Attenzione, cari amici dei Mutzhi Mambo, questo non sarà un Almanacco per tutti!
Anzi, probabilmente l'argomento rimarrà indigesto alla maggior parte di Voi, quindi occhio a proseguire: lo fate a vostro rischio e pericolo...
Ma suvvia, se siete appassionati di Pulp, lo stomaco un po' foderato dovreste averlo!
Oggi, per l'appunto, si celebra il compleanno di un regista molto, molto particolare, una vera icona dell'underground: Signore e Signori, il teutonico JÖRG BUTTGEREIT, il "poeta del trash", il "surrealista punk"!
C'è da dire che i tedeschi ci hanno abituato ad un approccio al cinema estremo veramente "estremo", con autori "raffinati" come Olaf Ittenbach e Andreas Schnaas, ma siamo ancora nei territori dello splatter "tradizionale", per quanto eccessivo e gratuito.
I (pochi) film di Jörg Buttgereit sono invece veramente disturbanti, un tuffo nel buio dell'animo umano, di un'intensità sconvolgente, tanto che definirli horror è riduttivo e fuorviante.
Per carità, Buttgereit non si fa certo degli scrupoli nel mostrare con insistita (e compiaciuta) perizia orrori indicibili, stomachevoli, ultragore, ma l'obbiettivo non è quello di spaventare o solleticare il lato sadico dello spettatore.
Semmai è quello di metterlo a disagio, perché la "confezione" splatter è per il nostro solo un pretesto per raccontare il lato più malato dell'umanità.
Anche la sua regia, così apparentemente sciatta, quasi amatoriale, lurida, piena di errori madornali, risulta adattissima alla sua "poetica" decadente e nichilista, capace come poche altre di dipingere un mondo senza alcuna possibilità di redenzione.
In fondo, quelle che Buttgereit racconta, sono vicende di solitudine, crudeltà, patologia mentale, emarginazione affettiva, senza via di scampo.
I dialoghi sono ridotti all'osso, le immagini traballanti e acide, veri cazzotti nella bocca dello stomaco, con l'intento di sfidare i tabù e di mettere in discussione le poche certezze morali di colui che si imbatte nelle sue pellicole.
Però poi, dopo la sventurata visione, se si riesce ad entrare in sintonia con il regista, non si sarà più gli stessi...
Partendo da una scabra estetica punk (ha debuttato infatti con un documentario sulla Berlino punk dell'inizio degli anni '80), il nostro Jörg ha costruito poi tutta la sua carriera come provocatore, drammaturgo e regista teatrale nonché autore di alcuni dei film più controversi mai realizzati, sviluppando negli anni una sorprendente tecnica cinematografica.
Le sue pellicole sono pervase da una sincera quanto morbosa attrazione per la morte, non solo intesa come cessazione della vita ma anche in quanto disfarsi progressivo del corpo.
Ponendo contemporaneamente attenzione alla fragilità della vita terrena e alla natura dei sentimenti, grazie a una forma contorta ma sincera di "romanticismo" gotico, aggiornato allo squallore contemporaneo.
Un approccio artistico e intellettuale che può avergli alienato i fan dell'horror "normale" (diciamolo francamente, i suoi film, oltre ad essere pesanti e oltraggiosi, sono pure un po' pallosi...), ma il pugno di opere che ha realizzato, a partire dal leggendario "Nekromantik", lo eleva senza dubbio come uno dei registi più originali, innovativi e "destabilizzanti" del panorama cinematografico.
Piaccia o non piaccia, si deve ammettere che, nel corso degli anni, questi film non hanno perso un briciolo della loro potenza iconoclasta e della capacità di mettere a disagio lo spettatore.
Per alcuni Buttgereit è solo un incapace e morboso filmaker con le smanie di fare il filosofo che usa furbescamente temi e immagini estreme per nascondere le sue insufficienze tecniche e narrative; per altri rimane un autore anticonformista e profondo in grado scioccare e di turbare davvero le coscienze, facendoci riflettere su temi cruciali come la vita e la morte.
Beh, a Voi l'ardua sentenza...
Jörg Buttgereit nasce a Berlino Ovest il 20 dicembre del 1963.
Il muro è stato eretto da un paio d'anni e le forze alleate presidiano ancora assiduamente i settori occidentali della città.
Nei cinema i film che vengono proiettati sono dunque essenzialmente inglesi, americani e francesi e il giovane Jörg viene su con queste pellicole.
In particolare gli piacciono i film di mostri, fin dall'età di quattro anni.
Mentre va all'asilo, sua nonna gli compra dei pacchetti di gomme da masticare "Creature Feature", dove in omaggio ci sono le card con le immagini dei mostri classici del cinema.
Per la sua prima comunione riceve in regalo una fotocamera Super-8 con cui il nostro inizia ma muovere i primi passi nella sperimentazione filmica.
Il suo primo progetto si chiama "Gags und Schwarzer Humor", una parodia degli spot televisivi.
"Color Trip" viene realizzato intervenendo fisicamente sul girato, dopo che la sua cinepresa si era rotta e gli sviluppatori gli avevano restituito la pellicola in bianco e nero: lui la graffia e la lava, fino ad ottenere la proiezione di "qualcosa" di blu, nero e verde...
"Klassenfahrt" è un corto basato sulla sua classe nel suo ultimo anno di scuola mentre "Stress" è un'altra versione di "Color Trip" che utilizza come base sempre una pellicola in bianco e nero.
"The Exploding Sports Shoe" (1980) è un film di due minuti composto da una scarpa sportiva che esplode al rallentatore.
Viene pure mostrato in TV come parte di un documentario sul punk rock: il titolo originale era "The Most Beautiful Destruction".
Il suo primo lungometraggio si intitola "Interview with Frankenstein".
Nel 1984, col produttore e regista underground Manfred Jelinski, uno sperimentatore già attivo dagli anni sessanta, Buttgereit realizza un documentario di 90 minuti in super 8: "So War Das S.O.36 - Ein Abend Der Nostalgie", che racconta l' "SO36", noto locale punk di Berlino.
Dopo il cortometraggio horror "Hot Love" (la storia della atroce e sanguinaria vendetta di un ragazzo bruttarello rifiutato da una bella topa), che gli dà una certa notorietà nel circuito underground europeo, e il "Segmento della crocifissione" in "Jesus - Der Film" del 1986 (un opera ipersperimentale divisa in 35 segmenti diretti da 22 cineasti berlinesi coordinati e diretti da Michael Brynntrup, che riadatta la storia di Gesù nella Berlino contemporanea), Buttgereit realizza il suo film più conosciuto, "Nekromantik" (1987), sempre prodotto da Jelinski.
Periodicamente ci sono pellicole che di volta in volta spingono più in là l'asticella di ciò che al cinema si permette di mostrare: generalmente sono quelle che invecchiano prima e perdono il loro carattere eversivo, una volta che certi limiti vengono metabolizzato dal pubblico.
Non si tratta però di "Nekromantik", un'esplicita storia di necrofilia estrema, che non ha perso un pelo del suo esser disturbante.
La vicenda è presto detta: un addetto al cimitero trafuga e colleziona parti anatomiche, finché non si porta a casa un morto intero.
La sua ragazza si innamora del cadavere e lo lascia; e così via, di nefandezze in nefandezze, si snocciola questa "romantica", per quanto ributtante, storia di amore, sesso, dolore e morte, ricca però di un humour nero, anzi, nerissimo (visto il tema...)
Il film consegna Buttgereit alla notorietà nei circuiti exploitation e arthouse internazionali, e anche la critica sarà più benevola al di fuori della Germania; viene comunque proibito dalla censura in numerosi paesi, fra cui Islanda, Norvegia, Malaysia, Singapore, Australia, e Finlandia.
Segue il desolante "Der Todesking" (1989), composto da 7 episodi incentrati sulla depressione e il suicidio come suprema scappatoia.
Film tremendo che sa cogliere e restituire in pieno (pure troppo) il disagio del "male oscuro".
Inutile dire che non è il film da vedere se si è un po' giù di morale...
Nel 1991 esce "Nekromantik 2", sequel se vogliamo ancora più morboso e malato del precedente, a cui manca però l'ironia del capostipite.
Finalmente però anche la "sua" Germania si "accorge" di Jörg e la censura sequestra il film!
Due anni dopo firma quello che viene definito il suo "capolavoro": l'insostenibile "Schramm", un viaggio di sola andata nell'inferno della mente di un serial killer.
Nessuno mai aveva indagato con tanta sensibilità nella psicopatologia sessuale di un maniaco assassino come fa Buttgereit in questo film, dall'atmosfera autenticamente malata e ricco di scene shock, che non scade mai nel grottesco, neanche nelle sequenze più efferate (e ce ne sono...).
Da recuperare!
Dopo 22 anni di assenza dalle sale, in cui si è dedicato ai videoclip, ai documentari e al teatro, Jörg torna nel film ad episodi "German Angst" (2015), di cui dirige il primo, "Final Girl" (gli altri sono di Michal Kosakowski e Andreas Marschall).
La confezione è molto più curata delle sue opere precedenti ma manca l'autentica zampata d'autore, riducendo il segmento ad un compitino corretto, senza infamia e senza lode.
Una delusione per i fans che attendevano un suo ritorno in grande stile!
Dei documentari citiamo "Monsterland" (2009), un viaggio nei suoi amati mostri cinematografici, mentre delle opere teatrali segnaliamo "Video Nasty" (in versione Dvd del 2011), la delirante storia di una coppia di anziani che impara ad usare il videoregistratore e noleggia un film di zombi, "Gabba Gabba Hey!", il musical sui Ramones (2005), "Captain Berlin vs. Hitler" (2007), tratto da un suo fumetto, e "Green Frankenstein e Sexmonster" (2011)
Ora non sappiamo mica se è il caso di aspettare una nuova prova di questo regista...
La curiosità di vedere cosa potrebbe combinare c'è, la voglia di vederlo mica tanta...
Tanti auguri, Jörg!
"Today I'm dirty, but tomorrow I'll be just dirt."
Carl Panzram, citato all'inizio dei titoli di testa di "Schramm"