Può un attore ammerrigano belloccio, dall'aria un po' da imbecille (o da cottone, che tanto è uguale...), diventare uno dei nostri attori preferiti?
Può, cari amici dei Mutzhi Mambo, se il suo nome è JEFF BRIDGES!
Il nostro simpatico Jeff Bridges infatti è stato molto, molto bravo, soprattutto a scegliersi i film e i registi giusti e a mettere a frutto quella sua aria naturalmente (o artificialmente, chi lo sa?) stolida per interpretare personaggi indimenticabili in film veramente fondamentali.
Inoltre è uno dei pochi figacci che invecchiando non è diventato come l'aceto, bensi è migliorato come un buon vino.
È davvero uno degli attori più iconici della storia del cinema, nonché uno dei più azzeccati interpreti della sua generazione; eppure, nonostante la sua enorme popolarità e i riconoscimenti da parte della critica, è anche uno dei più sottovalutati.
Forse perché non si è mai perfettamente integrato nello Star System, con il quale ha da sempre un rapporto un po' ambiguo.
È capace infatti di partecipare a inutili blockbuster ma anche di mettersi coraggiosamente al servizio di registi indipendenti, dove è riuscito al meglio a calarsi nelle parti a lui più congeniali: antieroi disillusi, uomini falliti o sfigati, individui costretti a mettere in discussione convenzioni sociali, pregiudizi e ipocrisie, pronti (forse ma non sempre) ad un ultimo, tardivo riscatto.
Incarnando, da un po' di tempo a questa parte, quasi un aggiornamento più umano (al limite della parodia e della distorsione grottesca) dei grandi divi del passato.
Perché Jeff Bridges, checché se ne dica, è davvero uno degli ultimi divi a tutto tondo rimasti...
Jeffrey Leon Bridges nasce a Los Angeles, il 4 dicembre del 1949, da una famiglia di attori, e lavora nel mondo dello spettacolo fin da bambino.
Dopo il servizio militare è protagonista nel film "L'ultimo spettacolo" (1971) di Peter Bogdanovich e ricopre un ruolo minore nel film di John Huston, "Città amara" (1972), e ne "La terra si tinse di rosso" (1973) di Richard C. Sarafian.
Girando, a fianco di Clint Eastwood, quel capolavorone di "Una calibro 20 per lo specialista" (1974), diventa amico del regista Michael Cimino.
Dopo "Un autentico campione" (1976) di Bob Rafelson partecipa al pessimo remake di "King Kong" (1976) di John Guillermin, accanto a Jessica Lange.
Lavora poi in "Rebus per un assassinio" (1979) di William Richert, con Anthony Perkins, e nel megafloppone "I cancelli del cielo" (1981), di nuovo con Cimino.
Nel 1977 si è intanto sposato con Susan Geston: i due si erano incontrati durante le riprese del film "Scandalo al ranch", girato in un ranch in cui Geston stava lavorando come cameriera per pagarsi il college.
Attualmente hanno avuto tre figlie.
Nel 1982 recita in quel troiaio kitsch di "Tron" della Walt Disney che inspiegabilmente diventa un cult (forse perché troooppo kitsch…).
Nel 1984 viene diretto da John Carpenter in uno dei suoi film piu deboli, "Starman", quindi da Hal Ashby in "8 milioni di modi per morire" (1986) e poi da Sidney Lumet in "Il mattino dopo" (1986), con Jane Fonda.
Dopo "Tucker, un uomo e il suo sogno" (1988) di Francis Ford Coppola, partecipa alla commedia di Alan J. Pakula "Ci penseremo domani" (1989) e, sempre nello stesso anno, al film di ambientazione jazz "I favolosi Baker", di Steve Kloves, al fianco del fratello Beau Bridges e di Michelle Pfeiffer.
Finalmente recita in film capolavoro come "La leggenda del re pescatore" (1991) di Terry Gilliam (uno dei suoi ruoli migliori del periodo pre-Drugo), sostenuto da Robin Williams, e nell'avventuroso "Fearless - Senza paura" (1993) di Peter Weir.
Interpreta inoltre un buon thriller come "Blown Away - Follia esplosiva" di Stephen Hopkins (1994) e il western "Wild Bill", di Walter Hill (1995).
Dopo un fugace ritorno in televisione torna al cinema con "L'Albatross - Oltre la tempesta" (1996) di Ridley Scott e "L'amore ha due facce" (1996), in cui duetta con Barbra Streisand, anche regista della pellicola, e Lauren Bacall.
Nel 1998 interpreta il ruolo della vita, il mitico Jeffrey "Drugo" Lebowski, il protagonista del cult dei fratelli Coen "Il grande Lebowski", uno dei film più importanti degli anni 90.
Successivamente recita con Tim Robbins in "Arlington Road - L'inganno", di Mark Pellington (1999), e con Albert Finney nel thriller "Inganni pericolosi" (1999) di Matthew Warchus.
Nel 2001 è al fianco di Kevin Spacey in "K-PAX" di Iain Softley, mentre nel 2003 recita in "Seabiscuit - Un mito senza tempo" di Gary Ross; successivamente lavora con la splendida Kim Basinger in "The Door in the Floor" (2004) di Tod Williams.
Nel visionarissimo "Tideland - Il mondo capovolto" di Terry Gilliam (2005), interpreta una vecchia rockstar tossica che muore di overdose e lascia sola la figlia in una vecchia casa di campagna.
Nel 2008 una bella parte da villain con Obadiah Stane, il milionario prima socio e poi antagonista di Tony Stark, nel film "Iron Man", di Jon Favreau, e l'anno successivo è nel cast del divertente "L'uomo che fissa le capre", di Grant Heslov (2009).
Lo stesso anno, per la sua grande interpretazione di un divo del country al tramonto in "Crazy Heart", vince un Golden Globe e l'Oscar come miglior attore.
C’è da dire che non era nuovo a questo genere avendo inciso, come singer, l’album “Be Here Soon” (2000); nel 2011 bissa con “Jeff Bridges”, mentre nel 2015 pubblica “Sleeping Tapes”, un disco di spoken word/ambient con la musica di Keefus Ciancia.
Nel 2010 torna ad interpretare Kevin Flynn/Clu nell'inutilissimo "Tron: Legacy" sequel non richiesto di "Tron" ed è favoloso nel ruolo di protagonista dell'ottimo remake de "Il Grinta", dei fratelli Coen, nella parte che fu di John Wayne.
È uno stregone ambiguo e alcolizzato nel dark-fantasy “Il settimo figlio” (2014), diretto da Sergej Vladimirovič Bodrov, adattamento cinematografico del romanzo “L'apprendista del mago” di Joseph Delaney.
Nel 2016 interpreta uno sceriffo di frontiera nel bel western moderno "Hell or High Water" e l’anno successivo è nel cast del divertente action “Kingsman - Il cerchio d'oro”, di Matthew Vaughn, in quello di “Only the Brave”, di Joseph Kosinski, con Josh Brolin, e nel drammatico "The Only Living Boy in New York", di Marc Webb, stanca e un po ' conformista rilettura dei temi de "Il Laureato".
Divertente il Pulpissimo "7 sconosciuti a El Royale" (2018), diretto da Drew Goddard, dove il nostro interpeta un finto prede cattolico dal passato criminale, impelagato in una claustrofobica notte in un albergo dove si incrociano i destini di personaggi che non sono quello che sembrano.
Non male davvero...
Nel 2019 riprende in un cameo il ruolo di Obadiah Stane in "Spider-Man: Far from Home".
Intanto il nostro è diventato anche nonno per la prima volta nel marzo 2010, quando la figlia Isabelle ha dato alla luce una bambina, Grace.
Grande Jeff, ultimamente sei un po' il nonno pure de noantri!
Tanti auguri Drugo!
"Ho vissuto alla grande durante gli anni '70. Sono sopravvissuto e questa è sempre una buona notizia."
Jeff Bridges