Ce li avete maschera, pinne, muta da sub, bombole e respiratore?
Vi serviranno, cari amici dei Mutzhi Mambo, perché oggi facciamo un tuffo nell’oceano vastissimo e misterioso del cinema più infame, un’altra immersione nelle profondità del Pulp più Pulp e, se non siete abituati, c’è il rischio che vi possa mancare l’aria, che possiate affogare in tanta merda, che vi perdiate per sempre per non tornare più a galla…
C’è un termine, un po’ arcaico e caduto in disuso, “abburatto”, che indica il setaccio per raffinare la farina e che in fiorentino designava figurativamente anche una persona scaltra, un po’ imbrogliona, un po’ naif: uno, insomma, “che si sa arrangiare” pur non avendo particolari doti, né tecniche né tanto meno artistiche…
Ecco, se c’è uno a cui questo termine, in questa accezione, calzerebbe a pennello è proprio lui, ALBERT ZUGSMITH, il “Re dei B movie”, uno dei personaggi più rappresentativi della gloriosa stagione del cinema explotation dagli anni ’50 alla fine dei ’60.
Con un background nella promozione musicale di band di Jazz, nelle public relations (uno dei suoi clienti nell'epoca della proibizionismo a Chicago era nientepopodimeno che Al Capone), il giornalismo, l’avvocatura (fra i suoi assistiti Siegel & Schuster, I creatori di Superman in causa con la DC) e le proprietà nel settore della comunicazione (radio, giornali, prime televisioni), Zugsmith era diventato molto ricco ed aveva il pallino per il cinema.
Più noto come produttore (sua, ad esempio, la produzione de “L’Infernale Quinlan”, il capolavoro noir di Orson Welles), Zugsmith si è fatto valere anche come regista di pellicole di serie B, specie sexploitation e grindhouse, firmando alcune “perle” (in)dimenticabili.
In fondo era un’epoca in cui anche i maneggioni come Zugsmith potevano far carriera, ma il gusto per i guadagni facili e sicuri non collimava esattamente con la qualità delle proposte… va da sé che gente come lui avrà sempre e comunque la nostra ammirazione!
Albert Zugsmith nasce il 24 aprile del 1910 ad Atlantic City, nel New Jersey.
Sua sorella maggiore diventerà una scrittrice di un certo successo durante gli anni ’30.
Già da adolescente, il nostro Albert si dimostra un imprenditore geniale e poliedrico, curando la promozione delle big band Jazz di Ted Weems e Paul Whitman e le public relations di clienti sui generis come il noto gangster Al Capone (che forse era più abituato ad intrattenere le pubbliche relazioni a suon di mitragliate…).
Nel 1935 fonda il quotidiano "Daily World" di Atlantic City, anche in qualità di editore e redattore.
Successivamente, dal 1939, si dà da fare come consulente per giornali, radio e televisioni, diventando intermediario nelle vendite di proprietà nel settore della comunicazione.
Con questa attività ha un notevole successo, arrivando a realizzare qualcosa come 250 milioni di dollari di vendite: grazie alle laute commissioni, diventa a sua volta milionario.
Da vero appassionato di cinema, Zugsmith vuole entrare nell’industria Hollywoodiana, e inizia a produrre film all'RKO durante gli anni di Howard Hughes.
Si sposa con Ruth Feldman e la sua prima figlia, Patty Zugsmith, nasce in questo periodo, intorno al 1942.
Fra le sue innumerevoli attività, Albert esercita anche come avvocato e sarà il primo rappresentante legale di Jerry Siegel e Joe Shuster nella loro causa del 1948 contro la DC Comics.
I due autori volevano un maggiore controllo creativo sul loro personaggio di Superman e soprattutto, una maggiore percentuale sulle royalties ma, a quanto risulta, la causa non andrà a buon fine ed il nostro deciderà di buttarsi a capofitto nella produzione cinematografica.
Prima arriva ad Hollywood come pubblicista, ma in seguito diventerà produttore di film di prestigio diretti da registi del calibro di Orson Welles e Douglas Sirk per la Universal.
Fonda la casa indipendente “American Pictures Corporation”, insieme a Peter Miller, Aubrey Wisberg e Jack Pollexfen.
Progettano di realizzare sei film all'anno, tutti a basso costo, per cinque anni, basandosi su di un fondo di 3,5 milioni di dollari.
Producono, tra gli altri il post-apocalittico “Captive Women” (1952); il delirante “Invasione U.S.A.” (1952), niente a che vedere con l’omonimo cult trash interpretato da Chuck Norris, anche se come ideologia e qualità siamo lì; il cappa e spada “Sword of Venus” (1953); il monster movie a base di granchi giganti “Port Sinister” (1953); la commedia pruriginosa “Paris Model” (1953); la versione cinematografica del successo di Broadway “Top Banana”(1954), con Phil Silvers.
Il successo dei film prodotti da Zugsmith, gli fanno ricevere un’offerta per un contratto a lungo termine da parte della Universal. Per questa major produce “Delitto sulla spiaggia” (1955), un melodramma con Joan Crawford e Jeff Chandler; “La giungla del quadrato” (1955), un film di boxe con Tony Curtis; e i western “Il Marchio del Bruto” (1956), con Yvonne de Carlo e Rory Calhoun, “Tramonto di fuoco” (1956), sempre con Calhoun, diretto questa volta da Jack Arnold, e “Esecuzione al tramonto” (1956), di Charles F. Haas, con John Agar e Mamie Van Doren.
Zugsmith mette a segno un bel colpaccio con “Come foglie al vento” (1956) interpretato da Rock Hudson, Robert Stack, Lauren Bacall e Dorothy Malone, e diretto da Douglas Sirk.
Poi produce un autentico cult movie della fantascienza, il mitico “Radiazione BX: Distruzione Uomo” (1957), di Jack Arnold, tratto dalla sceneggiatura di Richard Matheson, con i protagonisti rimpiccioliti alle prese con animali comuni come gatti e ragni, che però hanno dimensioni gigantesche rispetto a loro.
Zugmsith lavora poi per il crime “Il vestito strappato” (1957), sempre per la regia di Arnold, con Jeff Chandler, e i noir “The Girl in the Kremlin” (1957), di Russell Birdwell, e “I bassifondi del porto” (1957), di Arnold Laven.
Produce “Il trapezio della vita” (1957), tratto da un romanzo di William Faulkner, diretto da Douglas Sirk, con Rock Hudson, Robert Stack e Dorothy Malone; “La tragedia del Rio Grande” (1957) con Jeff Chandler e Orson Welles, diretto dal fido Arnold; e il semi biografico “L’animale femmina” (1957), con Hedy Lamarr nel ruolo di sé stessa, diretto da Harry Keller.
Il film seguente a cui lavora il nostro è il leggendario noir “L’Infernale Quinlan” (1958): sembra che in realtà Orson Welles dovesse solo interpretare il cattivo in questo film ma Charlton Heston mette come condizione per la sua partecipazione il fatto che il film lo diriga Orson in persona.
Ma c’è un’altra versione dei fatti… Welles aveva lavorato di recente con Zugsmith, in “La tragedia del Rio Grande” ed era interessato a dirigere qualcosa per lui.
Il nostro gli offre quindi un mucchio di sceneggiature, ma Welles sceglie quella che gli sembra la peggiore, basata su un romanzo di Whit Masterson, per dimostrare di poter realizzare un grande film anche con una cattiva sceneggiatura.
Dopo un decennio passato in Europa durante il quale era riuscito a completare solo alcuni film, Welles è ansioso di dirigere nuovamente a Hollywood, quindi accetta di percepire solo la paga come attore per il ruolo di Quinlan.
Welles riscrive tutto da capo e manda la pellicola in produzione.
Anche se avrà una gestazione travagliata (la Universal lo massacra in sede di montaggio, tagliando più di 20 minuti del lavoro di Welles e facendo dirigere a posteriori da Harry Keller alcune scene aggiuntive), il film si rivela lo stesso un capolavoro, uno dei cardini assoluti del Pulp, ma per l’epoca risulterà troppo cupo e visionario per avere successo.
Zugsmith se ne va quindi alla MGM dove firma un contratto per sei pellicole.
Il sodalizio parte bene con il grande successo di “Operazione segreta” (1958), con Russ Tamblyn e la Van Doren, diretto da Jack Arnold, uno dei primi film a parlare del rapporto dei giovani con la droga.
Ma i film che seguono non saranno altrettanto fortunati: il drammatico “Questa donna è mia” (1958); “The Beat Generation” (1959), con la Van Doren e Steve Cochran, scritto da Matheson e diretto da Haas, film che descrive i beatnicks come delinquenti e con cui Zugsmith “soffia” a Jack Kerouac la “paternità” del termine omonimo; il crime “Corruzione nella città” (1959) con la Van Doren, Cochran e Mickey Rooney, diretto da Haas; e il drammatico “Girls Town” (1959) con la Van Doren, sempre diretto da Haas.
Zugsmith debutta finalmente (?) alla regia con “La vita intima di Adamo ed Eva” (1960), che gira a quattro mani insieme a Mickey Rooney, che lo interpreta pure.
Il film, realizzato in modo indipendente, è una vera bizzarria, basato sul “Diario di Adamo ed Eva” scritto nel 1906 da Mark Twain, ma con echi de “Il Mago di Oz” (la trovata del mondo reale in bianco e nero e il sogno a colori) e soprattutto tante belle più up, fra cui spicca la fedele Mami Van Doren.
Torna ancora alla MGM e produce il thriller “I perduti dell'isola degli squali” (1960), con Rooney, diretto da Haas.
Zugsmith scrive e dirige poi il dramma “College Confidential” (1960) con Steve Allen, su di un professore che, con la scusa di una ricerca sociologica sul sesso giovanile, cerca di corrompere le menti innocenti dei suoi studenti.
Quindi passa alla Allied Artists e per loro dirige tre film: la commedia pruriginosa “Sex Kittens Go to College” (1960) con Mamie Van Doren e Tuesday Weld; “Dondi” (1961), un film per bambini con David Janssen; e quello che viene considerato il suo film migliore, “Le confessioni di un fumatore d’oppio” (1963) con Vincent Price, basato su un romanzo dello scrittore Thomas De Quincey.
Zugsmith confeziona un film veramente weird, impossibile da catalogare, che abbraccia più generi: dal woman in prison, al cappa e spada, passando per il drug movie.
Quel che ne esce fuori è un film delirante ma capace di divertire, ricco com’è di esotismi, balletti e scazzottate; Price è come al solito gigione e carismatico.
Produce l’action “Zigzag” (1963) nelle Filippine, e la bizzarra e scollacciata commedia in costume “La cugina Fanny” (1964), di Russ Meyer, e il sexplotation “Sappho Darling” (1968).
Dirige personalmente il trashissimo “The Great Space Adventure” (1963), alcune scene del crime “L’ora di uccidere” (1964), i sexplotation “The Incredible Sex Revolution” (1966), e, senza essere accreditato “Psychedelic Sexualis” (1966); il drug movie “Movie Star, American Style” a.k.a “LSD, I Hate You” (1966), l’horror “The Chinese Room” (1968); gli erotici “Two Roses and a Golden Rod” (1969), e “The Very Friendly Neighbors” (1969); e il delirante western con spunti horror “The Phantom Gunslinger” (1970) con Troy Donahue.
L'ultimo lavoro di Zugsmith è la regia del lurido sexplotation “Violated!”, nel 1975.
Il grande Zugsmith muore a Los Angeles il 26 ottobre del 1993.
Lascia tre figli, Suzan (futura sindaca di Claremont), Patricia e Michael.
Con lui se ne va finisce un modo di fare cinema adesso probabilmente improponibile, un cinema ancora naif, artigianale, che per farlo ci volevano doti non indifferenti di cinismo, lucidità e furbizia ma anche tanta, tanta passione.
Doti che oggi sono sempre più rare da trovare, specie nella medesima persona.
Uno come “The King of Bs” ora forse non potrebbe manco lavorare.
Se sia un bene o un male non si puo dire…
A noi piaceva, però!
Onore ad Albert Zugsmith!
"I pick my titles to get 'em into theatres, thousands of exhibitors say amen to that."
Albert Zugsmith