Lo sappiamo che siete sempre appiccicati allo schermo del vostro cazzo di cellulare ma almeno per l’anno nuovo fate il proposito di leggere qualcos’altro, a parte i post delle/dei vostre/i miserabili ex, gli squallidi appelli per adottare micetti e cagnolini “carrrini” ma sfigati o le solite battutacce banali (discorso a parte, naturalmente, merita la lettura di questo Vostro Almanacco che vi invitiamo a proseguire, sicuri che vi darà conforto e speranza in un futuro migliore...).
Apriamo invece il nuovo anno con un gran bel tuffo nella migliore letteratura Pulp di sempre, cari amici dei Mutzhi Mambo, col sarcastico CHARLES WILLEFORD, uno degli autori di crime novel più ganzi in assoluto!
Charles Willeford, insieme a Jim Thompson e David Goodis, è stato uno dei responsabili della “riforma” anni ‘50 dei generi crime e noir, dell’aver portato l’hard-boiled in una nuova fase, centrata più sui protagonisti criminali piuttosto che sugli investigatori privati, enfatizzando quelle caratteristiche del genere che sembravano più grottesche o crudeli o inquietanti.
Scrittore dalla vita sbandata e balorda, degna dei suoi personaggi di finzione, Willeford ha creato un mondo in cui il cannibalismo predatore del capitalismo americano fornisce il modello per tutte le relazioni umane, in cui l'etica del successo mette all’angolo tutti coloro che non sono in grado o non vogliono competere.
La “sua” Miami non è più la città soleggiata amata dai pensionati, ma una metropoli putrescente e corrotta, sfiancata dalla criminalità collegata all’immigrazione e alla speculazione edilizia.
Gli sfondi delle sue storie sono dipartimenti di polizia unti e fumosi, centri commerciali attraversati da casalinghe malate di consumismo, residence affollati di immigrati ispanici con stuoli di figli, spiagge sporche di lattine e battute dai venti dell’oceano.
Una Miami umida e selvaggia in cui si parla solo di cibo e di sesso, e ogni uomo, a dover scegliere tra la macchina e la moglie, non esisterebbe a mollare la seconda.
Willeford usava entrambi, delinquenti e investigatori, come ironici spettatori e improbabili commentatori delle ingiustizie di classe e di un sistema che sembra preoccupato di possedere e controllare le vite umane.
Il nostro ha scritto libri bizzarri su personaggi bizzarri, e sembra averlo fatto nel totale disprezzo di quello che avrebbero potuto pensare gli altri.
Non si focalizzava mai veramente sulla trama; i suoi romanzi non vengono guidati dalla vicenda in sé stessa, il che li rende molto diversi dalla classica narrativa poliziesca. Le sue trame sono guidate e incentrate sui personaggi in un modo molto eccentrico, veramente unico.
Si rimane impressionati dalla totale mancanza di sentimentalismo e melodramma, dal suo radicale disincanto, cosa che lo distingue dal branco dei cosiddetti scrittori "duri": la prosa di Willeford è piatta e uniformemente cadenzata, emotivamente neutrale.
Tuttavia il vero segno distintivo dei suoi libri era l'umorismo: un umorismo tipicamente grossolano, a volte volgare, spesso sarcastico.
Ma non pensiate che fosse un rozzo: pur avendo seguito un’istruzione formale solo relativamente tardi, ascoltava Bartók mentre leggeva a voce alta T. S. Eliot e, come hobby, riscriveva Ulisse nel volgare contemporaneo americano.
Era anche pittore e critico d’arte e letteratura e spesso, nelle sue opere, descriveva con acutezza quanto l'innata comprensione umana della bellezza artistica venisse crudelmente distorta dalle esigenze della cultura di massa.
I libri di Willeford offrono anche molti consigli pratici: leggendoli, si può imparare benissimo come friggere una bistecca correttamente, come riutilizzare i fondi di caffè e come tenere le formiche fuori da un cassettone...
Il fatto è che Willeford non ha mai trovato l'umorismo e la violenza mutuamente esclusivi e questa giustapposizione apparentemente innaturale è stata una delle maggiori fonti di ispirazione per Quentin Tarantino: interrogato sul suo “Pulp Fiction”, il regista ha rimarcato quanto il film non fosse un noir. “Io non faccio neo-noir. Vedo Pulp Fiction più vicino alla moderna narrativa poliziesca, soprattutto a Charles Willeford”.
Quindi, visto che ha pure il benestare del nostro “padre putativo”, ci sembra proprio l’ora di rispolverare i suoi romanzi, magari partendo da quelli della magnifica quadrilogia di Miami, incentrata sul detective Hoke Moseley, con i quali Willeford ha raggiunto l’apice di stile e contenuti.
Charles Ray Willeford III nasce a Little Rock, in Arkansas, il 2 gennaio del 1919.
Nel 1922, in seguito alla morte di suo padre per tubercolosi, Willeford e sua madre si trasferiscono nella zona di Los Angeles.
Dopo la morte di sua madre nel 1927, anch'essa per tubercolosi, vive con sua nonna Mattie fino al 1932.
A soli tredici anni, nel bel mezzo della Grande Depressione, sale su un treno merci a Los Angeles, assume una falsa identità e, facendosi passare per un diciassettenne, viaggia in treno come un hobo lungo il confine messicano per un anno.
La sua vita randagia di questi anni tremendi verrà raccontata nella sua autobiografia “I Was Looking for a Street”, uscita nel 1988.
Sempre mentendo sulla sua vera età, nel marzo del 1935 si iscrive alla Guardia Nazionale della California; pochi mesi dopo, si arruola nell'esercito degli Stati Uniti.
Trascorre due anni nelle Filippine, prestando servizio come autista di camion dei pompieri, autista di camion per il trasporto carburante e brevemente come cuoco.
Alla fine del 1938, viene dimesso dall'esercito ma si arruola di nuovo nel marzo del 1939, entrando a far parte della cavalleria statunitense di stanza al Presidio di Monterey, in California.
In questo reparto impara a cavalcare e a prendersi cura dei cavalli e trascorre diversi mesi a imparare l'arte di ferrare gli zoccoli.
Presta anche servizio in una truppa di mitraglieri e consegue la qualifica di tiratore scelto.
Nel 1942 sposa Lara Bell Fridley prima di essere assegnato di stanza a Fort Benning, in Georgia, per la scuola di fanteria.
Viene trasferito alla Terza Armata e inviato in Europa come comandante di carri armati.
Combatte nella Battaglia del Bulge e guadagna la Stella d'Argento, la Stella di Bronzo per il coraggio eccezionale, il Cuore Viola con un gruppo di foglie di quercia e la Croce di Guerra del Lussemburgo.
Dopo la fine della guerra, studia in Francia, alla Biarritz American University, fino a quando non viene rispedito negli Stati Uniti.
Willeford si arruola nuovamente nel 1945, per un periodo di tre anni.
Come membro della 24ª divisione di fanteria, è di stanza a Kyūshū, in Giappone, dal 1947 al 1949: gestisce la stazione radio dell'esercito e viene promosso sergente-capo.
Il suo primo libro di poesie, “Proletarian Laughter”, viene pubblicato nel 1948: Willeford si considera infatti un poeta e continuerà a scrivere poesie per tutta la vita.
La sua carriera di scrittore di romanzi Pulp la considererà sempre come un modo per vendere il suo lavoro.
Nel maggio 1949, lui e sua moglie divorziano.
Nel luglio dello stesso anno, lascia l'esercito, lasciando come recapito solo un indirizzo postale generico a Dallas, in Texas.
Si iscrive all’Universitarias de Belles Artes a Lima, in Perù, studiando pittura e storia dell'arte come corso di laurea.
Viene sbattuto fuori dall'università quando i funzionari scoprono che non ha né una laurea né un diploma di scuola superiore.
Vive a New York City per un mese alla fine del 1949, prima di arruolarsi di nuovo, questa volta in aeronautica.
Si sposa con Mary Jo Norton nel luglio del 1952 e vive per un po’ a Birmingham, in Alabama.
Nel 1953 pubblica il suo primo romanzo, “High Priest of California”, un classico della narrativa hard-boiled, la sordida e lussuriosa storia di un venditore di auto usate che manipola donne sposate.
Vincolato come doppio volume con il romanzo di un altro scrittore, riesce a vendere 55.000 copie, circa un terzo della sua tiratura.
Nel gennaio 1954, Charles si arruola di nuovo, finendo prima nella Base Aerea di Palm Beach, e poi ad Harmon, in Terranova.
Lascia definitivamente il servizio attivo nel novembre 1956.
I ricordi, a volte piuttosto aspri e duri, della sua vita sotto le armi saranno iI materiale della sua autobiografia “Something about a soldier”, uscita nel 1986.
In quel periodo, comunque, il nostro ha già pubblicato altri due romanzi: l’amarissimo “La sbandata” (1955) e il divertente “Wild Wives” (1956).
Dopo essersi ritirato dall'Aeronautica militare, Willeford svolge i lavori più svariati: pugile professionista, attore, addestratore di cavalli e presentatore radiofonico.
Studia pittura in Francia per un certo periodo, tornando negli Stati Uniti per frequentare il Palm Beach Junior College.
Dopo aver conseguito il diploma nel 1960, studia letteratura inglese presso l'Università di Miami, conseguendo una laurea nel 1962 e un master nel 1964.
Durante questo periodo lavora anche come redattore associato per il “Mystery Magazine” di Alfred Hitchcock e inizia un lungo periodo come recensore di libri per il “Miami Herald”.
È molto produttivo come romanziere dopo aver lasciato l'esercito, (“Honey Gal”, “Lust is a Woman”, “Il cacciatore di donne”, “Understudy for Love”, “No Experience Necessary”) ma dopo “Nato per uccidere” del 1962, ambientato con precisione da etnologo nel sordido mondo dei combattimenti dei galli, e il breve “La macchina in corsia 11”, non pubblicherà un altro romanzo per nove anni.
Infatti sfiga vuole che il suo editore muoia poco dopo l’uscita di “Nato per uccidere”: la casa editrice finisce in bancarotta e la maggior parte della stampa del libro, circa 24.000 copie, non verrà mai distribuita.
Dopo aver conseguito il Master, Willeford si mette quindi ad insegnare materie umanistiche all'Università di Miami fino al 1967, poi si trasferisce al Miami-Dade Community College dove diviene professore associato, insegnando inglese e filosofia fino al 1985.
Nel 1971 escono “Il quadro eretico”, che sfrutta la struttura della crime – novel come pretesto per un discorso sull’arte, (spesso identificato, non da noi, come il miglior noir di Willeford) e “The Hombre di Sonora” (quest'ultimo sotto pseudonimo).
Sebbene continui a scrivere romanzi, ci sarà di nuovo una pausa prolungata, tredici anni, prima che un altro romanzo di lui veda la luce.
Scrive la sceneggiatura per l'adattamento cinematografico del 1974 di “Cockfighter” ("Nato per uccidere"), dove fa anche una parte.
Nel 1976, si divorzia pure dalla seconda moglie e, l'anno seguente, il nostro appare in un piccolo ruolo nel film “Thunder and Lightning”, prodotto da Roger Corman.
Willeford si risposa la terza volta con Betsy Poller, nel 1981.
Tre anni dopo arriva finalmente la pubblicazione di “Miami Blues”, il primo della tetralogia di romanzi con protagonista l’ombroso e problematico detective Hoke Mose, con cui stravolge la tradizione stessa della letteratura hardboiled e per la quale Willeford diventerà famoso.
Ma la serie rischia di rimanere stroncata sul nascere.
Willeford non ha intenzione di scrivere altri libri con lo stesso protagonista, ma dopo il successo di “Miami Blues” le richieste del suo editore iniziano a farsi pressanti.
Per tutta risposta, il nostro dapprima realizza un manoscritto assurdamente violento, chiamato “Grimhaven”, in cui Moseley uccide le sue figlie per evitare di prenderle in custodia.
Fortunatamente per Willeford è per gli appassionati del suo personaggio, il suo agente si rifiuta di inviarlo all'editore.
Charles quindi cede alle pressioni e scriverà ben tre sequel: “Tempi d’oro per i morti” (1985), “Tiro Mancino” (1987), e “Come si muore oggi” (1988).
La popolarità di “Miami Blues” e i suoi primi due i sequel gli fanno guadagnare un bel po’di soldi: addirittura un assegno di ben 225.000 dollari viene staccato come anticipo per il quarto libro di Hoke Moseley, quello che sarà il suo ultimo romanzo.
Dopo una vita di semi-fallimenti, Willeford sta finalmente incassando il suo strameritato successo.
Ma non avrà molto tempo per goderselo.
Anche se ha solo sessantotto anni, una vita spesa a bere come un cammello e a fumare come un turco alla fine ti presenta il conto…
Dopo aver patito diversi anni di salute malferma, Charles Willeford muore di infarto a Miami, in Florida, il 27 marzo 1988, e viene sepolto nel cimitero nazionale di Arlington.
Nel romanzo “La metà oscura” Stephen King definisce Willeford “un cavallo di razza”.
Questa volta il “Re” ha proprio ragione: è un purosangue.
Di quelli estinti…
Onore a Charles Willeford!
Nota a margine: Tre dei libri di Willeford sono stati adattati per lo schermo: “Cockfighter” (1974), con Warren Oates e diretto da Monte Hellman, per il quale Willeford ha scritto la sceneggiatura e interpreta una parte; “Miami Blues” (1990), di George Armitage, con Alec Baldwin e Fred Ward nei panni di Hoke Mosley; e “The Woman Chaser” (1999), di Robinson Devor, con Patrick Warburton. Willeford ha anche adattato il suo primo romanzo, “High Priest of California”, a un'opera teatrale. Una produzione del 1988 a New York al The Vortex Theatre rappresenta la sua prima messa in scena completa. Una produzione successiva è stata organizzata nel 2003.
“L’obitorio era un edificio basso a un piano. La capacità di stoccaggio era stata aumentata da due vagoni refrigerati presi a nolo per tener dietro al flusso dei cadaveri che arrivavano ogni giorno”.
Charles Willeford – Miami Blues