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E' uscito ed è disponibile nei migliori negozi di dischi e su tutte le piattaforme digitali il nuovo disco: Il male e' dentro il terzo album dei Mutzhi Mambo, band fiorentina fondata nel 1998,...

Vi starete domandando "Ma che c'entra JACOVITTI col Pulp?"
Calma, calma, cari amici dei Mutzhi Mambo, Jacovitti è il più grande di tutti e c'entra con tutto!
Uno dei più eccelsi geni della nostra cultura, il cartoonist di Termoli ha affrontato e stravolto, con la sua impagabile vena surreale, tutti i temi possibili della cultura popolare, dal western al noir, dalla satira al porno, dal giallo all'horror.
Ha inventato un modo di scrivere, con uno sgangherato slang di sua creazione, fra il popolaresco e il citazionista.
Nessuno come lui era svelto a captare i cambiamenti sociali dell'Italietta del dopoguerra, ed era capace di esternarlo in modo veloce, estemporaneo, immediato; questo grazie anche alla sua leggendaria rapidità a disegnare (sembra che non usasse neanche la matita, tanto era abile e sicuro di quel che voleva mettere sul foglio!).
Rapidità che si traduceva in un dinamismo incredibile, pazzesco, assolutamente ineguagliato, con azioni che travalicavano le barriere stesse della vignetta, senza soluzione di continuità, rompendo ogni barriera spazio-temporale.
Ma soprattutto, Jacovitti è entrato a pieno titolo negli annali storici del fumetto italiano, grazie ai suoi straordinari personaggi.
Le loro storie incredibili, visionarie, rocambolesche, le loro espressioni, a volte gioiose, a volte grottesche; e poi i suoi geniali giochi di parole, i salumi e affettati, serpenti e lumaconi che guardano da ogni parte di tavole affollatissime, caotiche, manesche, piene di tanti altri oggetti, i più diversificati e sparsi nei posti più impensabili.
Tutto questo era Jacovitti!
Ma il fatto di essere rimasto vicino alle posizioni della destra cattolica, a suo modo coerente con le sue convinzioni (anche se poi si contraddiceva spesso e volentieri con le sue vignette corrosive ed erotiche), gli ha alienato diverse simpatie, soprattutto della critica "militante" che teneva banco durante gli anni “caldi” della contestazione.
Infatti è riuscita ad isolarlo a partire dagli anni '70, rallentando di fatto la sua piena e sacrosanta rivalutazione artistica: ancora oggi, purtroppo, siamo ben lontani dall’aver apprezzato appieno la sua portata culturale.
I nostri cervelli forse sono troppo piccoli per capire quanto è grande Jacovitti!
È un problema di misure...

Benito Franco Giuseppe Jacovitti nasce il 9 marzo del 1923 a Termoli, in Molise, in una famiglia di origine slava-albanese.
All'età di sette anni inizia a mostrare il suo interesse per i fumetti.
Si trasferisce con la famiglia, ancora bambino, prima a Macerata e poi a Firenze dove frequenta l'Istituto d'Arte.
Nel 1939, ancora sedicenne, inizia la sua carriera pubblicando per la rivista satirica fiorentina "Il brivido" alcune panoramiche (ovvero delle tavole a pagina intera piene di gag) di cui la prima, "La linea Maginot", ironizza sulla guerra; poi la storia a fumetti "Pippo e gli inglesi" che lo fa subito notare procurandogli la collaborazione quasi trentennale per il settimanale “Il Vittorioso” dell'editrice cattolica AVE, che lo farà conoscere in tutta Italia.
L'esile corporatura del giovane Jacovitti gli vale il soprannome di Lisca, e per questo, come icona con cui firmare le sue tavole, adotta appunto la sua famosa lisca di pesce.
Passati i decenni e diventato un bell'omone panciuto, Jac stesso ha modo di ironizzare sul persistente uso della "lisca" come firma, affermando qualcosa tipo "forse dovrei passare a un grosso pesce o a una balena".
La collaborazione con “Il Vittorioso” nata nel 1940 sarebbe continuata fino al 1969, quando questo chiude i battenti.
Jacovitti continua il suo lavoro con “Il Giorno dei Ragazzi”, supplemento de “Il Giorno”, per il quale, il 28 marzo 1957 aveva già creato il suo più famoso personaggio, il mitico "Cocco Bill".
Sempre per “Il Giorno” crea tre formidabili personaggi romani: "Tizio, Caio e Sempronio", i quali si esprimono nel più maccheronico dei latinorum; la saga di "Tom Ficcanaso", giornalista detective protagonista di molte gustose parodie del genere hard-boiled e mystery, "Gamba di Quaglia", "Chicchirino", "Microciccio Spaccavento", "Gionni Galassia".
Anche sul quotidiano sono famose le sue panoramiche all'ultima pagina a colori sulle edizioni del lunedì, mentre sul Giorno della Donna nasce "Lolita Dolcevita" e sul quotidiano "Elviro il Vampiro" e la storia a strisce di "Baby Tarallo".
Nei primi anni cinquanta è anche collaboratore del “Quotidiano”, giornale dell'Azione Cattolica, per il quale produce vignette con più chiari spunti satirici legati all'attualità politica dell'epoca (in pratica è il primo in Italia a fare una vignetta in prima pagina che è quasi un editoriale).
Dalla fine degli anni quaranta collabora anche con Il "Travaso delle idee" nel quale, insieme a Federico Fellini, da luogo alla storia anticomunista sui "due compagni" che deve poi sospendere per resistenze da parte dell'editrice AVE del “Vittorioso” ("Il grande Jacovitti", gli dicono, "non può collaborare con un giornaletto del genere") e quindi Jacovitti la continua sotto lo pseudonimo di "Franz".
Dal 1957 al 1960, realizza tre meravigliose storie a fumetti: "Sempronio", "Pasqualino Rififì" e "Alonzo" e continua anche il lavoro con il Corriere dei Piccoli dal 1968 al 1982 dando vita al favoloso "Zorry Kid" (parodia di Zorro), "Jak Mandolino" (l'irresistibile ladro ripreso dal Vittorioso e modernizzato dalla presenza del "diavoletto tentatore" Pop Corn, che il delinquente pesta violentemente ogni volta che fallisce un colpo - ovvero sempre - per sfogare la sua frustrazione), "Tarallino" "Checco", tutto mentre prosegue la pubblicazione di "Cocco Bill".
Da ricordare poi la prestigiosa collaborazione, dal 1965, con la rivista “Linus” (l’ammiraglia dell’intellighenzia radical chic di quegli anni in ambito fumettistico), dove crea prima "Gionni Peppe" e poi "Joe Balordo", anch'esso irresistibile parodia dei detective hard-boiled dove l'autore ha potuto dare sfogo alla sua vena più erotico-goliardica (per ovvi motivi trascurata nella produzione destinata ai ragazzi), avvalendosi di un linguaggio colorito fatto di un allegro turpiloquio nel suo tipico "slang jacovittiano" e di grottesche divagazioni sessuali ma mantenendo inalterato il gusto per l'assurdo ed il nonsense che caratterizzano da sempre le sue storie.
I comics di Jacovitti in quel periodo sono intrecciati spesso con gli accadimenti di portata epocale che hanno contraddistinto l'evolversi dell'Italia, fino ad influenzare per primi i costumi.
Tantissimi gli scolari degli anni sessanta-settanta che, fra libri e quaderni, nel loro zainetto non facevano mai mancare il suo diario, il mitico "Diario Vitt".
Come dimostra la lunghissima campagna pubblicitaria dei gelati Eldorado con “Cocco Bill”, in quel periodo è all’apice del successo. Eppure, nel corso degli anni settanta la stella di Jacovitti si eclissa rapidamente, pur essendo l’artista al suo acme creativo.
Per esempio, per quale motivo deve rinunciare all’importante collaborazione fissa al “Corriere dei Ragazzi”? Forse perché non si sente valorizzato dalla redazione?
Per qualche anno ancora continua le sue prestigiose collaborazioni extrafumettistiche, ma non ne intraprende di nuove, almeno di significative e di remunerative.
A parte “Linus”, che fa un po’caso a sé, non collabora ai newsmagazine "adulti" che attraggono i nuovi talenti dal mondo del fumetto, in un periodo in cui questo media, per la prima volta, smetteva di essere considerato esclusivamente "roba da bambini".
Insomma, non molti sono a conoscenza di una sua produzione di fumetti erotici, contraddistinta dal suo solito stile, ma comunque esplicita su temi sessuali.
Nel 1977 infatti pubblica, assieme a Marcello Marchesi, il libro "Kamasultra", in cui reinvento in modo spassoso le posizioni del celebre trattato indiano di arte amatoria; a dire il vero in tutta l'opera di Jacovitti c'era sempre stata comunque una punta di erotismo seppur accennato e caricaturale.
In un'intervista di fine anni settanta l'autore si sfoga raccontando le costrizioni della censura sul suo lavoro giovanile giunta fino a imporgli delle figure femminili asettiche, in perfetta antitesi con la sua tendenza a esagerarne gli attributi.
Ma rimane il fatto che dalla metà degli anni settanta, se non prima, Jacovitti viene trattato come un autore di serie B, mentre altri suoi colleghi, spesso non altrettanto dotati, raggiungono la fama e ricevono laute commissioni.
Lo scotto da pagare per aver "contestato" la "contestazione"?
La sua ultima collaborazione importante, iniziata nel 1978, è con “Il Giornalino” delle Edizioni San Paolo, che continua ancora oggi a redigere storie sul suo personaggio più famoso, "Cocco Bill", realizzate dal suo allievo Luca Salvagno.
Negli anni novanta, ormai anziano, Jacovitti usa farsi inchiostrare le tavole da un giovane autore svizzero d'origini serbe trapiantato nel Salentino, Nedeljko Bajalica, che lo seguirà fino agli ultimi giorni prima come assistente e poi come co-autore nella serie "RAP" realizzata per la Balacco Editore.
Per l’inizio di una sua seria rivalutazione critica, bisognerà aspettare il 1991, quando lo scrittore Fulvio Abbate vuole curare una sua mostra di tavole originali alla Galleria "La Nuova Pesa" di Roma, per il primo riconoscimento che il genio del fumetto italiano abbia mai ricevuto in vita in uno spazio espositivo prestigioso.
Nell'ultimo periodo della sua attività illustra il libro "Tredici favole da raccontare" di Lucia Spezzano. "Il maharaja e il saggio", "La lepre e la talpa", "Il rospetto dello stagno incantato", ecc.: questi personaggi per bambini, sono gli ultimi sui quali si esercita la matita del grande disegnatore, in tredici tavole originali, ciascuna delle quali riesce a "concentrare" un'intera favola in una sola immagine.
L'immenso fumettista muore a Roma il 3 dicembre del 1997.
A Termoli il liceo artistico è stato intitolato a Benito Jacovitti.
E giustamente.
Perché è stato un vero maestro, perché è stato un genio del disegno.
Un mago.
Ed era impossibile non amarlo.
Perché nessuno come lui sapeva parlare ai ragazzi (e non solo).
Nessuno.
Onore a Benito Jacovitti!

"Qualcuno brontolò perché, per esempio nelle storie western, c'era qualche ammazzamento. Ma sarà violenza quella in cui il morto fa un paio di capriole, entra nella cassa e cammina per il cimitero con mani e piedi che gli escono dai legni?"
Benito Jacovitti


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