E PIPPO PIPPO NON LO SA…
Quando abbiamo a che fare con questi “reperti”, ci sentiamo un po’ come Indiana Jones davanti all’idolo d’oro!
Sono “scoperte” che danno soddisfazione, quelle di personaggi come il grandissimo PIPPO STARNAZZA, pioniere dello swing e della musica demenziale italiana!
Tanti hanno reso omaggio a questo artista fondamentale, ammettendo il loro debito di gratitudine alla sua opera…e si parla di gente come Fred Buscaglione e Freak Antoni!
Quando incensate Celentano e il suo “Prisencolinensinainciusol”, sappiate che il “finto inglese” usato in funzione ritmico/musicale è una creazione di Starnazza!
Basta ascoltare lo strampalatissimo gramelot che il Nostro improvvisa su "Dinah " per capire il personaggio.
O il buffo "La Marchesa Sinforosa " che allude ironicamente alle condizioni di vita degli italiani durante e la guerra.
Le sue incisioni ebbero un buon successo commerciale durante gli anni di belligeranza, anche se la Radio di Stato li ignorava.
La musica ed i testi spesso surreali ed umoristici erano troppo distanti da qualsiasi retorica guerresca e patriottarda, e d'altronde la libertà del jazz sempre si è mal sposata con le ideologie totalitarie e patriottarde del XX secolo.
Cantante, batterista, attore, Starnazza fu anche uno dei primi a capire l’importanza nei suoi spettacoli dell'aspetto scenico: sia con le smorfie della sua faccia di “gomma” (che ha anticipato i Brutos) sia con la grancassa della sua batteria, sulla quale erano dipinti un buffo ritratto e lo scudetto dell'Inter.
Roba semplice, ingenua ma che rompeva con la tradizione "seriosa" dello stare sul palco.
Pippo Starnazza ebbe anche un'intensa attività cinematografica, iniziata alla fine degli anni cinquanta, quando la sua carriera come musicista era ormai in declino, ed ha avuto modo di recitare con alcuni dei più grandi registi italiani (da De Sica a Monicelli, da Scola a Lizzani), insieme a divi come Tognazzi, Mastroianni, la Loren e Gassman.
Insomma un pioniere dimenticato a cui è doveroso dare il giusto tributo.
E noi, cari amici dei Mutzhi Mambo, lo facciamo volentieri...
Luigi Pietro Redaelli (così all’anagrafe) nasce a Milano, il 16 aprile del 1909.
A undici anni rimane folgorato, mentre passeggia in Galleria Vittorio Emanuele a Milano, dalla musica del Quintetto Mirador, band di jazz americana (con Madge Coffie al sax alto e suo marito Samuel Coffie alla batteria): decide quindi di rinunciare allo studio del violino, a cui la famiglia lo ha indirizzato, e di dedicarsi alla batteria.
Inizia giovanissimo già negli anni '20 ad esibirsi con l'Orchestra De Carli all'Orfeo di Milano, per poi passare nel 1927 alla Louisiana Band di Piero Rizza.
Suona quindi con tutte le principali orchestre jazz di Milano, per poi approdare nel 1929 all'orchestra Hot Pickers di Nanni DalDello, suonando con Robert De Kers, Beppe Mojetta e Marino Marzaroli (oltre che con DalDello).
Con il pianista Beppe Mojetta forma, inoltre, un duo in cui inizia a cantare, interpretando standard jazz in inglese con un buffo accento milanese: da qui gli viene l’idea di inventare una sorta di grammelot in finto inglese strampalato, riproponendo in questo modo al pubblico classici proibiti come "Dinah", "Sweet Sue", "St. Louis blues" (che la censura fascista aveva trasformato in un improbabile "Le tristezze di san Luigi"....) e "I can't give you anything but love".
Questi sono i primi brani che incide come cantante su 78 giri, pubblicati dalla Odeon.
Passa quindi nel 1934 all'orchestra di Gorni Kramer, e successivamente a quella di Pippo Barzizza; decide però anche di esibirsi come cantante solista (nonostante il fascismo inizi a censurare il jazz come "musica negroide"), e alla metà degli anni '30 risalgono le sue prime incisioni da cantante, dove tenta un divertente miscuglio tra le sonorità jazz e l'umorismo, anche satirico, dei testi, in quel filone che vede tra gli altri esponenti artisti come Rodolfo De Angelis.
Scelto il nome d'arte di Pippo Starnazza, forma un suo gruppo che chiama "Quintetto del Delirio", ed è il primo a cantare in Italia con lo stile "scat" (viene anche soprannominato "Squà-Squà", ed in alcuni 78 giri il nome del gruppo è cambiato in "Pippo Starnazza & i suoi Squà Men").
Tra i suoi successi da citare “Se mi vien la mosca al naso” (1942), “Ah, se fossi musicista” (1942), “Non lo dir” (1943), “Oh bimba” (1943), “Chi lo sa perché” (1942), “Baldo Baldo (Arcibaldo)", "Era lei" e "Se fossi milionario".
La parte strumentale è davvero notevole.
La conoscenza del jazz di quei musicisti deve essere, nonostante le limitazioni e della tecnologia di allora (e l'atteggiamento ostile dei media di regime), molto avanzata ed approfondita.
I pezzi sono tutti di autori italiani, fra i quali autorevoli personaggi come Gorni Kramer, Lelio Luttazzi, Giancarlo Testoni (fondatore di "Musica Jazz "); l'autarchia culturale non permette infatti di utilizzare materiale d'importazione, ma qua e là si ascoltano citazioni di standard (ad esempio ne "I got Rhythm").
Al di là degli aspetti più coloriti, il lavoro di Starnazza resta un momento di resistenza importante perché, oltre a mantenere in vita un genere musicale che si voleva cancellare (cioè il jazz), dà la possibilità a vari strumentisti di continuare a lavorare nonostante la censura.
Pippo Starnazza ha anche un'intensa attività cinematografica, iniziata alla fine degli anni '50, quando la sua carriera come musicista è ormai in declino, e, grazie alla sua estrema espressività al limite del caricaturale, ha modo di recitare con tutti i più grandi registi italiani (da De Sica a Monicelli, da Scola a Lizzani), insieme a divi come Tognazzi, Mastroianni, la Loren e Gassman.
Fra i film da lui interpretati si posso citare: “Walter e i suoi cugini” (1961), di Marino Girolami, con Walter Chiari e Ave Ninchi; “La vita agra” (1963), di Carlo Lizzani, con Ugo Tognazzi, Giovanna Ralli e Enzo Jannacci; “I compagni” (1963), di Mario Monicelli, con Marcello Mastroianni, Bernard Blier e Raffaella Carrà; “La congiuntura” (1963), di Ettore Scola, con Vittorio Gassman, e Joan Collins; “L'armata Brancaleone” (1965), di Mario Monicelli, con Vittorio Gassman, Gian Maria Volontè, Maria Grazia Buccella e Catherine Spaak; “Johnny Oro” (1966), di Sergio Corbucci, con Mark Damon e Valeria Fabrizi; “I girasoli” (1969), di Vittorio De Sica, con Marcello Mastroianni, e Sophia Loren; “Romanzo popolare” (1974), di Mario Monicelli, con Ugo Tognazzi, Ornella Muti e Michele Placido; “Milano odia: la polizia non può sparare” (1974), di Umberto Lenzi; “Yuppi Du” (1975), di e con Adriano Celentano, con Claudia Mori, Gino Santercole e Charlotte Rampling.
È a Pippo Starnazza che si ispirerà un altro celebre batterista-umorista, il napoletano Gegè Di Giacomo, storico collaboratore di Renato Carosone.
Il Maestro muore a Milano il 16 luglio del 1975 e viene sepolto al locale Cimitero Maggiore.
È importante rammentare da dove si proviene…
E noi tutti si proviene da Pippo Starnazza!
Onore al Maestro!
Nota a margine: Freak Antoni, il cantante degli Skiantos, ha voluto rendere omaggio a Pippo Starnazza chiamando uno dei suoi gruppi paralleli Beppe Starnazza e i Vortici, presentandosi come il sedicente figlio di Pippo e riproponendo alcune divertenti canzoni del finto papà, oltre che di altri artisti di quegli anni.
“Vorrei comprar
il bazar di Zanzibar,
oh yeah!
Andar pian pian
passeggiando per Milan.
Ballare con Mariannina,
la polkettina sentile il cuor.
Bum-bum, ye-ye
Bum-bum, ye-ye
Vorrei salvar
quel tal uomo in mezzo al mar,
a tu per tu
far parlar d’amor Mariù.
Andare in carrozzella
con la mia bella
di qua e di là,
mentre tutto questo Pippo non lo sa.
Quante cose
vorrei far,
cento ed una pazzia…”
Beppe Starnazza e i Vortici – Se fossi Milionario