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E' uscito ed è disponibile nei migliori negozi di dischi e su tutte le piattaforme digitali il nuovo disco: Il male e' dentro il terzo album dei Mutzhi Mambo, band fiorentina fondata nel 1998,...

Fra tutte le storie pese, drammatiche, violente e assurde che quotidianamente vi propiniamo in questo Vostro Almanacco, questa è una di quelle che non avremmo mai voluto raccontare.

Ci dà proprio fastidio e rabbia anche il solo ricordarla, il pensare a come sono andati i fatti; e non perché sia particolarmente tragica o estrema ma perché è veramente squallida e fondamentalmente cattiva e ci sbatte in faccia con brutale sincerità quanto sia cinico e ingrato il mondo dello show business.

Questa è la storia del brutto anatroccolo, ma non quella che raccontano ai bambini, quella che finisce col bel cigno che alla fine si fa beffe dei fratellini.

Questa è la storia vera, la storia di quello che succede davvero ai brutti anatroccoli!

Questa è la storia di IAN “STU” STEWART, il “sesto” Rolling Stone!

Anzi, ad essere precisi in ordine cronologico, sarebbe il "secondo"!

Chiariamo subito, cari amici dei Mutzhi Mambo, che i Rolling Stones sono fra i nostri gruppi preferiti, probabilmente “il” gruppo rock’n’roll per eccellenza; anche per questo la vicenda di Ian Stewart ci fa ancora più male!

Non che le “Pietre Rotolanti” si siano mai distinte per essere dei santerellini (a parte le storie di droga, evasioni fiscali e fidanzate fregate a vicenda, basti pensare a come hanno trattato Brian Jones…), anzi, forse il fatto che sono fondamentalmente delle brutte persone aumenta il loro fascino perverso, “maledetto”, ma qui si va proprio alle origini del “male”, al “peccato originale”, al momento, semmai ci sia stato, in cui hanno venduto l’anima al demonio per diventare delle star!

E il demonio, in questo caso, ha nome e cognome: quello dello scaltro manager Andrew Loog Oldham…

Ian fu il primo a rispondere all’annuncio di Brian Jones che voleva fondare una nuova band che suonasse la musica dei neri; anche il nome era preso di pacca da un brano di un artista nero, Muddy Waters.

Gli altri sono arrivati tutti dopo ma saranno loro a farli entrambi neri per davvero!

“Stu” era un vero appassionato di birra ma soprattutto era un pianista, un purista del rhythm’n’blues, l’anima più genuinamente blues e boogie della band; era pure bravo, suonava proprio come un nero ma fu allontanato dalla line-up ufficiale del gruppo dallo spietato Oldham, di comune accordo con gli altri membri.

La scusa per venire licenziato (anche se ufficialmente "lasciò la band") sono puri motivi di marketing: gli Stones erano formati da sei membri, troppi per gli standard dell'epoca (gli “Scarafaggi” erano quattro, addirittura!); fu quindi deciso di eliminarne uno e la scelta cadde sullo stesso Ian, in quanto, francamente più brutto della media.

Con quel mascellone “proletario”, il fisico un po' sovrappeso, un carattere timido e quell’aria da minatore a fine turno che aveva, non possedeva certo il look giusto per un gruppo che doveva fare concorrenza ai Beatles anche in materia di “gradimento” presso il pubblico femminile.

Non che gli altri, a parte Brian Jones e Mick Jagger, fossero proprio degli "adoni", ma almeno avevano l’aria da ragazzacci, erano comunque fighi e alla moda.

“Stu” era pure troppo vecchio: nel ‘63 aveva 25 anni, ben 5 in più di Jagger!

Praticamente un matusa!

Sembra che il buon Stewart però se l'aspettasse, e che accettò comunque di continuare a collaborare con i suoi ex-compagni per amore della band.

In nome dell’amicizia...

Pur di rimanere con i suoi ingrati compagni passò dall’essere il co-fondatore all’essere il roadie e l’autista del furgone per i tour (dopo, quando si vedranno i quattrini dei concerti “seri”, sarà nominato “road manager”, titolo che fa più fico, rispetto ad “roadie”…) e collaboratore in studio.

Dopotutto, l’alternativa era tornare a fare lo spedizioniere e suonicchiare la sera nei night avanzatempo...

Continuò a suonare in molti dei brani dei “suoi” Stones (che anche in questo caso lo “tradiranno” spesso e volentieri con altri tastieristi) e il suo piano si fa sentire in quasi tutti i loro album, soprattutto nei pezzi più canonicamente rock’n’roll, fino a “Dirty Works”, uscito l’anno dopo la sua morte.

Fu sempre una voce critica e ascoltata in merito alle scelte artistiche degli arrangiamenti dei pezzi e fu inoltre l’anima “tranquilla” del gruppo, quello che li “difendeva” dai fan (ma anche da loro stessi e dalla loro autodistruttività) fissando alberghi in luoghi ameni situati a chilometri dalle città dove si svolgevano i concerti.

Tuttavia, sì, tutti amici-amici e compagnia bella, ma non riconobbero mai la sua importanza nel gruppo, né il suo ruolo fondamentale all'epoca degli esordi.

Tra l'altro, Jagger e Richards, che firmeranno la stragrande maggioranza delle canzoni (anche se quello di avere due autori in realtà fu uno stratagemma per competere con l'altra coppia John Lennon/Paul McCartney), non concederanno neppure parte delle mega royalties agli altri membri ufficiali del gruppo, figuriamoci a “Stu”!

Alla morte di Ian, però, qualcosa cambiò nel loro atteggiamento: sarà stato il rimorso, sarà che guardarsi in faccia allo specchio iniziava a dar noia anche a loro, sarà che da morto avrebbe avuto poco da rivendicare, insomma, quel che è stato, è stato ma Jagger riuscì a far inserire il nome di “Stu” nella headline ufficiale della band all'interno della Rock and Roll Hall of Fame, e da lì è partito tutto un fiorire di omaggi e memorabilia…

Che per noi fa un po’ ipocrita ma dopotutto dai Rolling Stones un po’ di “Heart of Stone” ci si deve aspettare, no?

Ian Andrew Robert Stewart nasce il 18 luglio del 1938 a Pittenweem, Fife, in Scozia, e cresce a Sutton, nel Surrey.

Stewart, che tutti chiamano “Stu”, inizia a imparare il piano a soli sei anni.

Prende in mano anche il banjo e suona insieme a gruppi amatoriali con entrambi gli strumenti.

Ama particolarmente il rhythm’n’blues, il boogie-woogie, il blues e il jazz delle big-band, e quando legge l’annuncio di un certo Brian Jones, pubblicato su “Jazz News” del 2 maggio 1962, che cerca dei membri per formare un gruppo di r’n’b, è il primo a rispondere.

Mick Jagger e Keith Richards si uniscono alla combriccola a giugno, e il gruppo, con Dick Taylor al basso e Mick Avory alla batteria, suona il suo primo concerto sotto il nome “Rollin’ Stones” presso il Marquee Club il 12 luglio 1962.

A vederli però non c’è nessuno…

Dick Taylor se ne va subito per continuare gli studi e formare i mitici Pretty Things, seguito da Avory, che si unirà poi ai Kinks; dopo qualche audizione, nel dicembre del 1962 e nel gennaio del 1963, rispettivamente, Bill Wyman al basso e Charlie Watts alla batteria si uniscono alla band in pianta stabile.

Il primo suonava con i Cliftons e possiede una bella strumentazione, il secondo è già un mezzo professionista ed era precedentemente impegnato con i Blues Incorporated del pioniere del British blues Alexis Korner.

Durante questo periodo, Stewart lavora presso l'Imperial Chemical Industries, nell’ufficio spedizioni.

Nessuno degli altri membri della band ha un telefono, quindi la sua scrivania dell'ICI diventa il quartier generale dei Rolling Stones; il suo numero interno viene addirittura usato per la pubblicità su “Jazz News” e Ian si ritrova a gestire il booking degli Stones durante l’orario di lavoro.

Dulcis in fundo si compra pure un furgone per trasportare il gruppo e le loro attrezzature ai concerti.

La svolta per la band è quando trovano il sinistro Andrew Loog Oldham, che già aveva lavorato per Bob Dylan e i Beatles, che si offre di curare il loro magement.

Svolta positiva per i Rolling Stones ma non certo per “Stu”…

All'inizio del maggio 1963, Oldham impone a Stewart di non salire più sul palco, perché sei membri sono troppi per un gruppo pop e perché il pianista mascellone e dall’aria più vecchia del sua età anagrafica, non corrisponde all'immagine funzionale alla band.

Se vuole può continuare a fare il roadie, scarrozzando i suoi compagni in tour, e mettere il pianoforte nelle incisioni.

A questo punto, in un mondo “normale”, il gruppo si sarebbe rifiutato di umiliare così uno dei fondatori e Stewart avrebbe mandato a cacare Oldham.

Ma qui non siamo in un mondo “normale”, qui siamo nello show bussiness e si sta per firmare il patto col “demonio”!

Il gruppo concorda senza fiatare e Stewart accetta di buon grado questa “retrocessione”…

Per anni Stu caricherà gli strumenti nel suo furgone, organizzerà i concerti, cambierà le corde della chitarra e monterà la batteria di Watts.

Suonerà anche il piano e occasionalmente l’organo, il piano elettrico e le percussioni nella maggior parte degli album della band tra il 1964 e il 1986, ad eccezione di “Their Satanic Majesties Request”, “Beggars Banquet” e “Some Girls”, oltre a fornire il suo prezioso giudizio sui brani.

Ian non sarà l'unico tastierista che lavorerà a lungo con la band: Jack Nitzsche, Nicky Hopkins, Billy Preston e Ian McLagan completeranno il suo lavoro.

Stewart suona pure il pianoforte dal vivo, su pezzi da lui scelti durante le tournée nel 1969, 1972, 1975-76, 1978 e 1981-82, prediligendo quelli blues e country rock.

Coerente coi suoi gusti, si rifiuterà sempre di suonare in chiave minore.

Ma a lui in fondo sta bene così: ama il blues, non i riflettori e la vita sregolata delle rockstar, giudica le droghe “una stupidaggine” e preferisce una bella partita di golf alle groupies.

Chiaramente, i gusti son gusti…

Probabilmente anche la fine drammatica del suo amico Brian Jones e tutti i problemi sorti col fisco e la narcotici durante il periodo “Exile in Main Street”, contribuiranno ad alimentare il suo sguardo critico sul mondo dello spettacolo e a farlo decidere di rimanere in disparte, mantenendo un basso profilo…

Fra i pezzi più importanti suonati coi Rolling Stones ci sono: l’organo su "You Can Make It If You Try" (1964), "Empty Heart" (1964), "Time Is On My Side" (1964), e "Stupid Girl" (1966); il piano su "Stoned" (1963), "Around and Around" (1964), "Confessin' the Blues" (1964), "Down the Road Apiece" (1965), "That's How Strong My Love Is" (1965), "Flight 505" (1966), "My Obsession" (1967), "Honky Tonk Women" (1969), "Let It Bleed" (1969), "Little Queenie" (live) (1970), "Brown Sugar" (1971), "Dead Flowers" (1971), "Sweet Virginia" (1972), "Silver Train" (1973), "Star Star" (1973), "It's Only Rock 'n Roll (But I Like It)" (1974), "Short and Curlies" (1974), "Summer Romance" (1980), "Black Limousine" (1981), e "Twenty Flight Rock" (1982); le percussioni su "Hot Stuff" (1976)

Stewart incide coi Led Zeppelin "Rock and Roll", presente sul loro IV album, e "Boogie with Stu" su “Physical Graffiti”, due pezzi nella vena rock’n’roll più tradizionale, entrambi suonati con il suo inconfondibile stile boogie-woogie.

Un’altra collaborazione notevole è con Howlin’ Wolf per le sue “London Sessions” (1971), insieme a Eric Clapton, Ringo Starr, Klaus Voorman, Steve Winwood, Bill Wyman e Charlie Watts.

Suona il piano e l'organo anche nell'album “Bad to the Bone” (1982), di George Thorogood and The Destroyer.

Nel 1980 partecipa al supergruppo Rocket88 con alcuni amici musicisti, Colin Hodgkinson, Alexis Korner, Charlie Watts e Dick Morrissey, che pubblicano un LP omonimo.

Nel 1981 Stewart e Charlie Watts registrano la canzone "Bad Penny Blues", che appare nell'album “This Kind of Blues” della Blues Band.

Durante gli anni '80 suona in alcuni dischi del musicista italiano Guido Toffoletti e la sua Blues Society.

Ai primi di dicembre del 1985, Stewart inizia ad avere problemi respiratori.

Il 12 dicembre va in una clinica per far esaminare il problema, ma lo coglie un infarto improvviso e muore nella sala d'aspetto, a soli 47 anni.

Ironia della sorte: la Pietra Rotolante più pulita, quella che rifuggiva eccessi e droga, è quella che muore più giovane.

Certo che la sorte con “Stu” si è proprio divertita… ad essere superstiziosi pare proprio un accanimento!

Ma si sa, un patto col demonio esige le sue vittime...

I Rolling Stones suoneranno in un concerto tributo in suo onore insieme ai Rocket 88 nel febbraio del 1986 al London's 100 Club e quando saranno inseriti nella Rock and Roll Hall of Fame nel 1989, richiederanno che il nome di Stewart venga incluso.

Omaggio un po’ tardivo che sa tanto di ruffianeria ma meglio che nulla!

Onore a “Stu”!

Nota a margine: Il 19 aprile 2011, il pianista Ben Waters ha pubblicato un album tributo a Ian Stewart, intitolato “Boogie 4 Stu”. Una delle canzoni registrate per questo album è "Watching the River Flow" di Bob Dylan, interpretata dai Rolling Stones con Bill Wyman al basso. Era la prima volta dal 1992 che Wyman si riuniva alla sua vecchia band.

“I met a gin-soaked, bar-room queen in Memphis

She tried to take me upstairs for a ride

She had to heave me right across shoulder

'Cause I just can't seem to drink you off my mind

It's the honky tonk women

Gimme, gimme, gimme the honky tonk blues…”

The Rolling Stones – Honky Tonk Women

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