Paese che vai, mostri che trovi!
Infatti, cari amici dei Mutzhi Mambo, vale pure per i mostri lo stesso assioma che vale per le tradizioni: ogni cultura in ogni luogo ha i suoi mostri e ne deve andare fiera!
Anzi, diciamo pure che nulla è più fecondo del folklore nel partorire mostri; e sono quelli che spaventano davvero, di generazione in generazione!
E, in Giappone, il più importante narratore di mostri tradizionali è proprio il magnifico SHIGERU MIZUKI, l’autore del fondamentale manga “Kitaro dei cimiteri”.
Uno degli autori più prolifici dell’universo del manga, Shigeru Mizuki è stato un vero e proprio sciamano del fumetto: ha saputo raccontare le storie meravigliose della tradizione shinto giapponese, reiventandole a modo suo per una intera generazione di giovani lettori.
Storie di mistero, popolate di mostri minacciosi e sciocchi, gli yōkai, con una grazia venata da un senso del grottesco e un’ironia inconfondibili.
Mizuki era un maestro del racconto e un maestro del disegno, che si incontravano sulla strada del ricordo personale.
Spesso perfino dell’aneddoto, elevato a forma di arte sopraffina.
Il suo sguardo macabro era filtrato da un sense of humour che aveva il suo corrispondente occidentale forse solo in Charles Addams, creatore della “Famiglia Addams”.
Ma, a differenza del grande vignettista americano, Mizuki mostrava una verve narrativa a lungo respiro, che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita.
La sua propensione al ricordo e un gusto irriverente, che del disegno recupera perfino la parte più caricaturale, pure volgare, fa parte della sua personale ricostruzione della memoria, pure nel divertissment della battutaccia.
Nel suo universo, onirico e surreale, perfino la più banale caricatura diventava pura poesia.
In grado minore, ma tuttavia notevole, è conosciuto anche per le sue memorie sulla seconda guerra mondiale, nonché per la sua attività di scrittore e biografo.
Fino all’inizio degli anni ’90, Shigeru era praticamente sconosciuto in Europa, ma dopo segue la consacrazione di quello che appare subito come uno dei massimi narratori del Novecento, fino al sacrosanto premio nel 2007 al prestigioso festival di fumetti Angouleme.
Mizuki aveva già 85 anni e questa affermazione fa sì che simultaneamente, in tutto l’Occidente, i suoi libri vengano pubblicati e riscuotano ovunque un meritato successo.
Meglio tardi che mai...
Shigeru Mura (così all’anagrafe), nasce nella città costiera di Sakaiminato, nella regione del Chūgoku, l’8 marzo del 1922, secondo di tre figli.
Bambino impulsivo e curioso, le sue prime produzioni sono legate all'ascoltare e disegnare storie di fantasmi da una donna del posto che lui soprannomina "Nononba".
Ma nel 1942 viene arruolato nell'Esercito imperiale giapponese e inviato nell'isola di Nuova Bretagna, in Papua Nuova Guinea.
Le sue esperienze di guerra lo cambiano profondamente.
Contrae la malaria, assiste impotente alla morte di camerati ed amici a causa di ferite di guerra e di malattie, ed infine, in un raid aereo degli Alleati, viene coinvolto in un'esplosione e perde il braccio sinistro.
Mentre è prigioniero di guerra a Rabaul, fa amicizia con le tribù locali Tolai, che gli offrino terreni, una casa e la cittadinanza tramite il matrimonio con una delle donne del luogo.
A Mizuki viene l’acquolina in bocca e prende in seria considerazione l'opportunità, ma un dottore militare lo fa vergognare, spingendolo a tornare quanto prima in Giappone per affrontare i suoi genitori, cosa che fa con grande riluttanza.
All'arrivo a casa, Mizuki inizialmente prevede di ritornarsene subito in Nuova Guinea; tuttavia, l'Occupazione del Giappone gli fa cambiare idea.
Le sue ferite e la perdita del braccio non lo aiutano di certo né gli è di aiuto il fatto che suo fratello maggiore, ufficiale d'artiglieria, sia stato condannato come criminale di guerra per aver giustiziato alcuni prigionieri.
Da mancino, dopo la guerra impara da autodidatta a scrivere e a disegnare con la mano destra: una sorta di terribile iniziazione che rafforzerà la sua inarrestabile volontà di narrare.
Dal suo ritorno fino al 1956 lavora come operatore in un cinema fino al successo come fumettista.
Nel 1957, Mizuki pubblica il suo fumettoo d'esordio, “Rocketman”.
La sua opera del 1959, “Kitaro dei cimiteri”, risulta il suo più clamoroso successo.
Conosciuto soprattutto per aver reso popolari gli yōkai, creature leggendarie del folklore giapponese, sorta di fantasmi-mostri a cui possono essere ricondotti tutti i personaggi della serie, nel corso degli anni, il manga è stato adattato in numerosi anime, film e videogiochi, al punto che una nuova serie animata è stata realizzata per ogni decade dagli anni sessanta in poi.
La storia è quella di una leggenda giapponese risalente all'inizio del ventesimo secolo che veniva raccontata dai kamishibai, i narratori erranti che imbastivano per le strade una sorta di teatrino con sfondi disegnati che illustravano storie mitologiche o soprannaturali.
Da allora ha pubblicato numerose opere, sia di yōkai sia lavori su temi bellici.
Pubblica per la rivista underground “Garo” e diviene in breve un’icona del “Mangae del Gekiga” (il “fumetto drammatico”) facendo subito genere a sé.
Ha inoltre scritto molti libri su molti argomenti, tra cui un'autobiografia sul suo soggiorno sull'isola di Nuova Bretagna e una biografia a fumetti su Adolf Hitler.
L’autobiografismo e il romanzo storico, nella seconda fase della sua incontenibile produzione, diventano i territori prediletti per un narrare vorticoso e instancabile, e pubblica un libro dopo l’altro.
La storia del periodo Showa, raccontata in otto volumi tra il 1988 e il 1989, è un racconto fiume di oltre 2.500 pagine, che attraversa la storia del Giappone.
Mizuki la disegna che ha 66 anni.
Storia e storia personale si intrecciano per descrivere la guerra, con il suo dolore e la sua insensatezza.
Il soldato Mizuki, unico superstite di un battaglione suicida, viene duramente sanzionato per essere sopravvissuto.
Un affresco spietato ma anche ironico, assolutamente realistico, che parla più di tanti saggi e delinea uno sguardo non conformista alla tradizione di un Paese votato all’estremo sacrificio.
Il fanatismo viene deriso, come nell’altra celebre biografia di Adolf Hitler, opera antimilitarista che denuda e denuncia il dramma della malvagità umana, quella vera.
Adatta anche di un racconto di Lovecraft, uno dei più celebri: “L’orrore di Dunwich”.
Shigeru ambienta la storia in Giappone, intitolandola “Chitei no Ashioto” (ovvero “Passi nel vuoto”), e apportando poche altre modifiche al racconto originale, a parte quella, sostanziale, che, al posto del lovecraftiano “Yog Sohtoth”, il mostro finale è uno yōkai (come poteva essere altrimenti…) chiamato Yogurt.
Nel 2007 riceve il premio “Meilleur Album” per “NonNonBâ” al Festival international de la bande dessinée d'Angoulême, primo giapponese a ricevere un premio dalla manifestazione francese.
Quando non lavora in questi settori, si dedica alla pittura di numerosi soggetti, anche se questi lavori non sono altrettanto conosciuti quanto quelli letterari che lo hanno reso celebre.
Nel 2003 torna a Rabaul per ravvivare la sua amicizia con i nativi, i quali dedicano una strada in suo onore.
Nel 2005 Mizuki appare in un ruolo cameo in “Yōkai daisensō” ( "La grande guerra degli Yōkai") diretto da Takashi Miike, un film ispirato al suo lavoro; molti dei suoi personaggi appaiono nella pellicola e, nel film, viene inoltre data una breve spiegazione delle sue opere.
Il Maestro muore a Tokyo, il 30 novembre 2015, per una insufficienza cardiaca.
Alla veneranda età di 93 anni ancora disegnava: era appena uscita l’ultima sua opera, “Watashi no Hibi”, un manga autobiografico.
La tomba se l’era in precedenza progettata da solo, raffigurante yōkai e personaggi dei suoi fumetti.
Mizuki ha dimostrato una volta di più e definitivamente che anche i mostri hanno una loro poesia…
…e che anche la paura può far nascere un sorriso.
Ed essere dolce come la nostalgia di un ricordo.
Onore a Shigeru Mizuki!
Nota a margine: A Sakaiminato, il luogo di nascita di Mizuki, è presente un museo dedicato all'autore e una strada con i fantasmi e mostri che appaiono nelle sue storie: cento statue di bronzo dei personaggi delle sue storie sono allineate lungo i lati della strada.
“Credi in ciò che non vedi. Le cose più importanti al mondo sono quelle che non puoi tenere in mano.”
Shigeru Mizuki