Ancora uno straclassico del cinema di serie B, cari amici dei Mutzhi Mambo: per non farci mancare niente oggi celebriamo l'anniversario della scomparsa dello stratosferico RICCARDO FREDA, il papà dell' horror tricolore!
Per Freda il cinema era innanzitutto "azione, emozione, tensione, velocità" e ciò che gli interessava raccontare non era "l'uomo banale, l'uomo quotidiano" ma "l'eroe": "l'uomo che vive epoche grandiose, di grandi conflitti".
L’uomo che sconfigge il male in agguato…
Come lui stesso, eroe mitologico dietro la macchina da presa, sconfiggeva le difficoltà tecniche e i limiti di budget in agguato!
E, come i veri eroi mitologici, amava i “grandi conflitti” e litigava un po’ con tutti, specie coi produttori…
Ritenuto il maggiore regista italiano di cinema d'avventura, Freda fa parte di quella generazione ormai scomparsa (e che noi non smettiamo mai di rimpiangere e ricordare) di gente che poteva contare (quasi) unicamente sulla propria fantasia e sul proprio talento immaginifico.
Gente che si arrangiava veramente, che con poco faceva tanto, gente che ti spacciava la trippa per un mostro extraterrestre, che ti faceva andare Maciste all'Inferno, che con dei gusci di noce ti imbastiva una guerra navale!
Certo, specie a vederle adesso, sono pellicole ricche di ingenuità che fanno un po’ di tenerezza, ma che fascino, ragazzi!
Che fantasia meravigliosa!
Tenera e meravigliosa!
Riccardo Freda nasce ad Alessandria d'Egitto, il 24 febbraio del 1909 da padre e madre di origine napoletana.
Al suo arrivo in Italia frequenta l'Università a Milano.
Appassionato di scultura, a lungo critico d'arte, nel 1938 lascia gli studi universitari per approdare al cinema come sceneggiatore.
Nel 1942 esordisce con "Don Cesare di Bazan", un classico del cinema di cappa e spada, interpretato da Gino Cervi, nel quale Freda già dimostra di saper infondere un ritmo e un senso dello spettacolo vicini a quelli del cinema statunitense, ma sconosciuti a buona parte dei suoi colleghi italiani.
Nel 1946 "Aquila nera" va in testa alle classifiche italiane: mentre va di moda il Neorealismo più piagnone, Riccardo porta sullo schermo un soggetto che aveva reso celebre Rodolfo Valentino, costruendo il racconto con ritmo incalzante, cavalcate a perdifiato, duelli emozionanti.
L'esperienza continua anche negli anni successivi quando inizia a lavorare con la Lux film, realizzando dei classiconi avventurosi in costume come "I miserabili" (1948 che segna l'esordio al cinema di Marcello Mastroianni), "Il cavaliere misterioso" (1948, primo ruolo da protagonista per Vittorio Gassman), "Teodora" (1954).
Nel 1956 diresse quello che viene considerato il suo capolavoro, "Beatrice Cenci", film, che alterna grandi scene d'azione con un intreccio dai toni particolarmente morbosi.
A differenza di altri suoi colleghi registi di questo periodo, come Antonio Margheriti e Mario Bava, Freda ha la possibilità di lavorare anche in film con budget piuttosto elevati, ottenendo quindi risultati tecnici notevoli.
Il negativo del suo "Spartaco" (1963) viene comperato dai produttori del più famoso film omonimo realizzato da Stanley Kubrick in quanto qualitativamente molto valido ed in grado di insidiare il successo della pellicola americana.
Ma inutile dire che il Freda che noi amiamo è quello che, a partire dalla metà degli anni '50, deve suo malgrado arrangiarsi con budget scarsissimi e ripiegare su generi più cheap: l'horror, i sandaloni, e il giallo/spionistico.
"I vampiri" (1956), completato dal suo allievo Mario Bava, è considerato convenzionalmente il primo film dell'orrore italiano, in quanto il presunto primatista, "Il mostro di Frankenstein" (1920) di Eugenio Testa, è andato perduto.
È comunque il primo film dell'orrore italiano del periodo sonoro.
Malgrado il titolo, non è un vero e proprio film di vampiri, ma piuttosto un racconto gotico comprendente elementi fantascientifici.
Girato negli stabilimenti della Titanus a Roma, contiene innegabili ingenuità ma resta memorabile per l'ingegnoso impiego di effetti artigianali.
"Caltiki il mostro immortale" (1959), girato con lo pseudonimo di Robert Hampton, è un film di fantascienza venato di orrore, con un mostro simile a quello di "Fluido mortale" (1958), ma realizzato con della trippa.
Vicino ad evocare atmosfere lovecraftiane, il film soffre, tuttavia, della pochezza di mezzi per gli FX.
Gran parte della pellicola viene girata da Mario Bava, assistente di Freda ed autore degli effetti speciali.
Negli anni '60, Riccardo mette a segno i suoi colpi migliori: mitici peplum discronici (ovvero storicamente sbagliati) come "Maciste alla corte del Gran Khan" (1961) e "Maciste all'Inferno" (1962), horror come "L'orribile segreto del dr. Hichcock" (1962), e il suo seguito "Lo spettro" (1963), con la misteriosa Barbara Steele, spy movie come "Agente 777 missione Summergame" (1966), chiaro plagio di James Bond, thriller come "A doppia faccia" (1969), scritto con la collaborazione di Lucio Fulci, e ispirato a un racconto di Edgar Wallace, e "L'iguana dalla lingua di fuoco" (1971).
A partire dagli anni Settanta le sue regie divengono più sporadiche e per i film può contare su sempre più scarsi mezzi produttivi.
La sua ultima opera è il thriller orrorifico "Murder Obsession-Follia omicida" (1981). un colossale flop che affonda la sua carriera per sempre, un film che lo stesso regista descrive come ‘una merda”.
Freda ormai è famigerato nell’ambiente per il suo caratterino difficile, i suoi set sono spesso caratterizzati da furibonde liti con tutti, e spesso abbandonati per divergenze con la produzione.
Negli anni Ottanta viene avviata una lunga serie di omaggi e retrospettive, occasioni che vedono Freda sempre presente, battagliero sostenitore di un cinema 'cinematografico' e acerrimo detrattore del minimalismo e dell'intellettualismo.
La pessima fama del personaggio-Freda riguarda anche la vita privata: scontroso e solitario, entra in rotta di collisione con quasi tutti i colleghi e amici.
È a lungo il compagno dell'attrice Gianna Maria Canale, spesso interprete dei suoi film.
Riccardo Freda, l’uomo che dal cinema ha avuto donne bellissime, automobili sciccose (memorabili le sue apparizioni sui set alla guida della sua famosissima Rolls Royce bianca), fama e molti quattrini, ma anche rabbia, ingratitudine e amarezza, muore di vecchiaia il 20 dicembre del 1999 a Roma.
Non sappiamo cosa ne è stato di lui dopo la morte (mica siamo preti!) ma sicuramente, semmai fosse ancora da qualche parte, starà ancora litigando con qualche cineasta!
Addio maestro, cavalli come te non ne fanno più!
Si deve essere estinta la razza…
Onore a Riccardo Freda!
"[L'orrore vero non ha] nulla a che vedere con la rappresentazione oggettiva di qualche mostro. È un espediente che ritengo di qualità inferiore, quasi da carnevale di Viareggio della cui cartapesta ci si serve per incutere spavento ai più sprovveduti. [L'orrore] è quello radicato dentro di noi fin dalla nascita. È un terrore atavico che probabilmente risale ai primordi dell'uomo delle caverne, quando gli esseri che formavano ancora un anello di transizione fra la scimmia e i primi umanoidi si rintanavano nel profondo delle loro grotte, malamente illuminate dallo stanco bagliore di qualche focolare, mentre fuori, nel buio immenso di quelle notti senza fine, si scatenavano tempeste di violenza apocalittica ed echeggiavano spaventosi barriti e ruggiti di mastodontiche fiere".
Riccardo Freda