dopo l'inizio delle riprese di “Battle Royale II: Requiem”, viene ricoverato in ospedale quando le sue condizioni peggiorano.
Muore in un ospedale di Tokyo il 12 gennaio 2003, all'età di 72 anni.
Avendo diretto solo una scena, il sequel di “Battle Royale” viene completato da suo figlio, Kenta, anch’egli regista.
Speriamo che in Italia qualcuno sappia colmare le lacune pubblicando i lavori di questo maestro della settima arte e che questa breve Bio vi faccia venire voglia di cercarvi qualche film di Fukasaku: ne varrà la pena.
Garantito dai Mutzhi Mambo!
Onore a Kinji Fukasaku!
Siccome oggi è pure il compleanno (12 gennaio 1876) di quello sbronzone di JACK LONDON, la citazione è sua di diritto:
“E ora sono qui, nel braccio degli assassini del carcere di Folsom, che attendo, le mani rosse di sangue, il giorno fissato dalla macchina dello Stato, quando i suoi servitori mi porteranno in quella che chiamano tenebra, quella tenebra di cui hanno paura e da cui attingono immagini di superstizione e terrore, la stessa tenebra che li spinge, fra tremiti e lamenti, davanti agli altari delle divinità antropomorfe, generate dal medesimo orrore.”
Jack London – Il Vagabondo delle Stelle