Possibile non accorgersi della scomparsa del fondamentale UMBERTO LENZI, uno dei più grandi maestri del cinema Pulp di sempre?
E pensare che Umberto Lenzi ce lo invidiano all’estero, è ricordato come uno dei più grandi artigiani della celluloide, ha lavorato con grandissimi attori, cineasti come Tarantino, Roth e Rodriguez, sui suoi film, ci hanno costruito sopra una carriera, eppure niente!
Ma neanche un ricordo, uno speciale televisivo, un omaggio decente, una retrospettiva: Lenzi è proprio un reietto della memoria...
Questo è indicativo della considerazione che maestri di "genere" del genere hanno in questo Paese...
Qui, cari amici dei Mutzhi Mambo, si celebrano le corna delle troniste, le unghie incarnite dei giocatori, le passerelle fighette dell’alta moda, le minchiate dei politici, le scorreggie degli intellettuali...
Ma non Umberto Lenzi!
Speriamo, almeno da parte nostra, di rimediare a questo scandalo con il piccolo ma affettuoso omaggio di questo Vostro Almanacco...
Lenzi, prima di tutto, era un vero appassionato di cinema e per il cinema ha girato veramente di tutto, bello ma soprattutto brutto: poliziotteschi, war-movie, horror, pirateschi, spaghetti-western, peplum, commedie sexy, actions, cannibal, perfino un apocrifo di Pierino, quello orrido con Giorgio Ariani…
Ma è con i thriller che ha dato il suo meglio, firmando alcune delle pellicole più riuscite del genere realizzate nel periodo d’oro del “giallo all’italiana”, tanto da meritarsi l’appellativo di “Signore del Giallo”.
Abilissimo nell'arte del "sapersi arrangiare", non esiste genere cinematografico con il quale non si sia confrontato e ha firmato opere sempre tenendo in mente il puro e semplice svago dello spettatore.
Anarchico convinto, tra i suoi maestri ha sempre messo al primo posto Raoul Walsh e Samuel Fuller.
Diceva di essere "un animale da fiuto", aveva la rara dote di cogliere quel che accadeva sulla scena nazionale e internazionale e sapeva adattarlo al gusto italiano.
Ma il paradosso è che, alla fine, saranno proprio gli stranieri a comprendere appieno il suo valore…
Umberto Lenzi nasce a Massa Marittima, in provincia di Grosseto, il 6 agosto 1931.
Fin da ragazzino, si appassiona al cinema: è un professore del liceo, che fa lezione parlando dei film, che gli instilla l'amore per la settima arte.
Diventato giornalista per vari quotidiani locali e per alcuni noti periodici, Lenzi abbandona temporaneamente i suoi studi in giurisprudenza per intraprendere il corso di regia al Centro Sperimentale di Cinematografia.
Si diploma nel 1956: il suo saggio è un cortometraggio intitolato “I ragazzi di Trastevere”, una storia pasoliniana su un gruppo di ragazzi del popolare quartiere romano.
Dopo la laurea in Legge, Lenzi collabora con riviste cinematografiche come “Bianco e Nero”, prima di esordire come aiuto regista in film come “Il terrore dei mari”.
Dirige, nel 1961, il suo primo film “Le avventure di Mary Read” (1961) con Lisa Gastoni, che poi rivorrà ne “Duello nella Sila” (1962), affiancandola a Liana Orfei.
Appassionato di pellicole d'avventura, firma “Sandokan-I pirati della Malesia” (1964) con Steve Reeves.
Seguendo l'onda delle nuove tendenze cinematografiche, sfrutta di volta in volta il fenomeno filmico del momento.
Ed è sull'onda del successo della serie di “James Bond 007”, che in due anni gira ben quattro film di spionaggio: “A 008, operazione Sterminio” (1965), “Superseven chiama Cairo” (1965). “Le spie amano i fiori” (1966), e “Un milione di dollari per 7 assassini” (1966).
Chiaro, le lire sono poche e il confronto con le avventure dell’agente segreto al servizio di Sua Maestà è piuttosto impietoso.
La critica naturalmente lo snobba, affermando che è un autore troppo commerciale, di serie B.
Lenzi non ne soffre affatto e, nel 1966, torna con “Kriminal”, ispirato al famoso fumetto nero di Magnus e Bunker.
Pur deliziosamente “camp”, il film manca totalmente della cattiveria delle strisce e, anche se incassa benino (avrà pure un sequel), finisce per tradire le aspettative dei veri fan del personaggio.
Seguono action come “Attentato ai tre grandi” (1967), e spaghetti-western come “Tutto per tutto” (1968) e “Una pistola per cento bare” (1968).
Sempre nel 1968 mette in scena una sceneggiatura del giovane Dario Argento avvalendosi di una produzione Titanus decisamente ricca; il titolo è “La legione dei dannati”, una sorta di rilettura de “I cannoni di Navarone” (1961).
C'è da dire che Lenzi darà il suo meglio nel territorio del thriller, con due pellicole che fondano il sotto-genere del “giallo dei quartieri alti”, e sono considerate del capolavori per gli amanti delle produzioni erotico-suspense: “Orgasmo” (1969) e “Paranoia” (1970), entrambi con l’ex stella di Hollywood, Carroll Baker (che per l’occasione si “desnuda” generosamente), e si avvalgono anche della recitazione di nomi come Lou Castel, Tina Lattanzi, Jean Sorel e Anna Ploclemer.
Le pellicole vanno così bene (anche perché amatissime in America) che continua su quel territorio sfornando: “Così dolce... così perversa” (1969), sempre con la Baker mentre con Jean Louis Trintignant ed Erika Blanc, gira “Sette orchidee macchiate di rosso” (1972) e “Gatti rossi in un labirinto di vetro” (1975).
Molti grandi attori italiani si prestano particolarmente volentieri a dei ruoli nei suoi film, soprattutto attrici teatrali come Rossella Falk, Marina Malfatti e Linda Sini.
Dai thriller all' hard-boiled il passo sarà brevissimo.
Nascono capolavori del poliziottesco come “Milano odia - La polizia non può sparare” (1974), “L'uomo della strada fa giustizia” (1975), “Il giustiziere sfida la città” (1975), “Roma a mano armata” (1976), “Napoli violenta” (1976), “Il trucido e lo sbirro” (1976), “Il cinico, l'infame, il violento” (1977), “La banda del gobbo” (1978), “Da Corleone a Brooklyn” (1979).
Titoli che gli fanno acquistare una popolarità spropositata, soprattutto per il pubblico giovanile che sembra apprezzare questo nuovo stile di regia, così crudo ed efficace, e in particolar modo eroi e cattivi che hanno il volto di Maurizio Merli, Tomas Milian, Ray Lovelock, Pino Colizzi e perfino Mario Merola.
Nel frattempo gira anche dei discreti war-movie come “Il grande attacco” (1978), e “Contro 4 bandiere” (1979), che, a dispetto dei budget risicati (palme piantate sul litorale di Ostia per simulare l’Africa, dialoghi ripresi in tempi e luoghi diversi ed altre amenità…), sfoggiano cast di tutto rispetto: John Huston, George Peppard, Henry Fonda, Giuliano Gemma, Helmut Berger, Capucine…
Il nostro Umberto ci prova pure con la commedia sexy con “Scusi, lei è normale?” (1979), con Renzo Montagnani e Anna Maria Rizzoli, una delle più scollacciate e politically uncorrect del periodo, tanto da meritarsi il famigerato divieto ai 18 anni.
Un nuovo genere però si affaccia sul panorama cinematografico italiano, quello dei film incentrati sui cannibali.
Lenzi non può che non affrontare anche quest'avventura e, dopo averne girato il capostipite nel 1972, con “Il paese del sesso selvaggio” (che però era più che altro un film avventuroso con un'unica scena di antropofagia), sfiderà il campione Ruggero Deodato e il suo insostenibile “Cannibal Holocaust”, con ben due titoli: “Mangiati vivi” (1980) e “Cannibal ferox” (1981), quest’ultimo veramente pesante per i contenuti gore e condito dalle solite, ingiustificate torture su animali vivi.
Di queste pellicole Lenzi si vergognerà sempre, dicendo di averle realizzate per fame…
E con “Incubo sulla città contaminata” (1980), con Mel Ferrer, eccolo imporsi, insieme al Maestro Lucio Fulci, come via italiana ai morti viventi di derivazione Romeriana.
Tra l’altro, i suoi zombie che corrono come Mennea, saranno più che omaggiati da Danny Boyle col suo “28 giorni dopo”, da Zack Snyder col suo remake de “L’Alba dei Morti Viventi” e da Robert Rodriguez col suo “Planet Terror”; doveva addirittura farne un remake il simpatico Tom Savini ma non se ne sa più niente…
Da lì in poi per il nostro (come per altri maestri italiani dei film di genere), si affaccia un inesorabile declino creativo, i famigerati anni '80 che hanno letteralmente ammazzato l'industria cinematografica del Bel Paese.
Lenzi sforna alcuni titoli non propriamente indimenticabili: l’inqualificabile “Cicciabomba” (1982), con Donatella Rettore, l’orrido “Pierino la peste alla riscossa” (1982), con l’obeso Giorgio Ariani nel ruolo che aveva reso celebre Alvaro Vitali, l’inutile adventure “Incontro nell'ultimo paradiso” (1982), il ridicolo fantasy “La guerra del ferro – Ironmaster” (1983), nato sulla scia del successo del Conan con Schwarzenegger, i deboli war-movie “Squadra selvaggia” (1985), “Un ponte per l'inferno” (1986), e “Tempi di guerra” (1987).
Torna al genere thriller-horror alla fine degli anni Ottanta con film non certo all’altezza della sua fama: “La casa 3 - Ghosthouse (1988), sequel apocrifo di “Evil Dead” di Sam Raimi”, “Paura nel buio” (1989), “Le porte dell'inferno” (1989), “Nightmare Beach - La spiaggia del terrore” (1989), e “Demoni 3” (1991), altro sequel apocrifo, questa volta della serie di Lamberto Bava.
Paradossalmente sono migliori le sue uniche due incursioni nelle produzioni televisive: “La casa del sortilegio” (1989) e “La casa delle anime erranti” (1989), nonostante il budget risicatissimo e la presenza di Licia Colò, sono tutto sommato abbastanza dignitose.
Nell'ultima parte della sua carriera Lenzi si dedica a film d'esportazione per i mercati minori, come “Obiettivo poliziotto” (1990), “Detective Malone” (1991), a.k.a. “Black Cobra 4” con l’iconico Fred Williamson, “Caccia allo scorpione d'oro” (1991).
L'ultimo è “Hornsby e Rodriguez - Sfida criminale” del 1992, mentre “Sarajevo, inferno di fuoco”, che esce nel 1996 direttamente per l'home video, in realtà è una furbata della produzione che rimonta alcune scene dei precedenti film di guerra di Lenzi ambientati in Jugoslavia, per sfruttare il richiamo del conflitto nei paesi balcanici, facendo finta che si tratti di una pellicola realizzata ad hoc.
Ma l'industria del cinema è ormai inesorabilmemte cambiata e per i vecchi artigiani come lui non c’è più spazio: dopo 40 anni di onorata carriera e ben 60 film, Lenzi si ritira dalle scene (con lui la moglie Olga Pehar, in passato attrice di alcuni suoi film, scomparsa poi alla fine del 2015) e si dedica alla scrittura di romanzi gialli, alcuni dei quali ambientati nel mondo del cinema nel periodo fascista, che riscuoteranno un buon successo (“Delitti a Cinecittà”, “Terrore ad Harlem”, “Roma assassina”, “Il clan dei miserabili”, “Cuore criminale”).
Collabora poi con la rivista cinematografica italiana “Nocturno”, dove tiene una sua regolare rubrica.
È del 2016 la biografia scritta da Silvia Trovato e Tiziano Arrigoni in cui si ripercorre la vita del regista, dalla giovinezza in Maremma al Centro sperimentale di Roma, dal cinema di genere alla sua passione per la politica libertaria, il tutto contornato dai ritratti pungenti dei tanti attori e personaggi del mondo dello spettacolo con cui ha avuto il privilegio di lavorare.
Ricoverato all'ospedale Grassi di Ostia a Roma, il maestro muore il 19 ottobre del 2017 all'eta di 86 anni.
Il titolo della sua biografia recita “Una vita per il cinema. L'avventurosa storia di Umberto Lenzi regista”.
Veramente azzeccato, veramente un titolo azzeccato…
Per lui il cinema è stato davvero un’avventura!
Onore a Umberto Lenzi!
“So’ miracolato io…hai presente quella santa Chiara là, che sputava ‘e margherite perché era protetta da Dio? Ma io che so’ protetto da Satana caco er piombo!”
Er Gobbo/Tomas Milian – Roma a Mano Armata