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La Spagna non è solo terra di tori e nacchere: è anche terra di Pulp!

E che Pulp, ragazzi! Cinico, visionario, irriverente, spietato, divertente: Pulp sopraffino, cari amici dei Mutzhi Mambo, di primissima qualità!

Questo grazie ad un regista ganzo come il corrosivo ÁLEX DE LA IGLESIA, uno dei più interessanti autori di questi ultimi anni.

Non sappiamo per quale motivo Álex de la Iglesia viene sempre un po’ snobbato dalla critica e considerato un regista minore; anzi, spesso viene etichettato come il “Guillermo Del Toro” o il “Robert Rodriguez” spagnolo, quasi fosse un semplice clone o una versione iberica di questi due validi filmaker.

A parte che è una cosa fuorviante e ingenerosa nei suoi confronti, già il paragone con registi così diversi dovrebbe dare la misura della sua versatilità e della sua difficile catalogabilità.

Trattandosi di Álex de la Iglesia, quando affrontiamo un suo film bisogna aspettarsi tutto meno che una visione tranquilla e rassicurante: un’estetica estrema, violenta, variopinta, surreale ed eccessiva, un feroce humor nero, trame spesso imprevedibili e soggette a numerosi ribaltamenti di prospettiva, nonché una bella dose di eccezionale dinamismo, sono da sempre la cifra della sua cinematografia.

Maestro assoluto della commedia nera che più nera non si può, Iglesia usa le sue pellicole come un veicolo di spietata satira verso la società e la politica del suo paese, che assume sapore universale perché riesce a farsi beffe dei vizi e virtù del popolino.

Alla fine infatti son gli stessi a qualunque latitudine...

Álex de la Iglesia nasce a Bilbao, la capitale dei Paesi Baschi, il 4 dicembre del 1965.

Da adolescente è fortissima la sua passione per il cinema, i giochi di ruolo e soprattutto per i fumetti (tanto è vero che vedrà come suoi padri spirituali Stan Lee, Alex Raymond e Vàzquez), e si guadagna da vivere disegnando per diversi periodici e riviste.

La sua prima rivista di cinema è “Famosos monsters del cine”, una versione spagnola di “Famous Monsters of Filmland” di Forrset J. Ackerman, il più grande collezionista del mondo di fotografie e oggetti di cinema horror del passato.

Durante gli anni del liceo, inizia a collaborare con diverse riviste come “Trokola”, “El Correo Español”, “Tribuna Vasca”, “Euskadi”, “La Ría del Ocío”, poi, dopo essersi laureato in Filosofia all'Università di Deusto, si applica nella scrittura, pubblicando il romanzo "Payasos in la lavadora", edito da Pianeta.

Frequenta cineclub e bar, riesce a introdursi nel mondo dello spettacolo, lavorando in televisione come scenografo e realizzano la direzione artistica del programma “Todo por la Pasta” di Enrique Urbizu, una crime-comedy nerissima.

Dopo aver diretto il suo primo e unico corto “Mirindas asesinas” (1991), che fa incetta di premi un po' ovunque, ha l'occasione di conoscere Pedro Almodòvar, il quale lo spinge a tentare la fortuna come regista, aprendogli una prospettiva che prima di allora non aveva mai preso in considerazione.

Grazie alla casa di produzione El Deseo del noto regista spagnolo, nasce “Azione mutante” (1993), bizzarro film di fantascienza su dei variopinti terroristi in un futuro post-apocalittico, largamente influenzato da Guillermo Del Toro e Peter Jackson.

A seguire, dirige la slurposa Maria Grazia Cucinotta (che per l’occasione, oltre al solito, notevole décolleté, sfoggia un’improbabile parrucca bionda coi boccoli) e Armando De Razza nell’irresistibile commedia horror “El dia de la Bestia” (1995), storia molto surreale di un prete che deve fermare la nascita dell'Anticristo a Madrid.

Il demonio, per de la Iglesia, non è quell’essere terribile e pericoloso che ci hanno insegnato a temere: il demonio è il tuo vicino di casa.

L’inferno sono gli altri, la gente comune.

La città di Madrid diventa per la prima volta teatro del mistero, regno delle fantasie gotiche.

La pellicola frutta al nostro uno dei premi più ambiti nel panorama cinematografico iberico: il Goya come miglior regista.

Javier Bardem, James Gandolfini, Screamin’ Jay Hawkins, ma soprattutto la meravigliosa Rosie Perez, sono i protagonisti del suo film strapulp “Perdita Durango” (1997), tratto da un romanzo di Barry Gifford (gia autore del “Cuore Selvaggio” di Lynchiana memoria), che diverrà in breve un vero e proprio oggetto di culto.

Prosegue poi con la commedia “Muertos de risa” (1999), ma soprattutto con il nero “La Comunidad - Intrigo all'ultimo piano” (2000), con Carmen Maura, forse uno dei suoi film migliori.

Ispirato a “L’inquilino del terzo piano” (1976), di Román Polanski, è commedia all’acido solforico, ricca di situazioni agghiaccianti e insieme esilaranti, e di una verve comica veramente cinica.

Chi non l’avesse visto, rimedi subito!

Dopo “800 balas” (2002), Álex fa di nuovo centro e sforna “Crimen Perfecto - Finché morte non li separi” (2004), la perfetta commedia nera.

Raphael, caporeparto rampante di un grande magazzino, affascinante, carogna e donnaiolo, uccide per sbaglio il suo rivale professionale e si ritrova nelle grinfie della commessa più brutta e antipatica, che lo ricatta per farsi sposare.

Dire che è esilarante è fare torto a questa squisita pellicola, un capolavoro di comicità cattiva, dalla prima all’ultima inquadratura.

Dopo il nostro torna alla televisione per firmare un episodio della benemerita serie di film tv “Pelìculas para no dormir” dal titolo “La stanza del bambino” (2006).

Nel 2008 dirige un cast internazionale (che vede protagonisti Elijah Wood, John Hurt e quella megatopa di Leonor Watling) nel poco riuscito “Oxford Murders - Teorema di un delitto”, un giallo Hitchcockiano ambientato nel mondo dei matematici.

Due anni dopo è la volta di “Ballata dell'odio e dell'amore”, malinconica e visionaria avventura, ricca di spunti horror e splatter, ambientata durante la guerra civile spagnola.

Dopo “La fortuna della vita” (2011), amara commedia con José Mota e Salma Hayek, torna in gran forma con “Le streghe son tornate” (2011), un film che mischia diversi generi (azione, horror e commedia) raccontando la surreale rapina di un negozio di compravendita di oro da parte di due uomini disperati, vittime della crisi economica che finiscono in un paesino infestato di streghe.

Poi è la volta del documentario/marchetta “Messi - Storia di un campione” (2014), sulla vita dello strafamoso campione di calcio, “Mi gran noche” (2015), la cronaca della movimentata registrazione di uno show televisivo che andrà in onda la notte di Capodanno, una sorta di grottesco Circo Barnum, un affresco quasi felliniano che celebra il kitsch e il camp degli spettacoli televisivi.

Nel 2017 dirige “El bar” (2017), storia di un gruppo di avventori costretti a rimanere asserragliati in un bar che finisce in strage, ispirato a “L'angelo sterminatore” di Luis Buñuel, e “Perfectos desconocidos” (2017), remake del nostro “Perfetti sconosciuti”, di Paolo Genovese, cronaca spietata di una cena tra amici che si rivela un momento in cui si scoprono terribili altarini.

Che dire, insomma?

Che de la Iglesia è uno dei pochi registi dei quali aspettiamo con curiosità i prossimi lavori?

Ma sì, diciamolo pure…

Tanti auguri, Álex!

«Suonano alla porta... vi conviene non aprire.»

Taglina – La Comunidad

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