Orgogliosissimi di essere stati nominati in questo benemerito programma! Siamo infatti stati citati, col nostro nuovo album IL MALE È DENTRO, in WONDERLAND, un programma televisivo, in onda su Rai 4...

UN ALTRO GIORNO ALMENO, il primo video tratto dall'album "Il Male è Dentro" è su YouTube! È giusto ammazzare in nome di Dio (o come vi piaccia chiamarlo)? Una domanda quanto mai attuale, cari amici...

E' uscito ed è disponibile nei migliori negozi di dischi e su tutte le piattaforme digitali il nuovo disco: Il male e' dentro il terzo album dei Mutzhi Mambo, band fiorentina fondata nel 1998,...

Non sempre il talento è sufficiente, non sempre il carisma basta, non sempre la bravura paga.

A volte i vizietti si mettono di traverso, come ha imparato a sue spese il sottovalutatissimo DANA ANDREWS, vero “principe” del noir e interprete fra i più rappresentativi degli anni d’oro di Hollywood.

Più che un vizietto, Dana Andrews aveva proprio il viziaccio di bere troppo, cosa che purtroppo ha condizionato la sua promettente carriera, relegandolo nell’inferno dei B-movie e delle produzioni televisive.

Bontà sua che, ad un certo punto, è riuscito a smetterla con la bottiglia ma ormai il treno del vero successo era perso per sempre.

Va beh, meglio vivo che famoso ma insomma...

Aria da duro, bella voce baritonale, faccia che sembrava uscita di pacca da un romanzo hard boiled di Dashiell Hammett, Andrews aveva veramente il physique du rôle e tutti i numeri per entrare nella cerchia dei più celebrati divi della sua fantastica generazione.

Nel suo periodo migliore ha incarnato un'era, un simbolo, il concetto di maschio macho degli anni '40.

Possedeva un’immagine perfetta ma nel contempo carica di ambiguità.

Gli occhi svegli, le labbra strette, la naturale eleganza, l’aria cool increspata di nervosismo, che voleva simulare fredda indifferenza, ma suggeriva un non risolto conflitto interiore, rifletteva perfettamente la mal trattenuta voglia di violenza, frustrata in una fragile patina si conformismo, tipica dell'America del Dopoguerra.

Dana Andrews ha avuto una lunga carriera come attore: nel corso di 45 anni, ha lavorato con registi di altissimo livello (John Ford, Elia Kazan, Fritz Lang, Jean Renoir, Otto Preminger, William Wyler) e ha recitato al fianco delle stelle più belle e glamour dello schermo (Joan Crawford, Elizabeth Taylor, Maureen O'Hara, Susan Hayward, Gene Tierney).

Nonostante questo popò di credenziali che avrebbero fatto l’invidia di qualunque altro collega, Andrews viene raramente inserito tra le leggende maschili degli studios, a fianco dei vari Clark Gable, Cary Grant, James Cagney e Gary Cooper.

Anche considerando l'elevata caratura delle stelle con cui ha lavorato, come mai il nostro Dana Andrews venne considerato un attore di seconda scelta?

Purtroppo, chi è causa del suo mal pianga se stesso, recita un vecchio adagio…

Dopo aver passato un’intera carriera ad interpretare uomini duri e risoluti, uomini all’apparenza indistruttibili e spietati, il suo nemico più tosto, il più difficile da sconfiggere, quello che si annidava nel profondo della sua mente, risulterà essere la bottiglia, a cui si attaccava come un bebè al biberon.

Ma a sconfiggere quel nemico che gli stava rovinando la vita, non a pugni o con quale pistolettata come nei film, alla fine c’è riuscito, tirando fuori quei coglioni che prima mostrava solo sul grande schermo...

Carver Dana Andrews nasce il primo gennaio del 1909, nella Contea di Covinton, in una piccola città del Mississippi dall’improbabile nome di “Don’t”, “Non”...

Quasi un presagio al suo mancato successo futuro…

Dopo i 5 anni, si trasferisce in Texas.

Suo padre è un predicatore battista di Elmer-Gantry, e sua madre una casalinga.

Dana è il terzo di 13 figli. Anche il fratello minore Billy avrà una carriera nel mondo dello spettacolo col nome "Steve Forrest", apparendo in film come "Flaming Star" con Elvis Presley.

Al liceo, Andrews inizia a recitare in recite scolastiche, appassionandosi del palcoscenico, ma la strada sembra già tracciata per lui: una buona istruzione solida e un lavoro rispettabile in una città tranquilla è quello che lo attende.

A un certo punto, tuttavia, Carver decide di prendere in mano la propria vita.

Rinuncia a un lavoro promettente come contabile di una compagnia petrolifera, sentendosi schiacciato in una morsa di soli doveri, e si fa strada verso ovest, desiderando di entrare nel mondo dello spettacolo.

Dopo che la famiglia si trasferisce in California, viene preso dalla prestigiosa scuola di recitazione Playhouse di Pasadena.

Inizialmente pensa ad una carriera come cantante, dopotutto ha la sua bella voce da baritono, ma una volta arrivato a Hollywood scopre che in quel momento il mercato è alquanto saturo di crooner dai sorrisi smaglianti.

Ma comunque era inevitabile che venisse notato dall’industria cinematografica: il giovane Andrews è straordinariamente bello e ha una voce ricca e seducente.

Non volendo però rimanere intrappolato in ruoli nei musical, Andrews manterrà segrete per svariati anni le sue eccezionali doti canore.

La sua prima moglie, Janet, sposata nel 1932, muore di polmonite dopo il parto nel 1935; anche loro figlio David morirà giovane, a 30 anni, per le complicazioni di un intervento di chirurgia cerebrale.

Si risposa nel 1939 con l'attrice Mary Todd, da cui avrà tre figli: Katharine (1942), Stephen (1944) e Susan (1948).

Firma un contratto cinematografico con Samuel Goldwyn il 28 novembre 1938 e nel 1940 fa il suo debutto ufficiale in un film con Gary Cooper, "La grande cavalcata" di George B. Seitz.

All'inizio della seconda guerra mondiale, Andrews è l’uomo giusto nel posto giusto al momento giusto: è un uomo sposato con due figli a carico e quindi esentato dal servizio militare, ed è perfetto per interpretare i due modelli maschili che all’epoca vanno per la maggiore: i duri dei film noir ("Laura" e "Fallen Angel" di Preminger) e gli eroici soldati in guerra ("Crash Dive", "A Walk in the Sun").

Recita subito in una serie di film di grande successo e diretti da registi di primo piano, come William Wyler in “L'uomo del West” (1940), John Ford in “La via del tabacco” (1941), il francese Jean Renoir, al suo primo film americano, nel noir “La palude della morte” (1941) e Howard Hawks nella commedia “Colpo di fulmine” (1942) accanto a Gary Cooper e Barbara Stanwyck.

Nel 1943, Andrews diventa una star con una performance memorabile come vittima innocente del linciaggio in "Alba Fatale”, di William Wellman, accanto a Henry Fonda e Anthony Quinn.

L’anno successivo inaugura un felice sodalizio artistico con il regista Otto Preminger, che lo affianca a Gene Tierney in “Vertigine”, uno dei capolavori del noir, e che lo dirige poi in “Un angelo è caduto” (1945), altro caposaldo del genere.

Durante il conflitto, partecipa anche a diverse pellicole di genere bellico, quali “Fuoco a oriente” (1943), “Prigionieri di Satana” (1944) e “Salerno, ora X” (1945), tutti diretti da Lewis Milestone.

A metà degli anni Quaranta, quando molti attori di spicco sono sotto le armi, Dana diventa quindi uno dei nomi più importanti dello schermo, interpretando una vasta gamma di parti difficili, carismatiche, di uomini tutti di un pezzo eppure vulnerabili.

Nel 1946 Andrews raggiunge l’apice del suo successo postbellico col film drammatico di William Wyler, "I migliori anni della nostra vita", ritratto di un bombardiere decorato che torna a casa e cerca di rifarsi un’esistenza con un lavoro come impiegato in una fabbrica di soda e con una moglie a buon mercato che ha sposato dopo averla appena conosciuta 20 giorni prima; rappresenta l'immagine definitiva e maggiormente riuscita del veterano che cerca di adattarsi ad una vita civile che pare rifiutarlo.

La sua carriera prosegue alla grande con il western “I conquistatori” (1946), di Jacques Tourneur, il poliziesco “Boomerang - L'arma che uccide” (1947) di Elia Kazan, lo spionistico “Il sipario di ferro” (1948), di William A. Wellman, primo film mainstream statunitense di aperta ostilità nei confronti dell'Unione Sovietica, il dramma “L'amante immortale” (1948), accanto a Joan Crawford, e il capolavoro noir “Sui marciapiedi” (1950), entrambi diretti dal fido Preminger.

L'anno seguente interpreta il melodramma “Questo mio folle cuore” (1949), diretto da Mark Robson, con cui lavorerà nuovamente in “Di fronte all'uragano” (1951).

Ma mentre sta conquistando le vetta della piramide hollywoodiana, qualcosa di più oscuro e letale dei tanti avversari che aveva affrontato nel film, si insinua nella sua esistenza.

Per i severi battisti del sud, come suo padre, bere è un vero e proprio tabù, ma Dana ne ha fatta di strada dalla puritana Don’t nel Mississippi, e Hollywood è letteralmente inondata di alcolici.

L’alcol è infatti il lubrificante necessario a far andare avanti i giganteschi ingranaggi dell’industria cinematografica: favorisce la produzione dei film, serve ad attori e tecnici per rilassarsi dopo giorni e notti senza fine sul set, si usa per celebrare degnamente i successi e per gestire la frustrazione per i fallimenti, aiuta i produttori a portarsi a letto le divette e le divette a foderare lo stomaco per andare a letto coi produttori…

Le bottiglie le trovi dappertutto nella Mecca del cinema.

E così, molto presto, Dana Andrews inizia a bere come una spugna.

Passa rapidamente dal bicchierino per sostenersi sul set al whisky doppio di primo mattino...

Quando la sua nomea di ubriacone comincia a girare tra i produttori, i registi e gli uffici di casting, Andrews diventa improvvisamente non adatto per questo o quel ruolo.

Ma Andrews non si scoraggia, continua a lavorare e se i film che gli propongono non sono interessanti, non è certo l'unico lavoro in città per uno come lui.

Quando il produttore radiofonico Frederic W. Ziv lo chiama nel 1952, Andrews coglie l'occasione per recitare nella sua emittente.

La sua voce è perfetta per la radio, e la routine lavorativa di trasmissione è molto meno stressante di quella cinematografica e, per un alcolizzato come lui, di sicuro più gestibile.

Inoltre il ruolo che gli viene offerto sembra l'ideale per la sua personalità da duro ma tormentato All-American-Man.

Il programma nasce dalla storia vera di un Matt Cvetic, un agente dell'FBI che si era dichiarato comunista per infiltrarsi nel Partito Comunista USA negli anni precedenti la seconda guerra mondiale.

Il suo racconto altamente arricchito di siparietti avventurosi, diventa un grande best-seller negli anni della “Red Scar” del dopoguerra,

Le produzioni radiofoniche di Ziv non sono mai appariscenti, ma vengono prodotte con uno standard elevato, con script ben curati da autori di qualità e ottimi cast di supporto.

Andrews, nel ruolo di Cvetic è superbo ed è capace di trasmettere all’ascoltatore ogni sorta di rabbia e disillusione, tensione e determinazione, riuscendo a dare spessore a quello che doveva essere solo un ruolo propagandistico a basso costo.

“I Was a Comunist for the FBI” viene presentato per la prima volta nella primavera del 1952 e alla fine viene venduto a oltre 600 stazioni.

Dana però registra solo i 78 episodi della serie, circa due stagioni, sufficienti ad esaurire i temi di un programma del genere, per recuperare i costi di produzione e per far fare utili al distributore.

Il problema è che il nostro viene pagato solo per le sessioni di registrazione originali: in teoria la serie può essere venduta, anno dopo anno, a nuovi mercati, e replicata virtualmente all’infinito ma Andrews non ci guadagnerà un dollaro in più!

Quindi, Dana deve continuare per forza a cercare nuovi ruoli, spesso parti che un attore del suo talento in condizioni normali non avrebbe neanche preso in considerazione, e per tutto questo tempo continua a bere fino allo sfinimento.

Le sue apparizioni sullo schermo si limitano a ruoli di caratterista, spesso in pellicole di serie B, o serie televisive, tranne alcune eccezioni quali l’avventuroso “La pista degli elefanti” (1954), di William Dieterle, accanto a Elizabeth Taylor, e gli imprescindibili noir “Quando la città dorme” e “L'alibi era perfetto” (1957), entrambi diretti da Fritz Lang.

Ma si parla anche di film modesti, se non proprio infami come “Duello nella giungla” (1954), di George Marshall, “Tre ore per uccidere” (1954), di Alfred L. Werker, “La straniera” (1955), di Mervyn LeRoy, “Segnale di fumo” (1955), di Jerry Hopper, “La saga dei comanches” (1956), di George Sherman, “Ora zero” (1957), di Hall Bartlett, “I rinnegati dell'isola misteriosa” (1958), di Allan Dwan, “Il cielo è affollato” (1960), di Joseph Pevney, “Inferno a Madison Avenue” (1962), di H. Bruce Humberstone, “La città senza legge” (1965), di Lesley Selander, “Esperimento I.S.: il mondo si frantuma” (1965), di Andrew Marton, “Un'idea per un delitto” (1965), di William Conrad, “Johnny Reno” (1966), di R.G. Springsteen, “I redivivi” (1966), di Herbert J. Leder.

Lo sappiamo, lo sappiamo, sono titoli che vi fanno venire l’acquolina in bocca…

Discorso a parte meritano almeno “La notte del demonio” (1957), e “La piovra nera” (1958), due horror diretti dal maestro Jacques Tourneur, e il fantaspionistico “Stazione 3: top secret” (1964), del solido John Sturg.

Non poteva mancare anche la parentesi italiana: in questi anni lo Stivale è una vera Mecca per gli attori americani dalla carriera appannata.

Dalle nostre parti, Andrews gira: “Berlino appuntamento per le spie (Operazione Polifemo)” (1965), di Vittorio Sala, “Supercolpo da 7 miliardi” (1967), di Bitto Albertini, “Il cobra” (1967), di Mario Sequi, “I diamanti che nessuno voleva rubare” (1968), di Gino Mangini, e, a fine carriera, “La parola di un fuorilegge... è legge!” (1975), di Antonio Margheriti.

Ma ci sono anche sprazzi di luce.

Nel 1963 viene nominato presidente della “Screen Actors Guild”, un sindacato statunitense che rappresenta più di 150.000 attori di cinema e televisione, e torna parzialmente alla ribalta accanto a Henry Fonda, Kirk Douglas e John Wayne in “Prima vittoria” (1964) dell’amico Preminger, cui seguono altre partecipazioni importanti come in “La battaglia dei giganti” (1965) di Ken Annakin con Charles Bronson, Robert Shaw e Henry Fonda, “Il caro estinto” (1965) di Tony Richardson e “La brigata del diavolo” (1968) di Andrew V. McLaglen, con William Holden.

Decide anche di farla finita con l’alcol, trovando ispirazione in uno dei suoi predecessori alla guida del sindacato, il rigido Ronald Reagan.

Del futuro presidente USA, Dana ammira l’autodisciplina necessaria a tenere la bottiglia al suo posto: aveva visto Reagan da vicino e sa che è un uomo che sa quando dire "prego" ma anche "nulla per me, grazie".

Dana decise di seguire il suo esempio e quello di tanti altri artisti che sapevano controllarsi.

Alla fine, posa la bottiglia per l'ultima volta nel 1969: il nemico più tosto era vinto!

Dana Andrews vivrà altri ventitré anni, continuando a recitare fino ai primi anni '80.

Negli anni settanta appare ancora nel catastrofico “Airport '75” (1975), di Jack Smight, e nel crepuscolare “Gli ultimi fuochi” (1976) di Elia Kazan, tratto da Francis Scott Fitzgerald.

La sua ultima interpretazione è ne “Il pilota (1981), diretto da Cliff Robertson.

Colpito dalla malattia di Alzheimer, muore a Los Alamitos, in California, il 17 dicembre del 1992, all'età di 83 anni.

Rimane l’amaro in bocca per una carriera che avrebbe potuto dare tanto di più al cinema ma anche l’ammirazione per la forza di volontà che il nostro è riuscito a dimostrare: smettere di bere rimanendo a lavorare ad Hollywood non è da tutti!

Onore a Dana Andrews!

“All people are half actors”

Dana Andrews

Almanacco Pulp dei Mutzhi Mambo

  • Brian Gregory

    Brian Gregory

    Informazioni
    10 Gennaio
    I CRAMPI DEL MALE Il male esiste, cari amici dei Mutzhi Mambo, e noi ne abbiamo la prova!BRIAN GREGORY, il chitarrista dei primi Cramps, ha calcato la Terra alcuni anni orsono ma chi l'ha visto, sa... Brian Gregory
  • Linda Lovelace

    Linda Lovelace

    Informazioni
    10 Gennaio
    Ci sono dei film che hanno fatto la storia.Letteralmente!Film che sono riusciti a influenzare profondamente i costumi, la cultura, la società, tanto da mutarli radicalmente.Film che quando li vedi,... Linda Lovelace
  • Jimmy Page

    Jimmy Page

    Informazioni
    9 Gennaio
    "Pape Satàn, pape Satàn aleppe"!Occhio, cari amici dei Mutzhi Mambo, che oggi avremo a che fare col diavolo!Chi di voi si sente timorato di Dio, smetta subito di leggere questo post, ne va della sua... Jimmy Page
  • Lee Van Cleef

    Lee Van Cleef

    Informazioni
    9 Gennaio
    SENTENZA DI MORTE È impossibile trovare il “buono perfetto” fra gli attori, anche i più stereotipati hanno sempre qualche lato oscuro o stupido che smorza il loro personaggio.La cosa è diversa per i... Lee Van Cleef