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UN ALTRO GIORNO ALMENO, il primo video tratto dall'album "Il Male è Dentro" è su YouTube! È giusto ammazzare in nome di Dio (o come vi piaccia chiamarlo)? Una domanda quanto mai attuale, cari amici...

E' uscito ed è disponibile nei migliori negozi di dischi e su tutte le piattaforme digitali il nuovo disco: Il male e' dentro il terzo album dei Mutzhi Mambo, band fiorentina fondata nel 1998,...

Un paladino del Pulp, un vero Maestro dei B movie, l’attore di cui oggi ci andiamo ad occupare!
Ma anche di una vicenda di merda, drammatica, una delle più brutte e agghiaccianti della storia del cinema italiano….
Fisico atletico, faccia dura e squadrata, un po’ da crucco, WILLIAM BERGER è stato uno dei simboli dello spaghetti-western, il cattivaccio che prima o poi dava filo da torcere a chiunque trovasse sul suo cammino.
Fin dagli esordi come caratterista si era dimostrato un attore eclettico, molto duttile (anche se i ruoli da villain erano proprio il suo, visto che l’aria da buono non ce l’aveva proprio) ed era arrivato poi a interpretare anche film di maggiore impegno, anche se si è sempre distinto nelle produzioni a basso e a bassissimo costo, western, horror, gialli, soft-core e quant’altro. .
In Italia ha lavorato con tutti i maggiori eroi del Pulp italiano (Sergio Sollima, Mario Caiano, Fernando Di Leo, Mario Bava, Sergio Garrone, Umberto Lenzi, Tonino Valerii…) ed è stato un attore feticcio di Jesús Franco, e questo già basterebbe e avanzerebbe a garantirgli un Posto d’Onore in questo vostro Almanacco.
Purtroppo per lui è stato anche protagonista di uno dei più crudeli e demenziali errori giudiziari della magistratura italiana, errore che porterà a conseguenze tragiche e che, naturalmente, non ha avuto colpevoli.
Ma procediamo con ordine…
Wilhelm Thomas Berger (così all’anagrafe) nasce a Innsbruck, in Austria, il 20 gennaio del 1928.
Le sue prime esperienze con la recitazione sono nei teatri di Broadway, ma durante una sua visita in Italia, viene subito scritturato nel suo primo western, Break Up nel 1965. Dopo essersi laureato in ingegneria negli Stati Uniti, si trasferisce definitivamente in Italia lo stesso anno.
Esordisce nel cinema nel 1965 in “L'uomo dei cinque palloni” di Marco Ferreri, distribuito in una versione drasticamente ridotta dal produttore Carlo Ponti all'interno del film a episodi “Oggi, domani, dopodomani” e presentato nei cinema italiani in versione integrale solo nel 1979. 
Tornerà a lavorare con Ferreri due anni dopo, per “L'harem”, in cui interpreta uno dei pretendenti di Carroll Baker accanto a Gastone Moschin e Renato Salvatori, ma nel frattempo nel 1966 si è già cimentato nel thriller con “La lama nel corpo”, un giallo gotico, unico film diretto dal produttore Elio Scardamaglia, e soprattutto nel western con “El Cisco” di Sergio Bergonzelli.
È quest'ultimo il genere all'interno del quale si svolgerà buona parte della sua successiva carriera, durante la quale parteciperà ad alcuni degli esiti migliori della stagione dello spaghetti-western, ma anche a molte opere di infimo ordine. Nel 1967 interpreta l'agente della Pinkerton Charles Siringo in “Faccia a faccia” di Sergio Sollima, antagonista della coppia Tomas Milian-Gian Maria Volonté. Del 1968 è nel bizzarro esordio alla regia del produttore Tonino Cervi “Oggi a me... domani a te!”, co-sceneggiato dal regista con Dario Argento.
Berger partecipa anche alle indispensabili serie di Sartana (“... Se incontri Sartana prega per la tua morte” del 1968) e Sabata (“Ehi amico... c'è Sabata. Hai chiuso!” del 1969).
Nel 1970, dopo aver interpretato il thriller cult “5 bambole per la luna d'agosto” di Mario Bava e l'horror “Ombre roventi” di Mario Caiano, la sua carriera professionale e la sua vita vengono drammaticamente segnate da un arresto per il possesso di sostanze stupefacenti, che coinvolge anche la moglie e collega Carol Lobravico.
Una storia esemplificativa di quanto fosse retrogrado, prevenuto e ipocrita il sistema giudiziario italiano dell’epoca, una vicenda poco nota perché tenuta nascosta dall’omertà e dalla polvere del tempo che è passato.
Berger e sua moglie Carolyn, attrice nel Living Theater, hanno preso in affitto una villa nella costiera amalfitana, a Praiano, con un nome che dovrebbe evocare il paradiso, “La Casa degli Angeli“: ma in questa storia, non è stato un piccolo angolo di Eden ma piuttosto l’anticamera dell’inferno. 
I due, sposatisi da un anno, tengono uno stile di vita “alternativo” e molto libero, hanno la casa addobbata di cuscini, monili hippy, pitture, grandi fotografie e ospitano spesso altri amici e artisti “capelloni”. 
La notte fra il 5 e il 6 agosto 1970 la villa viene circondata dalle squadre dei Carabinieri e della Guardia di Finanza di Salerno per un’operazione antidroga. 
Alle due di mattino i militari fanno irruzione per perquisire tutti i locali, svegliano tutti gli assonnati occupanti, li mettono in riga, rovistano ovunque.
Nelle stanze si sente un “odore dolciastro”, sono solo i bastoncini di incenso bruciato, ma gli uomini delle forze dell’ordine, in quell’occasione, hanno deciso di fare piazza pulita!
Le perquisizioni vanno avanti per ore con questi risultati: viene ritrovata una tabacchiera contenente 0,9 grammi di cannabis, appartenente ad una degli ospiti (l’unica, tra l’altro, che non verrà arrestata) e 37 siringhe di plastica, che sono della Lobravico e che le servono per curarsi dai postumi di un’epatite virale (l’attrice si è ammalata dopo una delicata operazione chirurgica).
Da parte dei Carabinieri c’è comunque il pretesto per arrestare gli infami hippy ed evitare la figura meschina di ritornarsene in caserma a mani vuote: sono quindi arrestati i due coniugi e dodici dei loro ospiti (tutti stranieri) con l’accusa di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. 
Vengono caricati sulle camionette e portati via, ma finiranno peggio che in carcere: il 6 agosto sono tutti destinati al manicomio criminale (gli uomini e donne in strutture diverse) e la moglie di Berger viene rinchiusa a Pozzuoli. 
Di lei il medico legale diagnostica una “Sindrome confusionale da sospetto uso di alcaloidi dell’oppio”, ritenendo necessario il trasferimento in ambiente psichiatrico poiché il “soggetto allo stato attuale si giudica pericoloso per sé e per gli altri”.
Nel periodo di internamento, in una situazione quantomeno di negligenza (se non di maltrattamenti “fisici e psichici” come testimoniato dagli amici con lei detenuti), la donna non ha modo di curarsi, non può farsi le iniezioni prescritte e, nel giro di poche settimane, si ammala anche di tifo.
Il direttore sanitario del manicomio criminale femminile di Pozzuoli chiede al giudice istruttore che la donna venga spostata.
Il magistrato acconsente, ma solo formalmente, perché nella realtà la lascia esattamente dove è, perché solo il marito, secondo la disposizione, potrebbe scegliere una struttura alternativa, ma Berger si trova nel manicomio criminale maschile di Napoli, e chiaramente non si trova nella possibilità di scegliere una clinica privata per la moglie!
A Pozzuoli, quando è in condizioni di sofferenza tremenda e urla per il dolore, Carolyn viene tenuta legata al letto.
Poi, il 2 ottobre viene portata all’ospedale Cardarelli di Napoli, per un’operazione d’urgenza. 
I medici le aprono la pancia e la richiudono anche subito: il tifo è arrivato ad uno stato così avanzato che ha già perforato vasta parte dell’intestino. 
Carolyn viene spostata agli “Incurabili” e abbandonata lì per gli ultimi giorni che le rimangono.
Berger la può rivedere il 9 ottobre, per cinque minuti, ammanettato mentre la moglie è in coma e pesa ormai solo quaranta chili.
Dopo morta viene seppellita senza fare l’autopsia, e quindi senza che si possa stabilirne la causa. 
A processo tutti gli imputati, incluso Berger (che rimane comunque 8 mesi fra manicomio e galera), vengono assolti per “insufficienza di prova”, in relazione alle accuse di detenzione di stupefacenti, e perché “il fatto non sussiste”, in relazione al favoreggiamento.
Sulla moglie Carolyn il giudice nella sentenza scrive: “Visto l’articolo 378 CPP dichiara non doversi procedere contro Berger Carolina in ordine al reato a lei ascritto perché estinto per morte di essa imputata“.
Ciliegina sulla torta: distributori italiani senza scrupoli si approfittano del clamore mediatico della vicenda per ritirare fuori dai magazzini "La lama nel corpo", il film del ’66 dove Berger interpretava un dottore sospettato di omicidio, con un nuovo, crudele lancio pubblicitario: "Berger, colpevole o innocente?".
Che schifo amici!
Per fortuna il nostro non si lascia abbattere e riesce a rientrare nel giro del cinema.
Nel 1972 interpreta il thriller poliziesco “Mio caro assassino” di Tonino Valerii e lavora per la prima volta con Jesús Franco in “Un Capitano di 15 anni”.
In seguito parteciperà ad altri sei film (di cui uno non completato) del visionario regista spagnolo, tra cui si ricordano “Los ojos sinistros del doctor Orloff” (1973) e “Confessioni proibite di una monaca adolescente” (1977).
Nel 1973 si cimenta pure con la blaxploitation in “Super Fly T.N.T.” diretto ed interpretato da Ron O'Neal e nel western mischiato con le arti marziali con il trashissimo “Kung Fu nel pazzo West”, di Man Yi Yang
Alcuni dei suoi film più importanti si concentrano nel solo 1976: la commedia noir “Gli amici di Nick Hezard” di Fernando Di Leo, il tardo western barocco “Keoma” di Enzo G. Castellari, forse il film che ha chiuso definitivamente la stagione del western all'italiana, e due delle rare escursioni di Berger al di fuori del cinema minore di genere, la commedia “Telefoni bianchi” di Dino Risi e il dramma resistenziale “L'Agnese va a morire” di Giuliano Montaldo. L'anno successivo è ancora in un western crepuscolare, “California” di Michele Lupo.
Nel corso degli anni ottanta partecipa a diverse miniserie televisive e a due dei rari tentativi mal riusciti di rilanciare il western all'italiana: la sfortunata trasposizione cinematografica del più celebre fumetto western italiano, “Tex e il signore degli abissi” (1985) di Duccio Tessari, in cui interpreta Kit Carson accanto ad un Giuliano Gemma fuori ruolo nei panni di Tex Willer; e “Django 2 - Il grande ritorno” (1987) di Nello Rossati, seguito ufficiale a distanza di vent'anni di Django.
Si ricordano pure i goffi spaghetti-fantasy “La guerra del ferro – Ironmaster” (1982), di Umberto Lenzi, “Hercules” (1983), e il suo seguito “Le avventure dell'incredibile Ercole” (1986), entrambi di Luigi Cozzi, e soprattutto il delirante sci-fi “Fratello dallo spazio” (1986), di Mario Gariazzo.
Il grande attore austriaco muore a Los Angeles il 2 ottobre del 1993, per un cancro alla prostata.
Speriamo che, almeno di là, non trovi a giudicarlo delle teste di cazzo come quaggiù!
Onore a William Berger!

"È molto triste morire lontano da casa!"
Banjo/William Berger - Ehi amico... c'è Sabata: hai chiuso!

Almanacco Pulp dei Mutzhi Mambo

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