PORCI CON LE ALI
Ancora "Summer of Love", ancora hippy, ancora LSD: insomma, cari amici dei Mutzhi Mambo, si torna sulla West Coast per celebrare quegli anni lì, la seconda metà dei '60, tempi eccezionali, di rivoluzioni in tutti i campi.
Intendiamoci subito: usiamo l'aggettivo "eccezionali" non perché siamo particolarmente amanti di quel periodo, anzi!, ma lo usiamo in senso letterale cioè che erano tempi in cui l' "eccezione" era la regola!
Perché bisogna ammettere che quella fase rimane un "unicum" nella storia, specie in senso culturale; per altri aspetti (guerre, povertà, ingiustizie, criminalità, disperazione, ecc.), erano anni come tutti gli altri, ovvero di merda...
Forse l'unica caratteristica che li distingueva davvero era la pia illusione che le cose potessero cambiare, potessero radicalmente migliorare...
Ma uno dei segni che dimostreranno precocemente quanto le cose non sarebbero andate proprio così, è la drammatica parabola di tanti rocker (che della filosofia "Flower power" si erano fatti promotori in prima linea), fra cui quella del povero RON "PIGPEN" MCKERNAN, il tastierista e cantante dei Greateful Dead.
Oddio, a ben pensarci, Ron "Pigpen" McKernan non era davvero il prototipo "ideale" del "figlio dei fiori": appassionato di blues, lercio, look fra il motociclista incazzoso e il cowboy burino, appassionato di armi da fuoco, dedito più alla bottiglia che agli spinelli, il nostro al solo vederlo non ispirava certo sentimenti di "pace e ammmore"...
Oltretutto può vantare l'appartenenza a due sinistre classifiche: quella, famigerata, del "Club dei 27", che accoglie musicisti che vanno da Robert Johnson a Amy Winehouse, accomunati dalla sfiga di essere crepati giovanissimi, a soli 27 anni, appunto; e quella, denominata "La maledizione dei Dead", che ha visto morire prematuramente i vari tastieristi dei Greateful Dead, e che McKernan ha avuto il dubbio privilegio di inaugurare...
Possan piacere o meno, i Grateful Dead, di cui Ron era uno dei membri fondatori, sono da molti (non noi...) considerati la più grande band rock di tutti i tempi, uno dei simboli della controcultura hippie di San Francisco e, in generale, dell'estetica lisergica degli anni '60.
Pur presentandosi come dei capelloni drogati un po' naif, i Dead sono stati un gruppo davvero "colto", a loro modo raffinato, capace di fondere l'avanguardia atonale Europea e Americana, il rhythm'n'blues, le improvvisazioni del free-jazz, quanto i ritmi e le sonorità di altre culture.
La loro massima invenzione fu il lungo brano di improvvisazione di gruppo, l'equivalente rock della jam del jazz. Ma a differenza del jazz, in cui le jam rappresentavano l'angoscia e la voglia di libertà dei neri americani, le jam dei Grateful Dead costituirono la colonna sonora dell'LSD, la fuga dal Sistema oppressivo e conformista, la pura voglia di libertà espressiva, di vita alternativa.
Però, al contrario di loro colleghi come i Jefferson Airplane, non ne hanno mai fatto un dato esplicitamente "politico": in fondo, il loro obiettivo era sempre e comunque di tornare alla "vera" radice dell'ammeriganità, quell'utopia libertaria assoluta che sta alla base della mitologia della frontiera.
In realtà i Dead, in quegli anni, non vendevano un granché ma manco gli interessava più di tanto: la loro forma espressiva privilegiato erano i concerti, non i dischi..
I primi concerti dei Grateful Dead erano grandi feste psichedeliche, in cui il biglietto d'ingresso (quando c'era) pagava soltanto i costi del locale.
Anche una volta diventati a loro modo delle rockstar, preferiranno sempre esprimersi dal vivo piuttosto che codificare su vinile le loro "canzoni": in tal senso non esiste una versione definitiva dei loro brani, esistono soltanto versioni su disco e versioni che non sono finite su disco.
Questo sarà un grosso ostacolo al raggiungimento del successo vero e proprio , esteso oltre i limiti dello zoccolo duro dei loro “deadheads” (i fan nudi e crudi della prima ora, veri e propri seguaci settari, con regole e un codice comportamentale ben definiti); d’altronde permetterà loro di non cristallizzarsi e di affrontare cambiamenti epocali lungo tre decenni, riuscendo sempre a fare cose interessanti, pur con alcune inevitabili cadute di tono.
Per chi, come noi, ama il rock'n'roll e la classica "forma canzone" (per quanto deformata e stravolta), non è un'ottica facile da digerire o da amare, ma l'importanza del "Morto Riconoscente" (nome preso un po' a casaccio da un libro esoterico egizio) nella storia del rock, non può essere messa in discussione!
In questo balliame, la figura di McKernan, con quella sua vociaccia sguaiata e i suoi giubbotti da biker, è sempre rimasta un po' "sui generis", un tantino isolata, quasi una "mascotte" reazionaria, rispetto alla genialità e alla cultura musicale esibita da Jerry Garcia e Bob Weir.
Invece, il suo amore per il gospel e il blues ha costituito un tassello fondamentale nella costruzione del sound della band.
Peccato che gli abusi ce l'abbiano portato via così presto, lasciandoci per sempre la curiosità su cosa avrebbe potuto combinare in seguito...
Ronald Charles McKernan nasce l'8 settembre del 1946 a San Bruno, in California.
Cresce in un quartiere nero e viene quindi fortemente influenzato dalla relativa musica e cultura afroamericana.
Suo padre oltretutto è un DJ R&B, quindi un certo tipo di "suond" è "di casa" dai McKernan.
Dopo essere stato espulso dal liceo, inizia ufficialmente la sua carriera musicale suonando nei bar col pianoforte.
Mentre fa il giro del circuito dei caffè agli inizi degli anni '60 a San Mateo, in California, McKernan incontra l'uomo che gli avrebbe dato il poco lusinghiero soprannome di "Pigpen": John "Jerry" Garcia, chitarrista e cantante amante del folk e del bluegrass.
A loro si unisce Robert Hall "Bob" Weir, anche lui chitarrista e cantante dalla formazione più jazz/classica.
Successivamente prendono alcuni altri musicisti per formare i Mother McCree's Uptown Jug Champions, con Pigpen che copre principalmente tastiera, armonica e voce.
La prima autentica registrazione di questo gruppo è l'omonimo disco registrato dal vivo nel 1964.
I musicisti elencati nei credits includono Garcia e Weir, oltre a Dave Parker, Tom Stone, Mike Garbett e, naturalmente, Pigpen, tutti alle prese con un'ampia varietà di strumenti, dal kazoo alla tavola da lavabo.
Il dico presenta la versione primitiva di brani dei Dead come "The Monkey and the Engineer" e "Beat It on Down the Line".
Pigpen dà un'impronta più marcatamente blues al progetto e decidono di cambiare nome (il precedente è oggettivamente troppo lungo...) in Warlocks, con Garcia, Weir, il batterista Bill Kreutzmann e Phil Lesh.
Anche questo però non va bene, perché viene già usato da un'altra band, I futuri Velvet Underground.
Presto viene scelto Grateful Dead e il combo assume così il suo originale e multiforme aspetto sonoro, l'acid rock, con Garcia e Weir provenienti dalla scena folk, la formazione classica e le conoscenze di elettronica di Lesh, l’amore per il blues di McKernan e il background jazzistico di Kreutzmann.
Il tutto sconvolto dall’Lsd, grazie anche all’opera di Ken Kesey (che fin dagli anni 50 aveva sperimentato gli effetti delle nuove droghe sintetiche), il quale si fa promotore dei primi eventi psichedelici, di cui i Dead sono le star indiscusse.
Nella dimensione live le composizioni si liquefanno in lunghissime improvvisazioni sull’esempio delle jam jazzistiche, guidate con maestria da “Captain Trip” Garcia.
Altra influenza fondamentale del periodo è quella del poeta e cantante Robert Hunter, anch’egli precursore degli "acid test", che diviene il paroliere della band.
La crew si arricchisce pure anche del grafico Rick Griffin e del chimico-tecnico del suono Owsley Stanley.
In questo contesto, Pigpen, con le sue giacche di pelle, le armi spesso in pugno e la bandana, diventa una specie di curioso ponte tra la cultura dei biker, ancora saldamente legata al rock'n'roll e all'attitudine "outlaw", e quella più ingenuamente hippy.
La Warner Bros si accorge della loro fama underground e dà loro l’opportunità dell’esordio su disco.
Peccato che l’omonimo album "Grateful Dead", quasi interamente composto da classiche cover rhythm'n'blues e realizzato in soli tre giorni, non riesca minimamente a restituire il devastante impatto live del gruppo: un sound pulitino, senza le sporcature cacofoniche che rendono truci ed estenuanti le loro esibizioni dal vivo.
Alla fine dello stesso anno, a completare il sestetto storico dei Dead, arriva il batterista e percussionista Mickey Hart, già insegnante di Kreutzmann, che, con la sua eccentricità rivoluziona le ritmiche; successivamente, si unisce il pianista/tastierista Tom Costanten, allievo di Berio, Stockhausen e Boulez, che introduce una vena sperimental/contemporanea nell'uso dei sintetizzatori.
"Anthem Of The Sun" (1968), l'album registrato dalla nuova formazione, è considerato un capolavoro dell'acid-rock.
Nessuna spontaneità live, in questo caso: l'album viene rifinito in studio con cura maniacale, ricorrendo a ogni sorta di effetto e tecnica.
Le radici blues e country del gruppo vengono letteralmente "stuprate" e distorte dalle droghe allucinogene, fino a diventare irriconoscibili: i brani si dilatano a dismisura, disintegrando la struttura della canzone, e ogni pezzo divenne una bolgia immane di ritmi, di melodie e di improvvisazioni in cui si fondono rock, jazz e avanguardia.
Intanto una celeberrima foto della band seduta sotto il portico della loro casa sulla famosa Ashbury Road, completa di Pigpen che brandisce fiero un fucile da caccia, viene pubblicata nel primo numero della rivista "Rolling Stone" in relazione a un recente raid della polizia e all'arresto di alcuni membri della band con l'accusa (che non stupisce nessuno...) di possesso di marijuana, rafforzando la fama di "fuorilegge" del gruppo.
Nasce inoltre un'altro gossip relativo alla presunta relazione di Ron con Janis Joplin; in realtà i due ubriaconi per antonomasia del rock-blues duellano alcune volte in concerto, ma tutto si ferma lì...
Il successivo "Aoxomoxoa" (1969), dal misterioso titolo palindromo, riesce finalmente a condensare l’energia del gruppo, sintetizzandone le potenzialità in una serie di brani più strutturati, che diverranno poi classici del repertorio.
Il magma sonoro ribollente dell’improvvisazione si solidifica e le ritmiche assumono linee più ortodosse. La personalità dei componenti si fonde in uno stile ben definito, rispecchiato anche nella copertina disegnata da Griffin.
Riescono a catturare finalmente l'epicità lisergica dei loro concerti in un album doppio intitolato "Live Dead" che contiene le registrazioni delle esibizioni all'Avalon Ballroom e al Fillmore West di San Francisco, rispettivamente il 26 gennaio e il 27 febbraio 1969.
I sette brani che lo compongono sono tentacolari, infiniti, oscuri, e avvolgono l’ascoltatore nelle loro spire mortifere; su tutte spiccano i 23 minuti (!) di "Dark Star".
Ma ormai l' "Estate dell'ammmore", la moda dei trip acidi e dei buoni sentimenti, sta volgendo inesorabilmente al tramonto; i nostri hanno voglia di mollare il casino e di tornare alle origini.
Licenziano Constanten, principale fautore dell'esotismo e dell'elettronica, e danno alle stampe due dischi di sapore country, "Workingman's Dead" (1970) e l'ancora più loffio e radiofonico "American Beauty" (1970), in cui abbandonano le asprezze delle produzioni precedenti.
Questo ammorbidimento si accompagna alla progressiva marginalizzazione di Pigpen nella band, dimostrando che l' "anima tosta" del "Morto" è proprio lui.
Per fortuna i concerti sono sempre bestiali, come dimostra il doppio "Grateful Dead" (1971), noto anche come “Skull And Roses” e originariamente intitolato “Skull Fuck”, titolo che chiaramente verrà censurato dalla casa discografica.
Ma ormai McKernan non ce la fa più a stare al passo con il resto della band e le scelte musicali si allontanano sempre più dai suoi gusti: beve come una spugna, il fegato è da buttare e i dottori lo sconsigliano di andare in tour; soprattutto è Garcia che inizia ad essere veramente stufo delle sue continue assenze alle prove.
Per il tour europeo del 1972 è praticamente già fuori dalla band: a sostituirlo Keith Godchaux.
L'8 marzo del 1973, Pigpen viene trovato morto nel suo appartamento per un'emorragia allo stomaco.
Prima di andarsene aveva anche registrato alcune canzoni per un album solista, ma non è mai stato pubblicato.
I suoi contributi alla band continuano a vivere nelle registrazioni live pubblicate da quel momento in poi.
Purtroppo la "maledizione" dei tastieristi dei Greateful Dead era appena agli inizi: nel 1979 Keith Godchaux e la moglie abbandonano la band e poco dopo lui muore un incidente stradale; a sostituirlo arriva Brent Mydland che però nel 1990 rimane a sua volta vittima di un'overdose.
La maledizione, almeno per i tastieristi, si interrompe con l’ingaggio di Vince Welnik, affiancato da Bruce Hornsby per gli ultimi concerti della band, che cesserà la sua attività dopo poco.
Ma ancora una vittima è necessaria per placare il "Morto Riconoscente": Jerry Garcia muore di infarto il 9 agosto del 1995.
Captain Trip se n'è andato a fare l'ultimo viaggio: chissà se in fondo ha ritrovato il vecchio Pigpen...
Onore a Ron "Pigpen" McKernan!
"Please don't dominate the rap, Jack
If you've got nothing new to say
If you please, don't back up the track
This train's got to run today
I spent a little time on the mountain
Spent a little time on the hill
Heard some say, "better run away"
Others say, "better stand still"
Now I don't know, but I been told
It's hard to run with the weight of gold
Other hand I have heard it said
It's just as hard with the weight of lead..."
Greateful Dead - New Speedway Boogie