Ehhh, va detto, a malincuore ma va detto: di belli come ALAIN DELON non ce n'era, non ce n'è, né ce ne sarà!
Oggi quindi una puntata speciale di questo Vostro Almanacco che, speriamo, farà felici le nostre care amiche (e, perché no?, qualche amico...) dei Mutzhi Mambo.
Noi, rosi dall'invidia e dal rancore, ci troviamo costretti a celebrare il bello dei belli, il più figo dei fighi perché, volenti o nolenti, Alain Delon è stato la faccia più celebre della gloriosa stagione dei polar, i film noir/crime in salsa d'Oltralpe, che tanto hanno influenzato il cinema Pulp a venire.
Sguardo tenebroso, volto forte e sfuggente, bellezza dannata fondata sul leggendario broncio stampato sulla faccia e su un caratterino non propriamente addomesticabile, dotato di un fascino magnetico come pochi hanno avuto prima e dopo di lui, Alain Delon è uno dei simboli del cinema francese (e non solo), una superstar davvero leggendaria negli anni '60 e '70.
I suoi lineamenti angelici, uniti a uno sguardo glaciale e ai modi bruschi e decisi, gli hanno permesso di specializzarsi nei classici ruoli da duro in stile hard boiled, tombeur de femmes ma dal destino sempre tragicamente segnato; comunque un antieroe romantico, sia che militasse tra le fila della malavita, sia che fosse dalla parte degli sbirri.
E questa sua ambiguità di fondo, questo suo innegabile carisma, lo ha salvato dall'essere un semplice, ennesimo belloccio prestato al mondo di celluloide
Sicuramente è stato l’attore francese più amato dal pubblico femminile (e come potrebbe essere altrimenti), ricercatissimo dai migliori registi che in lui hanno trovavato la versione europea del '"modello" James Dean, quello del giovane "sofferto" e scapestrato ma in ogni caso "di spessore".
Inoltre lo charme e la bellezza che lo hanno contraddistinto non l'hanno benedetto solo da giovane, nel corso degli anni ’60 e ’70, ma anche successivamente, quando il suo volto è diventato più maturo e reso ancora più interessante dai segni del tempo.
Va detto che non è propriamente un simpaticone: un po' troppo consapevole del suo straordinario appeal, un po' troppo francese ultranazionalista e sborone, un po' troppo figghiendrocchia, e sempre e comunque troooopo bello per riuscire a fare immedesimare la platea dei maschietti...
Ma quando si parla di Pulp, la simpatia, si sa, va messa da parte...
Alain Delon nasce a Sceaux, nella regione dell'Île-de-France, l'8 novembre del 1935.
In famiglia non c'è un bel clima e l'infanzia del piccolo Alain trascorre infelice, segnata dalla separazione dei genitori quando ha appena quattro anni.
Mandato in un collegio di suore, il piccolo Alain si rivela una piccola peste: viene più volte espulso da scuola ed è costretto a cambiare diversi istituti.
A quattordici anni, ormai insofferente per gli studi, lascia la scuola e si mette a fare il macellaio nella bottega del nuovo compagno della madre.
A diciassette anni decide di arruolarsi in marina ed entra a far parte di un battaglione di paracadutisti della fanteria destinato al sud est asiatico, nell'ambito del corpo di spedizione militare francese in Indocina.
Anche l'esperienza nell'esercito, sarà alquanto travagliata: al netto delle atrocità viste e commesse "sul campo", su un totale di cinque anni di naja, trascorre undici mesi complessivi in prigione per indisciplina.
Al rientro in Francia, deve affrontare la fame: prova a mantenersi a Parigi svolgendo ogni genere di lavoro, dal facchino al commesso, passando per il cameriere, entrando in contatto con gli ambienti notturni che gravitano attorno ai quartieri di Halles e Montmartre.
Proprio qui incontra l'attrice Brigitte Auber, che lo introduce al mondo del cinema.
La bellezza adolescenziale ma al contempo glaciale di Delon viene notata dal regista Yves Allégret, che gli offre un piccolo ruolo nel suo film giallo "Godot" (1958).
Sempre nel 1958 è nel cast di "Fatti bella e taci", diretto dal fratello maggiore di Yves, Marc Allégret.
Inizia, così, fortunosamente, senza alcuna formazione specifica da attore, l'avventura cinematografica del nostro.
Quel che si dice: il culo di avere un bel faccino...
Nello stesso anno, infatti, arriva per Delon il primo ruolo da protagonista, quello del giovane belloccio Franz Lobheiner in "L'amante pura", una melensa storia di amore e tradimenti diretta da Pierre Gaspard-Huit.
Oltre a lanciare l'attore verso l'Olimpo del cinema francese, questo film vede nascere la lunga relazione sentimentale che lo legherà alla bellissima attrice coprotagonista Romy Schneider.
Dopo la commedia "Le donne sono deboli" (1959), di Michel Boisrond, e il drammatico "Furore di vivere" (1959), di Michel Boisrond,è con il giallo "Delitto in pieno sole" (1959) di René Clément, che Delon si farà notare per la prima volta con uno di quei personaggi belli e dannati, spesso oltre i confini della legge, che lo renderanno un divo negli anni '60 e '70.
Il suo fascino basato sul contrasto fra i tratti angelici e lo sguardo duro e deciso, lascia il segno anche al di là delle Alpi: nel 1960 viene scelto da Luchino Visconti come protagonista di "Rocco e i suoi fratelli", capolavoro che lo consacra al successo internazionale.
In questa storia di cinque fratelli lucani immigrati a Milano con la madre, Alain incarna Rocco, che pur di tenere unita la famiglia, accetta perfino di intraprendere l'odiata carriera di pugile.
Pellicola che passerà alla storia grazie alla descrizione certamemte melodrammatica ma senza sconti e con una durezza inedita (quasi con toni da tragedia greca), il dramma taciuto dello sradicamento dei meridionali.
Il film di Visconti spalanca all'attore francese le porte delle produzioni più chic del cinema italiano del periodo.
Nel 1961 è nel cast tutto nostrano della commedia "Che gioia vivere" di René Clément, in cui per una volta offre una prova brillante.
Ne "L'eclisse" (1962), capitolo conclusivo della "trilogia dell'incomunicabilità" di Michelangelo Antonioni, Delon interpreta Piero, giovane e cinico agente di cambio che seduce un'apatica e inquieta ma bellissima Monica Vitti.
Nel 1962 uno degli episodi più controversi legati alla sua fama di trombatore: dopo un flirt con la bellissima modella (e futura cantante) Nico, Delon si rifiuta di riconoscere la paternità del figlio nato da questo rapporto.
Addirittura arriverà a rompere i legami con sua madre che adotterà il nipotino...
Nel 1963 Visconti lo vuole nuovamente per "Il gattopardo", tratto dal celebre romanzo di Tomasi di Lampedusa, pellicola che descrive con una messa in scena praticamente perfetta, la decadenza della nobiltà siciliana ai tempi dell'Unità d'Italia.
Delon incarna il principe Tancredi, ambizioso e seducente attivista delle camicie rosse, in una parte che gli varrà l'amore incondizionato ed eterno del pubblico femminile.
Sul set di "Colpo grosso al Casinò" (1963), diretto da Henri Verneuil, lavora per la prima volta a fianco di una star ormai simbolo del cinema francese, Jean Gabin, con il quale più volte condividerà il set.
Qui formano una strana coppia composta da un vecchio delinquente e un giovane scippatore, entrambi appena usciti di prigione, alleati per rapinare il casinò di Cannes.
È poi la volta del cappa e spada "Il tulipano nero" (1964), di Christian Jaques; del thriller con Jane Fonda "Crisantemi per un delitto" (1964), di René Clément; del noir con Lea Massari "Il ribelle di Algeri" (1964), di Alain Cavalier; del film ad episodi con un cast di tutte stelle "Una Rolls-Royce gialla" (1964), di Anthony Asquith; del bellico "Né onore né gloria" (1966), di Mark Robson.
Nel 1965 vola negli Stati Uniti per il poliziesco "L'ultimo omicidio" di Ralph Nelson.
In America recita anche al fianco di Dean Martin nel western "Texas oltre il fiume!" (1966) di Michael Gordon.
Nel 1967, dopo il thriller con Senta Berger "Diabolicamente tua", diretto da Julien Duvivier, Delon si cimenta in una delle sue performances più riuscite, in cui si conferma perfetto come interprete di ruoli da duro: "Frank Costello faccia d'angelo", capolavoro di Jean-Pierre Melville, regista con cui Delon avvierà una celeberrima e gustosa collaborazione.
Memorabile il suo killer a pagamento che deve guardarsi dalla polizia e persino dai suoi complici, una sorta di samurai solitario della malavita (da qui il titolo originale "Le Samurai"), sullo sfondo di una Parigi cupa ma assolutamente charmant.
Nel film, uno dei punti più elevati del genere "polar", tipico connubio francese di poliziesco e noir, l'attore recita al fianco della modella Nathalie Barthelemy, sposata nel 1964 dopo la rottura con Romy Schneider.
Nel film collettivo "Tre passi nel delirio" (1967) di Roger Vadim, Louis Malle e Federico Fellini, liberamente ispirato a racconti di Edgar Allan Poe, Delon è protagonista dell'episodio diretto dal francese Malle.
Peccato che, di questo pretenzioso omaggio "d'autore" allo scrittore americano, si salvi solo il segmento di Fellini, l'unico davvero spaventoso.
Il nostro comunque il suo lo fa, offrendo una prova egregia in un ruolo davvero difficile.
In "Parigi brucia?" (1967) di René Clément divide per la prima volta il set con quel guascone di Jean-Paul Belmondo, altra grande star d'oltralpe con cui nasce un'amicizia ma anche una mitica rivalità (genere Beatles/Rolling Stones o Pacino/De Niro, per intenderci).
Sempre lo stesso anno lo troviamo al fianco di Lino Ventura nel drammatico action "I Tre Avventurieri", di Robert Enrico.
Nel 1968 ritrova la sua ex Romy Schneider, con cui ha continuato ad avere un rapporto di amicizia, sul set del torbido dramma psicologico a sfondo thriller "La piscina" di Jacques Deray, e poi la splendida Marianne Faithful nel sentimentale "Nuda sotto la pelle", di Jack Cardiff.
Ma non solo bellezze sul suo cammino: nell'heist movie "Due sporche carogne - Tecnica di una rapina" (1968), di Jean Herman, divide la scena nientemeno che col tostissimo Charles Bronson.
Notevole è l'interpretazione di Delon nel gangsteristico "Il clan dei siciliani" (1969) di Henri Verneuil, in cui fa di nuovo i conti con Gabin.
Sul finire degli anni '60 viene coinvolto nelle indagini sul misterioso omicidio della sua guardia del corpo nella sua abitazione, una vicenda a cui il nostro è completamente estraneo (in quel periodo era all'estero e l'assassinio si scoprirà legato a dei giri loschi in cui il suo dipendente intratteneva rapporti con dei mafiosi) ma che svela diversi retroscena di sesso e droga nel suo entourage: paradossalmente, invece di macchiare la sua reputazione, questa storiaccia finisce per accrescerne la fama di attore bello e dannato.
Gli anni '70 si aprono all'insegna del grande successo commerciale di "Borsalino" (1970) di Jacques Deray.
È lo stesso Delon a sciegliere la sceneggiatura di questa gangster story ambientata a Marsiglia negli anni '30, quasi un omaggio al modello del noir del dopoguerra americano, una storia di rivalità e amicizia tra due boss della malavita che si alleano per tenere in pugno la città.
Belmondo viene scelto per la parte del co-protagonista ma una causa legale, nata successivamente tra i due attori per questioni di diritti, alimenta le voci sulla presunta rivalità tra le due star, cosa che farà parecchia pubblicità al film, che diventerà un classico del cinema di genere francese.
Ne "I senza nome" (1970), autentico testamento della poetica di Jean-Pierre Melville, Delon affianca il nostro Gian Maria Volonté nel tentativo di svaligiare una gioielleria.
Inizialmente snobbato dalla critica quest'opera verrà "riscoperta" negli anni '90 e inserita tra i migliori polizieschi del cinema francese,
Dopo aver interpretato il giovane anarchico innamorato de "L'evaso" (1971) di Pierre Granier-Deferre, la commedia "L'uomo di Saint-Michael" (1971), di Jacques Deray, e il bizzarro western "Sole rosso" (1971), di Terence Young, con Charles Bronson e Toshiro Mifune, Alain riscopre il cinema d'autore con "La prima notte di quiete" (1972) di Valerio Zurlini, in cui incarna ancora una volta un eroe maledetto, benché molto diverso dai personaggi a cui ci aveva abituati nei noir.
Qui incarna Daniele Dominici, professore di letteratura che arriva al capolinea della sua vita in una Rimini invernale.
In "Notte sulla città" (1972), Jean-Pierre Melville gli fa svestire i panni del fuorilegge per cucirgli addosso quelli del poliziotto; in "L'assassinio di Trotsky" (1972), di Joseph Losey, è il sicario Ramón Mercader, incaricato di uccidere il rivoluzionario russo interpretato da Burt Lancaster; attore che ritroverà anche nello spionistico "Scorpio" (1973), di Michael Winner.
È poi la volta del poliziesco "La mia legge" (1973), di Jean Chapot, con Simone Signoret, del noir "Tony Arzenta" (1973), di Duccio Tessari, con Richard Conte, dell'amaro "Due contro la città" (1973), di José Giovanni, l'ultimo film girato con Jean Gabin, del drammatico "L'arrivista (1974), di Pierre Granier-Deferre, con Sidney Rome, del noir "Esecutore oltre la legge" (1974), di Georges Lautner.
Mentre in "Borsalino and Co." (1974) di Jacques Deray, il nostro riprende il ruolo di Rock Siffredi, ma stavolta senza Jean-Paul Belmondo al fianco.
Dopo il grande successo del suo "Zorro" (1975), firmato da Duccio Tessari, dalla metà degli anni '70 Delon recita quasi esclusivamente in thriller o polar violenti, in cui i caratteri e il suo personaggio divengono sempre più stereotipati: "Flic Story" (1975), del fido Jacques Deray, con Jean-Louis Trintignant, "Lo zingaro" (1975), di José Giovanni, "Il figlio del gangster" (1976), di José Giovanni, "La gang del parigino" (1977), di Jacques Deray, "Quel giorno il mondo tremerà" (1977), di Alain Jessua, "Morte di una carogna" (1977), di Georges Lautner, "Lo sconosciuto" (1979), di Serge Leroy, "Tre uomini da abbattere" (1980), di Jacques Deray.
Si vede pure in produzioni internazionali di minore rilievo, come il catastrofico "Airport '80" (1979), di David Lowell, ma si ritaglia comunque alcune parentesi dedicate al cinema d'autore, come nel caso dell'intenso "Mr. Klein" (1976) di Joseph Losey, in cui incarna un cinico ed elegante antiquario che si arricchisce acquistando i beni degli ebrei deportati nella Francia del 1942, prima di ritrovarsi su un treno diretto ad Auschwitz per un caso di omonimia.
Sempre al centro del gossip, all'inizio degli anni '80 Delon conosce le prime avvisaglie di un lento declino, nonostante la sua fama resti inalterata.
Dopo "Nido di spie" (1981), di Aleksandr Alov e Vladimir Naumov, prova a passare dietro la macchina da presa, nel solco del polar, il genere che gli è più congeniale, ma i risultati sono piuttosto modesti, sia in termini di pubblico che di critica.
Cura la regia, la sceneggiatura e l'interpretazione principale di "Per la pelle di un poliziotto", storia di un detective privato che deve ritrovare una ragazza cieca scomparsa e, l'anno successivo scrive, dirige, interpreta e produce "Braccato", incentrato su un ladro che, uscito di prigione, tenta di recuperare il vecchio bottino e deve fare i conti con i complici che vogliono la loro parte e la sua.
Grazie a "Nostra storia" (1985) di Bertrand Blier, originale commedia che affronta i temi della solitudine, dell'amore passionale e dell'inquietudine, riceve l'unico e tardivo premio César della sua carriera come miglior attore protagonista.
Nonostante l'importante riconoscimento, dagli anni '90 la sua presenza sui set si fa sempre più rarefatta, lavora per lo più a teatro e in televisione e i progetti cinematografici a cui prende parte non sono all'altezza della sua popolarità.
Il doppio ruolo di un amante passivo e uno dominante, in "Nouvelle Vague" (1990) di Jean-Luc Godard, costituisce un estremo tentativo di ritornare icona anche nel cinema d'essai.
Si tratta di una triste operazione nostalgica quella di "Uno dei due" (1998) di Patrice Leconte, con cui, di nuovo al fianco di Jean-Paul Belmondo, prova a rilanciare la celebre coppia di amici/rivali, ma il tempo è ormai trascorso severo...
Nel 2005, in concomitanza con la separazione dalla compagna Rosalie van Breemen, modella olandese da cui ha avuto due figli, Delon rivela alla stampa la sua lotta contro la depressione, malattia che lo ha portato sull'orlo del suicidio.
Superata questa crisi, nel 2008 torna per l'ultima volta al cinema, interpretando con autoironia un tronfio Giulio Cesare in "Asterix alle Olimpiadi" di Frederic Forestier e Thomas Langmann, al fianco di Gérard Depardieu.
Nel 2017 ha annunciato il suo definitivo ritiro dalle scene mentre è di pochi mesi la notizia che è stato vittima di un ictus.
Speriamo si possa riprendere presto.
Anche se non simpaticissimo, è sempre un grande e noi in fondo gli vogliamo bene!
Tanti auguri, Alain!
"Chi fa un mestiere come il mio, ha sempre un proiettile che gli viaggia contro."
Tony Arzenta/Alain Delon - Tony Arzenta