"Suicide girl" si intitola la biografia dell'attrice che oggi andiamo ad omaggiare.
Ma non perché la bellissima GLORIA GRAHAME si sia davvero suicidata ma perché le sue scelte bizzarre ed anticonformiste le hanno rovinato la carriera ed in ultimo la vita, fino a farle rifiutare le cure che potevano salvarla...
Bionda, affascinante e sensuale, Gloria Grahame è stata una delle migliori interpreti della gloriosa stagione del noir, un'attrice che ha saputo sempre imporsi in ruoli da "bad girl", mai troppo leggeri, sempre vicina ai grandi divi del tempo e diretta sempre dai migliori registi.
Purtroppo, cari amici dei Mutzhi Mambo, quella che non credeva alla sua straordinaria bellezza era proprio lei stessa, tanto da sottoporsi compulsivamente a frequenti interventi chirurgici per migliorare la sua bocca; operazioni che alla fine le comprometteranno l'uso del labbro superiore, paralizzandolo.
La sua proverbiale insicurezza trasformò anche un momento di gloria come la cerimonia di consegna degli Oscar in una figura di merda.
Inoltre, pur essendo stimata da tutti come attrice seria, brava, professionalissima, sul set il suo senso di inadeguatezza veniva compensato da un bel "caratterino" scontroso che alla lunga le ha alienato la simpatie dello star system e le ha chiuso con largo anticipo le porte del cinema che conta.
Ciliegina sulla torta, la torbida ma sincera storia d'amore col figliastro...
E queste cose non te le perdona proprio nessuno!
Il suo finale di carriera, come spesso succede alle dive screditate, è caratterizzato da parti minori in film di pura serie B, di quella spesso squallida...
Meno male che aveva già girato i suoi leggendari noir, e possiamo ancora ammirarla mentre e ruba la scena a giganti come Humphey Bogart, Lee Marvin, Glenn Ford, Sterling Hayden...
Perché se è pur vero che è un colore che dona a tutti, a lei il "nero" stava davvero a pennello!
Gloria Hallward, nasce l'8 novembre del 1923 a Los Angeles.
Il padre è un architetto, la madre un'attrice di teatro e docente di recitazione (col il nome d’arte Jean Grahame).
La mamma le insegna fin da bambina a diventare una donna di palcoscenico, così molla il liceo alla Hollywood High School e si trasferisce a New York dove trova impiego in piccole parti a Broadway tra cui quella più famosa è "A Highland Fling”.
Proprio qui viene notata nel 1944 da Louis B. Mayer, il quale le fa subito un piccolo contratto di 250 dollari la settimana con la Metro Goldwyn Mayer, facendola debuttare per il grande schermo in “Blonde Fever”, nella parte di una bionda fascinosa e ambigua.
L'anno successivo si sposa con l'attore Stanley Clements, un tipo piuttosto violento da cui divorzierà tre anni dopo.
Il successo arriva con una parte significativa in “La vita è meravigliosa” (1946), di Frank Capra, poi è la volta di “Accadde a Brooklyn” (1947), di Richard Whorf, e del poliziesco “Il canto dell’uomo ombra” (1947), di Edward Buzzell.
Negli studios di Hollywood diventa presto evidente che la nostra non è adatta per ruoli sdolcinati di dolce mogliettina: la MGM vende quindi il suo contratto alla RKO, dove viene impiegata in ruoli da "bad girl" come nel noir “Odio implacabile” (1947), di Edward Dmytryk, a fianco di ben tre Robert: Young, Mitchum e Ryan.
Per questo film si becca la sua prima candidatura all'Oscar come migliore attrice non protagonista.
Nel 1948 si risposa col regista Nicholas Ray, da cui avrà un figlio e che la dirige la prima volta nel drammatico "Hai sempre mentito" (1949).
Sempre del '49 è il western "Donne di frontiera", diretto da Mark Robson.
Il marito la impone poi nel noir "Il diritto di uccidere" (1950), provocando il risentimento di Humphrey Bogart che invece desiderava che la parte della Grahame andasse a sua moglie, Lauren Bacall.
Il 1952 è un anno campale per Gloria: divorzia da Ray e interpreta ben quattro film di culto.
Si tratta del drammatico "Il più grande spettacolo del mondo", di Cecil B. DeMille, con Betty Hutton e Charlton Heston; de "L'avventuriero di Macao", di Josef von Sternberg, con Robert Mitchum e Jane Russell; del noir "So che mi ucciderai", di David Miller, con Joan Crawford e Jack Palance; Il cinico "Il bruto e la bella", di Vincente Minnelli, con Lana Turner e Kirk Douglas, per il quale la nostra vince l'ambita statuetta come miglior interprete non protagonista.
Purtroppo alla cerimonia di consegna degli Oscar, Gloria non fa proprio una bella figura: timida ed insicura come è, arriva traballante sui tacchi sul palco, riesce a balbettare un "Grazie a tutti" e scappa via subito.
Naturalmente i tabloid hanno buon gioco ad insinuare che l'attrice fosse completamente ubriaca...
Forse anche per questo, nonostante il premio così prestigioso, non riuscirà a sfondare pienamente e superare la concorrenza delle varie attrici del momento, ma nell'ambiente riamane una delle professioniste più apprezzate da tutti.
Anche il 1953 è comunque ricco di soddisfazioni: il capolavoro noir “Il grande caldo”, diretto da Fritz Lang, con Glenn Ford e Lee Marvin; i drammatici "Il muro di vetro", di Maxwell Shane, a fianco del nostro Vittorio Gassman, e "Salto mortale", di Elia Kazan; l'avventuroso "La spada del deserto", di Richard Bare.
Sempre con Glenn Ford, e sempre diretta da Fritz Lang, è poi la volta del bellissimo “La bestia umana” (1954).
Nel 1954 gira anche l'heist movie "L'età della violenza", di Lewis Gilbert, e il poliziesco “Anatomia di un delitto”, di Jerry Hopper, con Sterling Hayden.
Di nuovo per Minnelli recita nel drammatico "La tela del ragno" (1955), poi e la volta di "Nessuno resta solo" (1955), di Stanley Kramer, e del kolossal musicale "Oklahoma!" (1955), di Fred Zinnemann, primo passo falso della sua carriera.
La troupe non l'apprezza e la stessa Grahame si sente incapace di cantare in un musical.
Ma anche la nostra ci ha messo del suo: aggredisce i colleghi Charlotte Greenwood e Gene Nelson in diverse occasioni, e intenzionalmente calpesta le linee dei partner della scena.
Delusa dall'esperienza di "Oklahoma!", la Grahame ridimensiona la sua carriera per prendersi più cura dei suoi figli; nel 1957 divorzia dal suo terzo marito, il produttore televisivo Cy Howard sposato nel 1954 (e da cui aveva avuto una figlia) e nel 1960 si marita in gran segreto in Messico con l'ex figliastro Tony Ray, figlio di primo letto del secondo marito Nicholas, di 13 anni più giovane.
Per un po' riescono a nascondere la cosa ma quando, piu tardi, ci sarà da combattere contro Howard per la custodia della loro figlia, non solo esce fuori la storia del matrimonio ma soprattutto iniziano a circolare le voci sul reale motivo che aveva portato al divorzio della Grahame con Nicholas: pare che lui l'avesse beccata al letto col figlioccio, all'epoca tredicenne...
Quando si diffonde la notizia, insieme alla sua reputazione professionale già offuscata, diventa un'ennesima reietta di Hollywood.
Comunque sia la loro love-story "maledetta" (da cui nasceranno due figli) rimane una delle più intense e sincere della storia del cinema, tanto da fare spunto al biopic "Le stelle non si spengono a Liverpool"(2017), di Paul McGuigan, con una strepitosa Annette Benin nel ruolo di Gloria; anche quando, nel 1974, i due divorzieranno, rimarranno sempre legatissimi.
La Grahame, come c'è da aspettarsi, dirada le sue apparizioni cinematografiche ma non smette di lavorare: la troviamo nello spionistico "L'uomo che non è mai esistito" (1956), di Ronald Neame; nel western "La cavalcata della vendetta" (1957), di Bernard Girard; nel favoloso crime "Strategia di una rapina" (1959 ), di Robert Wise, accanto a Shelley Winters, Robert Ryan e Harry Belafonte.
La troviamo più spesso in TV mentre per il ritorno sul grande schermo si dovrà attendere sette anni, col western "El tigre" (1966), di Bernard McEveety.
In realtà preferisce tornare al suo antico amore, il teatro, dove continua una ricca carriera.
La si rivede sul grande schermo negli anni Settanta in qualche sporadico film di pura exploitation di serie B: dei thriller come il proto-slasher "Il martello macchiato di sangue" (1971), di Philip Gilbert, e "L'idolo" (1971), di Barry Shear, ispirato abbastanza fedelmente alla storia del serial-killer Charles Schmid; il neo noir "Chandler" (1971), di Paul Magwood, con Warren Oates; il grindhouse "La polizia non perdona" (1972), di Sutton Roley; il thriller erotico "Erica... Un soffio di perversa sessualità" (1974), di Josè M. Fourquè, con Fernando Rey; il morboso "Mama's Dirty Girls" (1974), di John Hayes.
Nel 1974 le viene diagnosticato un cancro al seno ma grazie alle cure (anche non convenzionali), ad un drastico cambio di abitudini (no fumo, no alcol, dieta ferrea), dopo un anno si rimette.
Continua intanto la carrellata di pellicole low-budget: l'horror "Terrore nel buio" (1976), di Michael Pataki, una sorta di brutto remake del cult "Occhi senza volto"; lo scialbo giallo "La soffiata" (1979), di Ralph Thomas, con David Niven; le bella commedia "Una volta ho incontrato un miliardario" (1980), di Jonathan Demme.
Nel 1980 il tumore torna ad affacciarsi ma Gloria non accetta la diagnosi e rifiuta le cure.
Malata, continua a calcare i palchi in teatro e l'ultimo film che interpreta è l'horror psicologico "La casa del sortilegio" (1981), diretto da Armand Weston che, pur essendo uno specialista in pellicole hard, gira una pellicola dalle atmosfere malate niente male.
Mentre vive da qualche tempo a Liverpool, la Grahame, nel settembre 1981, si sottopone a un trattamento per rimuovere il liquido in eccesso nell'addome; ma durante la procedura il medico accidentalmente le fora l'intestino causandole una peritonite.
Dopo essere stati informati dell'accaduto, i suoi figli Timothy e Paulette si recano a Londra e decidono di portare la madre di nuovo negli Stati Uniti, dove nell'ottobre del 1981 viene ricoverata all'ospedale St. Vincent a New York City.
Muore un paio di ore dopo il ricovero, all'età di soli 57 anni.
Viene sepolta nel Oakwood Memorial Park Cemetery a Chatsworth, in California.
Forse, se si fosse curata in tempo, poteva ancora continuare a vivere; ma probabilmente una vita passata a lottare contro la vita le aveva tolto la voglia di provarci...
Onore a Gloria Grahame!
"MI sembra di essere una vecchia bambola buttata in soffitta perché nessuno la vuole"
Debby Marsh/Gloria Grahame - Il grande caldo