Il tipaccio barbuto nella foto non è né un attore preso per fare il mago in un film fantasy né un barbone puzzolente fotografato alla stazione di Milano.
È l'incommensurabile ALAN MOORE, l'uomo che ha rivoluzionato i fumetti!
Fumettista, attore, musicista, occultista, senza di lui (un britannico!) e i suoi "Watchmen", i comics americani sarebbero rimasti solo "ammerigani" e basta.
Senza di lui e il suo "V for Vendetta", gli hackers non avrebbero saputo come truccarsi.
Senza di lui e il suo "Swamp Thing", il fumetto dell'orrore sarebbe rimasto ai vampiri in frac.
Basterebbe questi tre titoli per dare la misura della sua incommensurabile influenza nella storia della cultura contemporanea...
La sua straordinaria importanza infatti travalica quella ristretta delle nuvole parlanti: Moore è uno degli autori fondamentali in assoluto più caratterizzanti della fine del Novecento, e meriterebbe un'attenzione pari ai classici della letteratura!
Alan Moore nasce a Northampton, in Gran Bretagna, il 18 novembre 1953 da un operaio di una locale fabbrica di birra, e una lavoratrice saltuaria in una stamperia dei dintorni.
Cieco dall'occhio sinistro e sordo dall'orecchio destro, Moore riesce comunque a sopravvivere nel suo quartiere, dove vive in una casa popolare di stile vittoriano.
A causa del lavoro dei suoi genitori, Alan resta in custodia della nonna insieme al fratello più giovane Mike o, più spesso, viene lasciato solo: il suo passatempo preferito è quello di leggere libri, appassionandosi soprattutto alla mitologia e alla leggenda di Robin Hood.
Tra i primi fumetti della sua vita si contano alcune serie umoristiche inglesi come “Topper” e “Beezer”.
Ben presto, però, scopre il fumetto americano di genere supereroistico: è il 1961 quando inizia a leggere le storie della cosiddetta Silver Age, l'epoca in cui "rinascono" i comics dei super eroi dopo l'appannamento degli anni '50.
Si iscrive alla Northampton Grammar School, saltando spesso le lezioni per divertirsi con gli amici, iniziando anche a frequentare le sue prime fiere di cartoons come appassionato.
Sono anni intensi anche per le letture di fumetti: su tutti riviste come The Mighty Crusades o i supereroi della Charlton Comics, ma anche "Spirit" di Eisner o riviste della scena underground, come Mad, Arcade, Graphic Story Magazine, Oz.
È di questo periodo la sua prima collaborazione nel campo con diverse fanzine: nel 1969, sulla rivista Cyclops, appare la sua prima illustrazione, una pubblicità per la libreria Dark They Were and Golden Eyed, specializzata in fantascienza.
Quando, a 17 anni, viene scoperto il piccolo spaccio di LSD che ha messo in piedi a scuola, viene sbattuto fuori: il preside, con una serie di lettere, gli impedisce inoltre di iscriversi a qualsiasi altra scuola del paese.
Moore è così costretto ad entrare nel mondo del lavoro, svolgendo le attività più disparate, dal tosatore di pecore al portiere, dall'addetto alle pulizie al magazziniere.
Nel frattempo inizia a collaborare con il Northampton Arts Lab: è di quel periodo la decisione di farsi crescere la barba e di interessarsi in maniera più attiva alla politica.
Con un gruppo di amici dell'Arts Lab contribuisce alla pubblicazione delle riviste Embryo e Rovel, quindi prova a scrivere le sue prime canzoni.
Nel 1974 sposa Phyllis, incontrata ad una serata di lettura di poesie.
La coppia va a vivere di fronte al North Gate, mentre Alan continua a lavorare per la Kelly Bros Pipe Company, anche se nel suo tempo libero si diletta sempre a disegnare e a scrivere.
Da Phyllis ha due figlie: prima Leah, nata nel 1978, e più tardi Amber.
Decide quindi di iniziare a lavorare nel mondo del fumetto come professionista.
Lasciata la sua occupazione, invia i suoi lavori a vari editori del settore: alcune delle sue strisce vengono accettate da varie riviste e, pur non essendo retribuiti, questi lavori lo aiutano a migliorare la sua capacità di rispettare le scadenze.
La sua prima opera retribuita è un'illustrazione per il New Musical Express, ma proprio la nascita di Leah convince Alan a realizzare qualcosa di meno saltuario delle semplici illustrazioni che realizza in quel periodo.
Invia, così, al Sounds, un settimanale musicale, due episodi della striscia "Roscoe Moscow" con lo pseudonimo di Curt Vile: la rivista, dopo aver visionato il lavoro, chiede a Moore di realizzarla in maniera periodica ad un prezzo di 35 sterline alla settimana.
Sempre su Sounds, questa volta con Steve Moore, realizza "The Stars My Degradation", realizzando un totale di 200 strisce.
Vende poi al Northampton Post, quotidiano locale, la striscia umoristica "Maxwell tha Magic Cat", realizzata per oltre sette anni con lo pseudonimo di Jill Deray, introducendo nelle sue casse ben altre 10 sterline settimanali. Ormai è ricco…
Desideroso (e bisognoso) di incrementare le entrate, decide di dedicarsi esclusivamente (o quasi) alla scrittura, soprattutto a causa della sua lentezza, che non gli consente di prendere troppi lavori contemporaneamente.
Dapprima prova a collaborare anche come critico musicale per varie riviste (intervista anche gruppi rock come gli Hawkwind), ma il distacco che richiede tale lavoro lo porta, definitivamente, verso il fumetto.
Fondamentale è l'amico di vecchia data Steve Moore che sta lavorando già da un po' di tempo per la Marvel UK e lo presenta agli editors, che propongono ad Alan di realizzare storie per i settimanali “Star Wars” e “Dr. Who”.
Moore accetta ben volentieri e, nello stesso periodo, inizia la sua collaborazione a quella che, nel tempo, si rivelò una vera fucina di talenti britannici: la rivista underground 2000AD, per la quale crea il personaggio di "Abelard Snazz".
Nel 1982 Dez Skinn, esperto editor di fumetti, che sta per lanciare un nuovo magazine, “Warrior”, mette sotto contratto il giovane Alan per realizzare i fumetti per la nuova rivista.
Moore, in quell'ambito, realizza tre opere, due delle quali sono considerate dei capisaldi nella storia del fumetto.
Su Warrior n. 12 fa il suo esordio "The Bojeffries Saga", disegnata da Steve Parkhouse, ma è soprattutto con "Marvelman" e "V for Vendetta" che Moore esprime tutto il suo talento visionario.
"Marvelman" è la riproposizione di un personaggio dei fumetti inglesi degli anni cinquanta, considerato come il primo supereroe britannico, le cui avventure mantenevano un'innocente atmosfera infantile.
Moore, nella sua riproposizione, sposta le avventure dal carattere ingenuo dell'edizione originale a una versione più oscura e adulta, più adatta ai tempi.
Inizia di fatto con “Marvelman” quello che oggi è noto come "revisionismo supereroico" e che ha portato a trasposizioni di supereroi classici in storie più cupe e realistiche. Nelle tre serie di questo fumetto (poi ribattezzato "Miracleman" per evitare una causa legale da Marvel Comics) da lui scritte, Moore si spinge ad immaginare come verrebbe cambiato il mondo dalla presenza di veri supereroi: per l'autore, gli eroi in calzamaglia renderebbero la Terra teatro di terribili sciagure ed inimmaginabili meraviglie, un percorso che approfondirà qualche anno più tardi con "Watchmen".
Con "V for Vendetta" Moore inizia ad introdurre i suoi personaggi sporchi e cattivi, che sono diventati una sorta di marchio di fabbrica per un'intera generazione di scrittori britannici (ottimi autori come Grant Morrison, Mark Millar e Warren Ellis).
Ambientato in una distopica Gran Bretagna, racconta le avventure di un terrorista anarchico che, con indosso una maschera di Guy Fawkes, il cospiratore protagonista della storica “congiura delle polveri” (un tentativo di colpo di stato operato in inghilterra dai cattolici all’inizio del XVII secolo), si oppone con tutte le forze al governo britannico fascista di questo futuro alternativo, avviando al contempo un processo di sensibilizzazione morale nei confronti di coloro che lo incontrano.
La serie, contrassegnata dalle splendide, cupe chine di David Lloyd, è una profonda protesta, seppur non esplicita, contro la politica del governo di Margaret Thatcher.
Nel 2005 ne è stato tratto un film omonimo, diretto da James McTeigue, dal quale Moore si è dissociato del tutto, chiedendo anche la rimozione del suo nome dai titoli di coda.
Inoltre la famosa maschera è stata adottata come simbolo dei fantomatici hacker Anonymous.
Len Wein, il creatore di Swamp Thing e supervisore della serie a questi dedicata ("Saga of the Swamp Thing"), nel 1983 propone a Moore di collaborare alla scrittura dell'albo, che in quel periodo vende pochino.
Moore accetta con entusiasmo la nuova sfida propostagli e inizia, così, la sua prima collaborazione con la DC Comics.
Nella gestione della saga viene affiancato da Steve Bissette e John Totleben, rispettivamente come disegnatore e inchiostratore, ma nei fatti il team creativo era un unico gruppo affiatato in cui non solo i tre autori scoprirono di avere spesso idee molto simili, ma erano anche in grado di completare a vicenda gli spunti che ciascuno di loro inviava agli altri, il tutto rigorosamente via fax.
Senza alcun dubbio è proprio sulle pagine di "Saga of the Swamp Thing" che inizia sul serio il rinnovamento radicale del fumetto moderno.
Secondo Moore, lo svecchiamento della saga doveva passare innanzitutto dall’eliminazione di alcune ingenuità del fumetto che fino ad allora erano state utilizzate troppo spesso.
L'idea di base era quella di portare l'attenzione su “Swamp Thing” non già come essere umano che ha subito una ben strana mutazione a causa di un esperimento scientifico sfuggito di mano, ma come un rappresentante di una forza primordiale, una via di mezzo tra il mondo vegetale e quello animale.
Il tutto visualizzato attraverso disegni dettagliatissimi, utilizzando anche l'espediente di inserire insetti o altri animali come inquilini del suo corpo o personaggi come Jason Woodrue, l'Uomo Floronico, o esseri mistici come lo Spettro, lo Straniero Fantasma, Etrigan o uno dei personaggi più di successo di Moore: l'infame demonologo John Constantine.
Mago inglese e detective dell'occulto decisamente ambiguo nei suoi comportamenti (divenuto successivamente a sua volta protagonista di una delle migliori serie del comic americano), Constantine è il motore principale nell'evoluzione del personaggio di “Swamp Thing”.
Nella serie, però, Moore non propone solo dei personaggi magici, ma soprattutto un percorso magico, quasi iniziatico, durante il quale la Creatura incontra ogni genere di malvagità, il tutto in storie dalle rivoluzionarie sceneggiature, precise fino al più piccolo dei particolari.
L'esplorazione del male, poi, passa attraverso le più disparate tematiche, dal razzismo alle preoccupazioni ambientaliste, dalla violenza alla discriminazione sessuale, il tutto in un'atmosfera dell'orrore che non era racchiusa solo nei mostri che “Swamp Thing” incontrava, ma spesso anche nelle persone cui era costretto a confrontarsi.
Proprio grazie a queste storie non solo la DC pubblica il suo primo albo senza l'approvazione del famigerato Comics Code Authority, ma di fatto dà il via alla benemerita Vertigo Comics, la sotto etichetta creata dall'editore newyorkese proprio per consentire ad autori come Moore e Neil Gaiman di lavorare nel massimo della libertà.
Alan scrive poi due delle più belle e definitive avventure, rispettivamente di “Superman” ("Che cosa è successo all'Uomo del Domani?" - 1986) e di “Batman” ("The Killing Joke" - 1988).
«Chi vigila sui vigilanti?» (“Who watches the watchmen?”) È su questo interrogativo che si basa l'opera che, insieme a "Il ritorno del Cavaliere Oscuro" di Frank Miller ha imposto al mondo dei supereroi quell'atmosfera noir che ha caratterizzato gli anni ottanta e buona parte dei novanta.
Moore coglie l'occasione del rilancio dei personaggi della Charlton Comics, una delle gloriose case editrici fallite, i cui characters erano stati rilevati dalla DC Comics, per proporre una nuova visione del supereroe, cercando di indagarne i vizi e le virtù, di comprendere le implicazioni morali e politiche delle loro azioni.
Alla fine, anche grazie agli splendidi disegni di Dave Gibbons, esce "Watchmen", un affresco, pubblicato in dodici puntate di oltre 400 pagine (e la sceneggiatura originale di ciascun capitolo è lunga quanto tutta l'opera finita!) che vince anche il premio Hugo, primo romanzo a fumetti ad avere un riconoscimento letterario di questa levatura.
Il suo successo è tale che i suoi simboli influenzano la cultura di massa del tempo: su tutti lo “smiley” (la spilletta con la faccina gialla che ride) che proprio in quel periodo ha una grande esplosione di popolarità.
Non solo: i due autori arrivano ad una notorietà tale da poter rivaleggiare, per fama, con le più importanti rockstar del tempo, e vengono invitati appena possibile ad ogni trasmissione televisiva.
Si inizia a parlare allora di una trasposizione cinematografica ma si deve attendere il 2009 per vedere quella, poco più che discreta, diretta da Zack Snyder.
D'altronde la complessità della trama, con tutti i suoi complicati e raffinati rimandi a sottotrame parallele, è quasi impossibile da ridurre per un film…
Dopo una serie di screzi che lo portano ad interrompere la collaborazione con la DC, di fatto, verso la fine degli anni ottanta, Moore si ritira temporaneamente dal mondo del fumetto, anche se la sua scomparsa viene furbescamente mascherata dalle numerose ristampe delle sue opere.
In questo periodo pubblica qualcosa per delle etichette indipendenti.
Il suo ultimo capolavoro, "From Hell", inizia ad essere progettato nel 1989, quando Stephen Bissette propone a Moore di collaborare alla sua nuova rivista indipendente, “Taboo”, un'antologica a fumetti.
Per la rivista, il cartoonist propone "Lost Girls", un fumetto di "pornografia post-femminista", coi disegni di Melinda Gebbie, giovane disegnatrice californiana conosciuta un paio d'anni prima a Londra e oggi sua attuale compagna, e, appunto, "From Hell", un'opera dai risvolti iniziatici in cui Moore dà la sua interpretazione personale dei delitti commessi da Jack lo Squartatore.
Disegnata da Eddie Campbell, l'opera si rivela, man mano che viene pubblicata, molto complessa e ben documentata, seppur basata in larga parte sulle tesi espresse da Stephen Knight nel libro "Jack The Ripper - The Final Solution".
I risvolti con la massoneria e con la magia sono molto forti e di grandissimo impatto, tanto che alla fine Moore con “From Hell” realizza, forse, la sua opera migliore.
Da questa viene tratto nel 2001 anche un debole film con Johnny Depp diretto dai fratelli Hughes, "La vera storia di Jack lo squartatore", i cui legami con il fumetto di Moore, per quanto vantati, sono tuttavia piuttosto labili e superficiali.
Negli anni novanta Moore non si dedica solo al fumetto.
Tutto inizia nel giorno del suo quarantesimo compleanno, quando si autoproclama mago (ah, la droga, amici, la droga...). Inizia così un nuovo percorso nella vita del vecchio freakkettone che, per prima cosa, propone una serie di spettacoli teatrali che si rivelano dei veri e propri percorsi iniziatici, dei riti magici per raggiungere una maggiore comprensione.
Ha così origine "The Moon and Serpent Grand Egyptian Theatre of Marvels", rappresentata nel luglio del 1994 al Bridewell Theatre di Londra.
I suoi spettacoli, da allora, sono scelti con grande cura: i simboli da mostrare, le musiche da abbinare, le parole da utilizzare, la data della rappresentazione e dell'uscita dell'incisione su CD fatta in presa diretta, tutto questo deve essere deciso da Moore con estrema precisione, perché rientra nelle pratiche di quello che per lui è un vero rito magico.
Nascono così "Sacco Amniotico - Uno sciamanesimo dell'infanzia", dedicato alla madre, in occasione della sua morte, avvenuta nel 1995, cui seguono "The Highbury Working" (1997), "Snakes and Ladders" (1999), "Angel Passage" (2001).
Nel frattempo, nel 1996, pubblica il romanzo "La voce del fuoco", un'opera complessa con la quale Moore descrive 6000 anni di storia della sua Northampton.
Nonostante le ottime recensioni da parte della critica, non ha avuto successo commerciale: il primo capitolo scritto interamente in un dialetto preistorico appositamente ideato dal nostro Alan non è stato certo un incentivo alla diffusione del romanzo…
Tutta la sua esperienza esoterica, partita da “Swamp Thing” in poi confluisce definitivamente nella nuova linea di fumetti che Moore propone al mercato: la America's Best Comics.
Essendo vegetariano e non potendo, quindi, realizzare riti e sacrifici con la carne ed il sangue, Moore inizia a scrivere i fumetti un po' come se fossero degli incantesimi e un po' per cercare di recuperare quell'innocenza e quella spontaneità che era andata persa con l'avvento degli anni ottanta e la pubblicazione di "Watchmen", che il nostro giudica un esperienza da "espiare".
Con la rassicurazione, da parte della DC, che le problematiche sorte in precedenza si sono appianate, nel 1999 parte l'ultima scommessa di Moore.
Diverse serie che escono in contemporanea, i cui personaggi sono tutti vari ed ognuno di loro presenta uno degli aspetti della storia del fumetto.
Un omaggio, nel suo piccolo, a quelle ingenuità che caratterizzavano le origini dei cartoons.
Il fumetto di maggior successo di Moore del periodo "indie" è "La Lega degli Straordinari Gentlemen", disegnata da Kevin O'Neil, una serie che rivisita i grandi romanzi della letteratura vittoriana, riproponendo personaggi come il capitano Nemo, Henry Jekyll, Mina Murray, Allan Quatermain, l'Uomo invisibile, Mycroft Holmes, riuniti in un gruppo di stampo supereroico (non a caso il nome richiama alla "Justice League of America" della DC).
Dalla serie è stata, anche tratta una mezza ciofeca di film, "La leggenda degli uomini straordinari", che non riesce a rendere per niente il fascino e la bellezza nonché la completezza filogica del fumetto di Moore.
Segnaliamo inoltre "Tom Strong", per i disegni di Chris Sprouse, una sorta di incrocio tra Tarzan (di cui riprende le origini) e Doc Savage, in cui Moore può così rendere omaggio agli eroi dei pulp magazine e alle avventure esotiche e meravigliose; il violentissimo e cervellotico "Crossed +100", un “what if…” disegnato da Gaiel Antrade e ambientato cento anni dopo la diffusione della pandemia che ha sconvolto e quasi distrutto il genere umano nella serie "Crossed", uno "zombie survival" creato da Garth Ennis e Jacen Burrows; le produzioni ispirate all'universo lovecraftiano come l'antologia "Funghi di Yuggoth e altre colture", che raccoglie diverse storie pubblicate negli anni ispirate al Solitario di Providence e illustrate da autori diversi fra cui Bryan Talbot, e le due miniserie "Neonomicon" e "Providence", disegnate da Jacen Burrows.
In tempi in cui i premi Nobel si danno a destra e a manca, un Nobel al nostro Alan Moore sarebbe sacrosanto, anche solo per la sua importanza nella cultura di fine millennio.
Ma, ah già, i fumetti mica sono cultura…
Tanti auguri, Alan!
"Nessuno di voi ha capito. Non sono io rinchiuso qui dentro con voi, siete voi rinchiusi qui dentro con me."
Rorschach - Watchmen