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E' uscito ed è disponibile nei migliori negozi di dischi e su tutte le piattaforme digitali il nuovo disco: Il male e' dentro il terzo album dei Mutzhi Mambo, band fiorentina fondata nel 1998,...

Eccoci qua, cari amici dei Mutzhi Mambo, con un altro di quei bluesmen marcioni come piacciono a noi, lo sgangheratissimo, alcolizzatissimo, fantastico PAUL "WINE" JONES!
Anche lui è uno dei miracolati salvati dall'oblio delle paludi del Delta del Mississippi dalla benemerita label Fat Possum.
Paul Wine Jones, insieme ad altri ceffi come R. L. Burnside, Big Jack Johnson, Roosevelt "Booba" Barnes, James "Super Chikan" Johnson, e diversi altri, fa parte di quell'ondata di musicisti attempati che hanno proposto una versione elettrificata, lurida e tagliente del più crudo sound Delta blues.
Non certo un blues "educato", per le famigliole che portano i bimbi ai festival, per i maniaci della tecnica che vogliono l'ennesimo assolo perfetto o per gli annoiati aventori dell'ennesimo pub che propone l'ennesima stanca Jam session.
Il blues di questi tipi è quello vero, essenzialmente punk, quello dove si sente l'odore del vinaccio in cartone e del concime dei campi sterminati dove ci si spacca la schiena, il puzzo di sudore e di mutande lavate raramente, l'odore del whisky dozzinale e delle lattine di birra riempite di cicche, l'aroma acre della pelle delle puttane da due soldi.
Questo è il mondo che sta dietro a gente come Jones, un mondo rurale e urbano insieme, un mondo di mezzadri ancora schiavi, di operai sfruttati alla morte, di gente allo sbando, di alcolizzati senza futuro.
Un mondo che ti dava poco e ti dovevi arrangiare con poco; magari con una chitarra raccattata chissà dove e la voglia di sballarsi il sabato sera.
Un mondo che ormai non c'è più, almeno in questi termini...
Ora le periferie del pianeta (che fanno comunque sempre schifo) hanno altri sound, che magari escono dagli smartphone e non da scassatissimi amplificatori; e che col blues hanno poco a che fare.
Ma che al blues devono tutto!

Paul "Wine" Jones nasce a Flora, una cittadina rurale a 18 miglia da Jackso, Mississippi, il 1 luglio del 1946.
Suo padre si diletta con la chitarra quando torna dal lavoro nei campi e il piccolo Paul impara da lui i primi rudimenti dello strumento già a soli quattro anni.
Da adolescente suona nelle feste e più tardi lavora un po' in giro con James "Son" Thomas e l'armonicista Little Willy Foster.
Comunque, pur accompagnando diversi bluesman locali come Bob e Sid Cobb, George Sheldon, Craig Collins, Tommy Hollis e altri, per Paul la musica risulta solo un passatempo mentre si fa un gran culo come bracciante agricolo.
Contrariamente al fratello Casey, che se ne va a Chicago e diviene uno dei batteristi più richiesti da gente come Albert Collins e Koko Taylor per i concerti e le sessioni in studio, Paul non prende mai la musica come una seria opportunità di carriera.
Nel 1971 riesce a diventare un mezzadro e non si muove mai da Belzoni, dove è orgoglioso di aver acquistato una casa tutta sua.
Ma non smette mai di suonare.
Piano piano si forma e cresce una piccola schiera di ammiratori locali che apprezzano il suo stile unico che, per quanto sia profondamente radicato nel blues rurale del Delta, è assolutamente inconfondibile: un bel ronzio di fondo a rendere ossessivo il suono della chitarra elettrica, abbondante ricorso al pedale wah-wah, e un uso della voce appassionato e impastato dall'alcol.
Quando, a metà anni '90, alla Fat Possum, una etichetta indipendente di Oxford, Mississippi, che ha già tirato fuori dalla naftalina R.L. Burnside, Junior Kimbrough e T. Model Ford, sente parlare di Paul Jones, lo trovano finalmente pronto a cambiare stile di vita.
"Tutti i ragazzi sono cresciuti e andati via" dice Jones "e io sono pronto a ricominciare ancora".
Nel 1995 e 1996, per la prima volta, Jones suona fuori dal "suo" Mississippi, divenendo un membro del "Mississippi Juke Joint Caravan", il carrozzone della Fat Possum che porta questi attempati musicist, la maggior parte dei quali alla prima uscita discografica, in giro per gli USA.
L’album di debutto di Jones, "Mule" (1995), in cui è accompagnato dal fantastico batterista Sam Carr, e dai chitarristi Big Jack Johnson e Kenny Brown, prodotto dal critico musicale Robert Palmer, viene definito "progressive country blues".
Al momento di pubblicare il secondo disco, "Pucker Up Buttercup", nel 1999, Matthew Johnson, il boss della Fat Possum, senza dubbio incoraggiato dal successo di "A Ass Pocket Of Whiskey" (il disco di Burnside del 1996 in collaborazione con Jon Spencer Blues Explosion), decide di spingere l'acceleratore sulla modernizzazione degli arrangiamenti, scontentando i fan più duri e puri del blues crudo e minimale.
Rimane comunque un ottimo album, originale, da ascoltare senza dubbio.
Jones purtroppo muore di cancro il 9 ottobre del 2005, all'età di soli 59 anni, a Jackson, Mississippi.
Postumo esce "Stop arguing over me" con incisioni, realizzate a Detroit, che risalgono all’inverno del 2004, una vera manna per il pubblico malato di blues.
Accompagnato da Matt Patton al basso, Craig Pickering alla batteria e dalla chitarra di Matthew Smith, Paul Jones sciorina il suo pulsante e grinzoso blues in undici tracce ad alta intensità emotiva, che non lasciano alcuna via di scampo.
Il suono rispetto agli esordi è mutato, risulta essere spesso meno ruvido, indice di come sarebbe evoluto il suo stile se solo il destino non avesse voluto portarlo via così presto…
E questo è stato il paradosso di "Wine": partire tardi e finire presto!
Peccato…
Onore a Paul Wine Jones!

Parlando di "vino", non potevamo a questo punto non citare un classicone come Petronio:

"Ahimè, grida, più a lungo vive il vino che un omuncolo. È bene che noi badiamo a titillarci la gola, ché la vita si spiega tutta nel vino."
Petronio - Satyricon - cap. XXXIV.

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