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UNA ATTRICE VERA DAVVERO

Siamo veramente lieti di omaggiare oggi, nell'anniversario della sua scomparsa, una delle migliori attrici in assoluto della storia (e una delle nostre preferite), la favolosa SHELLEY WINTERS!
Ha esordito come biondona burrosa e provocante (proprio una vera manza!) ma è riuscita ad essere una delle pochissime pin up a non aver paura di invecchiare con classe.
Dotata di una invidiabile auto-ironia, ha interpretato ruoli eccezionali e sempre più imprevedibili in tutta la sua lunghissima carriera (50 anni sul set sono veramente una cosa rara!) senza disdegnare parti "scomode" e bizzarre, in pellicole veramente eterogenee, dimostrando una bravura, una professionalità e un'umiltà veramente fuori dal comune.
Perfino quando il budget era scarso, i film imbarazzanti e le produzioni veramente indegne della sua bravura, la Winters faceva sempre la differenza, aveva il magico dono di renderle interessanti.

Shelley Winters7
Perché era una donna speciale...
E poi le piacevano gli uomini, e parecchio, e non si vergognava di ammetterlo.
Non ne ha mai fatto mistero e ha avuto la gran classe di non essere ipocrita, di non fingere di essere una santa e di affermare sempre la sua libertà di scelta.
Non male, in un mondo falso e bigotto come era (e, per certi versi, è ancora...) quello dello spettacolo...

Shirley Schrift (così all'anagrafe) nasce a East St. Louis, nell'Illinois, il 18 agosto del 1920, da un emigrante di origine ebraica e da Rose Winter (nata nel Missouri ma anch'essa figlia di emigranti).
Studia recitazione all'Hollywood Studio Club, ritrovandosi a dividere la propria stanza con un'altra debuttante destinata a diventare una grande celebrità: Marilyn Monroe.
Shirley irrompe sulla scena hollywoodiana come vamp dalle chiome bionde con una piccola parte nella commedia "Che donna!" (1943), di Irving Cummings e prende parte, tra gli altri, anche al notevole crime "Violenza" (1947) di Gordon Wiles.
In "Doppia vita", diretto lo stesso anno da George Cukor e liberamente tratto dall' "Otello" di Shakespeare, la Winters ha il primo ruolo importante della sua carriera.
Recita poi in diversi noir, tra cui "L'urlo della città", (1948), di Robert Siodmak, "Passo falso" (1949), di Chester Erskine, "Cocaina" (1949) di William Castle, e "Ho amato un fuorilegge"(1951), di John Berry, sempre nel ruolo della pupa di turno ma ben presto, sentendosi limitata da questo cliché, preferisce approfondire la recitazione per orientarsi verso ruoli di maggiore impegno come ad esempio, nel 1951 in "Un posto al sole", a fianco di Montgomery Clift ed Elizabeth Taylor, nel ruolo non certo glamour della dimessa operaia che trova la morte per mano del marito.
Il film, diretto da George Stevens e pietra miliare del cinema statunitense, le consente di conquistare la sua prima nomination all'Oscar.
Dopo di esso si fanno notare il dramma di ambiente pugilistico "Tennessee Champ", (1954) di Fred M. Wilcox, "La sete del potere"(1954), di Robert Wise (1954), il mitico "Mambo" (1954), a fianco della nostra eroticissima Silvana Mangano, di Robert Rossen, il fondamentale noir con Robert Mitchum, "La morte corre sul fiume" (1955), di Charles Laughton, "Il grande coltello" (1955), altro hard boiled favoloso di Robert Aldrich; "Tutto finì alle sei" (1955), tratto da "Una pallottola per Roy" di W.R. Burnett, di Stuart Heisler, con un cast stellare composto da Jack Palance, Lee Marvin, e Lon Chaney; l'eccezionale "Strategia di una rapina" (1959), di Robert Wise, con Ed Begley e Harry Belafonte.

Shelley Winters9Un curriculum da paura!
Lo stesso anno si aggiudica finalmente il massimo riconoscimento dell'Academy, il premio Oscar come miglior attrice non protagonista per "Il diario di Anna Frank"; ne prenderà un altro nel 1965 per il film "Incontro al Central Park", tratto da un romanzo di Elizabeth Kata.
È la prima attrice a vincere due volte l'Oscar come migliore interprete non protagonista: dopo di lei ci riuscirà solo Dianne Wiest.
Successivamente è nel cast del meraviglioso "Il giardino della violenza" (1961), di John Frankenheimer, e soprattutto in "Lolita" (1962), di Stanley Kubrick, in cui interpreta la madre alcolizzata della protagonista: il ruolo della vita!
Di qui in avanti la sua personalità dimostra tutta la sua versatilità: non più giovanissima e bella cicciottella, si adatta alla perfezione al suo nuovo status che valorizza le sue indiscutibili doti di interprete pura e semplice.
La ritroviamo infatti regina indiscussa di tanti film di genere: horror, thriller, western, noir, pellicole d'autore, commedie, B-movies, alcuni di essi entrati di prepotenza nel nostro immaginario.
Inoltre, la sua personalità, per certi versi esplosiva, come donna e come attrice la porta spesso sulle prime pagine dei giornali, anche di quelli riservati strettamente al gossip sul mondo della celluloide.
La sua stessa vita sentimentale, quanto mai articolata, è sempre al centro del chiacchiericcio mondano, ma anche lei stessa si diverte a raccontarla attraverso scritti autobiografici ricchi di particolari rispetto alle vicende dei suoi tre matrimoni – fra cui oltre quello con Gassman, anche con l'attore Anthony Franciosa – e dei numerosi flirt con personalità dello spettacolo come William Holden, Burt Lancaster e Marlon Brando.
Con grande autoironia, ricordando le passate avventure, affermerà in seguito: «Una volta ho girato un film in Inghilterra: faceva così freddo che stavo per sposarmi».
La lista delle sue partecipazioni, sia come protagonista sia in ruoli di supporto, è davvero "lunga" e la dice "lunga" sulla sua importanza nella storia del cinema, a tutto tondo.

Shelley Winters19
Si va dal giallo "Detective's Story" (1966), di Jack Smight, con Paul Newman, al western crepuscolare "Joe Bass l'implacabile" (1968), di Sydney Pollack; dai thriller "Chi giace nella culla della zia Ruth?" (1971) e "I raptus segreti di Helen" (1971), di Curtis Harrington, all'horror psicologico "Lo specchio della follia" (1969), di Bernard Girard
La gustiamo poi nel mito della blackexplotation "Cleopatra Jones: licenza di uccidere" (1973), di Jack Starrett, nel visionario capolavoro di Roman Polanski "L'inquilino del terzo piano" (1976), nel B-movie "Tentacoli" (1977) di Ovidio G. Assonitis, con Henry Fonda e John Huston, nel bellissimo noir "Un borghese piccolo piccolo" (1977), capolavoro cinico e grottesco di Mario Monicelli, a fianco di Alberto Sordi.
E poi il thriller stracult "Gran bollito" (1977) di Mauro Bolognini, il fantascentifico "Stridulum", (1979) di Giulio Paradisi, il Pulpissimo "Il clan dei Barker", di Roger Corman (1970), l'action "Delta Force" (1986), con Lee Marvin e Chuck Norris.
La sua ultima interpretazione risale al 1999 nel film "La bomba", di Giulio Base, al fianco del suo ex marito Vittorio Gassman (anch'esso alla sua ultima apparizione sul grande schermo), con il quale è stata sposata e dal quale ha avuto una figlia, Vittoria.
La stupenda Shelley muore a Los Angeles, il 14 gennaio del 2006.
C'è poco da fare o da dire: è stata la meglio!
Onore a Shelley Winters!

"Io penso che la nudità sul grande schermo sia disgustosa, vergognosa e anti-patriottica. Ma se avessi 22 anni, con un gran bel corpo, sarebbe artistica, di buon gusto, patriottica e un'esperienza religiosa progressista."
Shelley Winters




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