Spalancate le porte del Tempio, preparate l'altare dei sacrifici, portate gli olocausti!
Oggi, cari amici dei Mutzhi Mambo, si celebra l' "Eroe degli Eroi": l'immane STEVE McQUEEN, "The King of Cool"!
Chi non lo ha amato, idolatrato e ammirato non può amare il rock'n'roll, non può capire il Pulp, non può essere un vero amico dei Mutzhi Mambo!
Bando alle esagerazioni (che per Steve non sono mai tali!), dovete ammettere che nessuno ha incarnato come lui l'ideale del "vero uomo", dell'eroe che tutti vorremmo essere, duro ma senza essere mai caricaturale o forzato.
Ha lavorato col meglio dei registi e ha avuto i ruoli più belli.
Ricco, bello, amato dalle donne, era veramente un temerario: non usava controfigure, correva come un pazzo (anche a livello agonistico) con le moto e con le auto, naturalmente con i mezzi più fighi in circolazione.
Ma era anche paranoico, aggressivo, macho e notoriamente esigente (fino alla pedanteria) sul set dei suoi film: McQueen ha vissuto la sua vita a tutta velocità, innamorato com'era di bolidi, moto, donne, droghe e alcol.
È stato per tutti il simbolo stesso della "vita spericolata".
Se non volevi essere "Steve McQueen" c'era qualcosa che non andava!
Terence Steven McQueen nasce a Beech Grove, in Indiana, il 24 marzo del 1930. Figlio di uno stuntman, che abbandona la moglie, il piccolo Steve appena nato viene mandato a vivere a Slater, nel Missouri, presso uno zio.
Si ritrova dislessico e in aggiunta mezzo sordo per via di un'infezione alle orecchie mal curata.
A quattro anni gli regalano un triciclo rosso e per Steve è l'inizio della passione per le moto. A malincuore, a otto anni, torna a vivere a Indianapollis con la madre e il nuovo patrigno che lo mena sodo, tanto che a nove anni scappa di casa.
All'età di 12 anni ritorna dalla madre, che nel frattempo si è risposata di nuovo e trasferita a Los Angeles, in California.
Ma anche col nuovo patrigno son botte da orbi.
Torna brevemente dallo zio e poi se ne va per unirsi per qualche tempo ad un circo itinerante.
Tornato di nuovo dalla madre, a 14 anni è già membro di una gang di strada e i rapporti col patrigno sono diventati così accesi che la madre si vede costretta a mandare il ragazzo presso una scuola di correzione californiana, la California Junior Boys Republic.
Abbandonato l'istituto, McQueen entra nel corpo dei Marines dove presta servizio dal 1947 al 1950.
Nel 1952, grazie ad un prestito fornito agli ex soldati, inizia a frequentare i corsi di recitazione presso l'Actor's Studio di Lee Strasberg a New York.
Dei 2000 candidati presentatisi alle selezioni, solo lui e Martin Landau riescono a entrare nella scuola.
Nel 1955 Steve fa il suo esordio a Broadway mentre debutta nel mondo del cinema con un piccolo ruolo nel film "Lassù qualcuno mi ama" (1956) di Robert Wise.
Ha poi un ruolo secondario nel noir "Autopsia di un gangster" (1958) di Robert Stevens.
Il 2 novembre 1956 si è intanto sposato con l'attrice Neile Adams, dalla quale ha due figli.
Il suo primo film da protagonista è il mitico "Blob -Fluido Mortale", dello stesso anno, un vero caposaldo della fantascienza Pulp.
Oltre che per la massa gelatinosa che invade la città, la pellicola viene ricordata anche per una clamorosa cantonata dello stesso McQueen: gli viene offerto un compenso di 6 mila dollari o il 10% degli incassi ma l'attore, giudicando il film un'immane ciofeca, prende i 6 mila, sporchi e subito, rinunciando a più di 1 milione di dollari di percentuali!
La prima interpretazione che gli dà vera fama mondiale è quella del cowboy Vin nel western "I magnifici sette" (1960) di John Sturges, regista che lo ha precedentemente diretto in un altro suo film, sebbene in un ruolo minore non accreditato, "Sacro e profano" (1959).
L'anno successivo è la volta del film bellico "L'inferno è per gli eroi" (1961) di Don Siegel, in cui ritrova l'amico James Coburn, con il quale aveva già lavorato ne "I magnifici sette".
La definitiva consacrazione giunge nel 1963 grazie a "La grande fuga" (1963), sempre diretto da John Sturges, in cui interpreta il ruolo dell'audace e spericolato capitano Virgil Hilts, uno dei personaggi che lo rendono celeberrimo nel mondo del cinema.
Famoso l'inseguimento finale in motocicletta che Steve vuole girare senza controfigure. Nell'ultima scena, la più pericolosa, la produzione lo obbliga comunque ad avvalersi di uno stunt-man. Dopo aver girato però, Steve si impunta per rifarla da solo, per dimostrare di esserne capace!
Nel 1965 il regista Norman Jewison lo scrittura per "Cincinnati Kid" (1965), dove McQueen recita il ruolo del giocatore di poker Eric Stoner.
Jewison tornerà a dirigerlo tre anni dopo nell'elegante "Il caso Thomas Crown" (1968), affiancandolo a Faye Dunaway.
Nello stesso anno l'attore viene diretto da Peter Yates nel tiratissimo poliziesco "Bullitt" (1968), una delle vette della sua carriera.
Durante le riprese del film "Le Mans" (1971), film che all’uscita viene visto da pochi ma che in seguito viene rivalutato come una delle migliori pellicole di genere automobilistico, McQueen prima inizia una relazione con la protagonista Louise Edlind, poi rischia di morire in un incidente con la sua Porsche, causato probabilmente da un cocktail di cocaina e marjuana.
Successivamente, nel 1972, Sam Peckinpah, un altro personaggione di quelli tosti, gli propone un ruolo da protagonista nel western crepuscolare "L'ultimo buscadero" (1972), offerta prontamente accettata da McQueen, che riesce in modo sorprendente a farsi apprezzare dal regista, notoriamente scontroso coi suoi attori.
La collaborazione fra i due prosegue con il noir "Getaway!" (1972). Capolavoro assoluto del cinema Pulp, crudo, serratissimo, violentissimo, ipercinico, il film, tratto da un romanzo del grande Jim Thompson, rimane una pietra miliare che ha ispirato un'infinità di imitatori ma che non è stato mai eguagliato.
Nel 1972 Steve divorzia dalla prima moglie: sembra che l'abbia costretta ad ammettere un tradimento con un altro attore minacciandola con una pistola alla testa.
L'anno successivo McQueen sposa l'attrice Ali MacGraw, che ha recitato con lui nel film "Getaway!". La loro relazione, iniziata dopo che lei aveva abbandonato il marito, è piuttosto tumultuosa e termina con il divorzio nel 1978.
Nel 1973 è la volta di "Papillon" (1973), pellicola avventurosa di ambiente carcerario, diretta dal regista Franklin J. Schaffner.
Il personaggio di Henri Charrière, un galeotto realmente esistito, nonché autore dell'omonimo romanzo da cui è tratto il film, viene considerata da molti l'interpretazione migliore e più impegnativa di McQueen che, in questa occasione, riesce perfino a surclassare il suo comprimario Dustin Hoffman.
L'anno dopo John Guillermin lo dirige in un ambizioso progetto di genere catastrofico, il kolossal "L'inferno di cristallo" (1974), accanto a Paul Newman e a William Holden.
Capostipite del genere blockbuster, rimane però una schifezza che soffre per la sua stessa natura fracassona e vacua, sprecando un cast stellare in una storia sconclusionata.
Nella seconda metà degli anni settanta, la carriera dell'attore entra in una fase di declino ma non gli mancano comunque ruoli memorabili.
Nel 1980 interpreta magistralmente un cowboy al tramonto nel bel "Tom Horn" diretto da William Wiard.
La sua ultima apparizione sul grande schermo, prima della sua prematura scomparsa, risale al 1980 ne "Il cacciatore di taglie" (1980), un poliziesco con sfumature comiche, diretto da Buzz Kulik.
Nonostante sia malato all'ultimo stadio, anche in questo caso rifiuta di farsi sostituire da uno stunt-man nelle scene più pericolose.
Nel 1979 infatti gli era stato diagnosticato un mesotelioma pleurico (un tumore associato all'esposizione all'amianto, di cui furono rinvenute tracce nelle tute dei piloti automobilistici utilizzate dallo stesso McQueen).
McQueen muore il 7 novembre 1980 in una clinica messicana, in seguito a due consecutivi attacchi cardiaci, dopo un intervento per asportargli un tumore allo stomaco. Accanto a lui, l'ultima moglie, che aveva sposato dieci mesi prima, e all'istruttore di volo e amico Sammy Mason.
Viene cremato e le ceneri disperse nell'Oceano Pacifico.
Non è stato certo un santerellino ma noi lo abbiamo amato lo stesso, come si può amare un fratello maggiore.
Birbone, sì, sfuggente e a volte pure carogna.
Ma sempre e comunque mitico!
"Nulla fermerà quel fluido mostruoso!"
Steve Andrews/Steve McQueen - Blob. Fluido Mortale