Tanti tanti auguri di Buon Natale, cari amici dei Mutzhi Mambo!
Oggi non potevamo certo festeggiare senza un evento speciale!
Per chi ci crede è il compleanno del Signore Gesù ma per noi che crediamo nel Sacro Verbo del Pulp, è l'anniversario della nascita dell'immenso HUMPHREY BOGART, il più duro dei duri, il più grande attore crime della storia del cinema!
Commentare Humphrey Bogart è come commentare una divinità: bisognerebbe essere teologi!
Basti dire che nessuno come lui ha incarnato l'essenza stessa dell'hard boliled, nessuno come lui ha forgiato l'immaginario collettivo in senso noir!
Humphrey Bogart nasce il giorno di Natale del 1899, da una famiglia agiata di origine britannica, olandese e spagnola: suo padre è un noto chirurgo, la madre una disegnatrice pubblicitaria.
L'infanzia dorata, trascorsa senza episodi significativi nella elegante casa dell'Upper West Side di Manhattan insieme alle due sorelline minori, non fa presagire l'adolescente ribelle e intollerante che diverrà qualche anno più tardi.
Dopo il diploma delle inferiori alla Trinity Grammar School, si iscrive alla Philips Academy di Andover nel Massachusetts, dove tutti sperano si prepari ad affrontare la vita universitaria, magari a Yale o in qualche altro prestigioso ateneo.
Ma Humphrey delude le aspettative dei suoi guadagnandosi dopo pochi mesi un'espulsione per indisciplina; al che decide di arruolarsi volontario in marina, appena dopo l'entrata degli Stati Uniti nel conflitto mondiale.
Al periodo del servizio militare sembra risalire l'incidente che gli provoca l’iconica cicatrice al labbro superiore che costituirà il suo celebre segno distintivo.
Le circostanze in cui si ferisce sono controverse e anche in questo caso, come nel caso della doppia data di nascita o dell'espulsione dal college, è difficile distinguere la verità dalle astute contraffazioni degli addetti stampa delle major, il cui compito è quello di aggiungere un alone romantico alla figura del divo di turno.
Terminato il servizio militare, un amico d'infanzia, figlio di un produttore teatrale, gli procura dei lavori dietro le quinte dei palcoscenici di Brooklyn.
Di qui a recitare le prime battute sulla scena non passa molto tempo, e nel 1921 il nostro ottiene il primo ruolo da professionista.
Tra il 1922 e il 1929 recita in ben ventuno produzioni di Broadway, interpretando generalmente ruoli da giovane sfrontato e scansafatiche.
Sulla scena conosce Helen Menken, che nel 1926 diventa sua moglie.
Il matrimonio, abbastanza burrascoso per i frequenti litigi, dura solo un anno, anche se i due rimarranno amici.
Subito dopo Bogart si lega ad un'altra giovane collega, Mary Philips, che sposa nel 1928.
Anche questa unione non avrà vita facile: il caratterino di Mary emerge quando, arrestata per ubriachezza molesta, stacca il dito di un poliziotto con un morso...
Nei primi anni trenta Humphrey viene notato da alcuni agenti della Fox con i quali si impegna per sei film.
Questa prima esperienza a Hollywood lo delude, anche se la paga è interessante, e Bogart decide di tornarsene a recitare in teatro a Broadway, dove fra l'altro ha stretto una grande amicizia con Spencer Tracy, un professionista che stimerà sempre.
Tra il 1932 e il 1935 partecipa ad altre sette produzioni teatrali, l'ultima delle quali è "La foresta pietrificata" di Robert E. Sherwood.
Gli viene assegnata la parte di Duke Mantee, pericoloso killer evaso, mentre la parte del protagonista va all'amico Leslie Howard.
Leslie sa benissimo che il successo del lavoro dipende in gran parte da Bogart (ci saranno ben 197 repliche) e promette all'amico di aiutarlo ad ottenere lo stesso ruolo nell'eventuale versione cinematografica.
Quando la Warner Brothers compra i diritti de "La foresta pietrificata" e decide di realizzarne un film, il ruolo di Duke va a Edward G. Robinson, allora uomo di punta della casa cinematografica, ma Howard minaccia di non firmare il contratto, facendo ottenere la parte a Bogart.
Il film esce nel 1936 e Bogart si guadagna una serie di entusiastiche recensioni, ma la Warner lo costringe sempre in ruoli stereotipati di gangster: nel giro di pochi film andrà sulla sedia elettrica dodici volte e riceverà condanne per un totale di circa 800 anni di detenzione!
Fuori dagli studios comincia proprio a comportarsi come i suoi personaggi, atteggiandosi a duro ed esagerando con l'alcool e col fumo.
Lo strapotere delle major, che all'epoca è assoluto e incontrastabile, non permette agli artisti la scelta dei copioni: un attore che rifiuta una parte potrebbe vedersi sospesa la paga senza spiegazioni, pertanto Bogart lavora sodo anche se si rende conto che la Warner dà la priorità ad attori come James Cagney, George Raft, Paul Muni o il già citato Robinson, e non intende per il momento fare di lui un divo, riservandogli le parti scartate da questi e da altri attori.
Nel 1937 gira "Le cinque schiave" accanto a Bette Davis.
Una delle attrici nel cast è Mayo Methot, una donna dal carattere simile al suo.
Fra i due nasce una forte attrazione e nel 1938 Bogart se la sposa.
Nessun matrimonio sarà più turbolento: la terza signora Bogart, pur gentile e ragionevole, sotto gli effetti dell'alcool diventa intrattabile, arrivando a lanciare addosso al marito ogni oggetto a portata di mano.
I due si azzuffano perfino in pubblico anche se, nonostante la vita burrascosa fuori dagli studios, Bogart continua ad osservare con rigore e puntualità i suoi impegni di lavoro.
Intanto, il suo carattere schietto e allergico ad ogni forma di ipocrisia comincia a procurargli qualche noia con la stampa.
Cominciava a diventare chiaro a tutti che esiste una precisa corrispondenza tra l'uomo Bogart e i personaggi che interpreta: la sua incapacità a mentire, le sue coraggiose prese di posizione fanno tremare più di una volta i giornalisti dell'epoca e l'establishment di Hollywood.
Le pellicole interpretate da Bogart a tutto il 1940 sono già ben trentanove.
Benché molto spesso calato in personaggi improbabili e in ruoli senza spessore, non gli mancano le buone occasioni per dimostrare le proprie capacità drammatiche: oltre al già citato "La foresta pietrificata", ricordiamo "Strada sbarrata", "Gli angeli con la faccia sporca", "I ruggenti anni Venti" e "Strada maestra", quest'ultimo diretto dal grande Raoul Walsh.
La vera occasione della vita arriva nel 1941 con "Una pallottola per Roy", ancora una volta per la regia di Walsh.
Qui Bogart, pur interpretando l'ennesimo gangster, conferisce al suo ruolo una coloritura eroica e valori quali il coraggio, la generosità e quel codice d'onore che sarà una delle costanti dei personaggi da lui interpretati in seguito.
Il ruolo di Roy Earle, rifiutato da tutti gli attori di punta della Warner, cambierà il corso della carriera di Bogart e lo rivelerà alla critica e al pubblico come una stella di prima grandezza.
Sceneggiatore del film è John Huston, che Bogart impara presto a stimare sia come scrittore sia come uomo riconoscendogli, e forse invidiandogli, qualità che egli non possiede: innanzitutto la statura (1 metro e 85 contro il metro e settanta scarso di Bogart), poi la sua cultura e il buon rapporto con il padre (l'attore Walter Huston), cosa che a lui è sempre mancata.
Huston d'altro canto riconosce a Bogart la pervicacia, l'impegno e la serietà nel lavoro: «Humphrey non ha preso mai sul serio se stesso, ma il suo lavoro sì».
Tra i due si sviluppa un sodalizio non solo professionale, ma anche umano: entrambi hanno la passione per l'alcool e per il mare.
Humphrey acquista da Dick Powell un quindici metri e, per almeno trenta week-end l'anno, continuerà per tutta la vita ad andare in barca.
Come ex-marinaio è pratico di navigazione ed è rispettato da tutta la gente di mare, soprattutto da chi, di solito, conosce e tratta da coglioni i divi di Hollywood che, una volta arricchiti, vogliono improvvisarsi "lupi di mare".
Sempre del 1941 è l'altro film che impone Bogart come grande protagonista: "Il mistero del falco", che vede esordire alla regia proprio il suo amico John Huston.
Fedele al romanzo di Dashiell Hammett da cui è tratto, il film è un vero capolavoro hard boiled e il personaggio di Sam Spade scolpisce la figura di Bogart nell'immaginario collettivo: impermeabile chiaro, cappello floscio a larghe tese, sigaretta all'angolo della bocca, volto corrucciato e l'inconfondibile sorriso a denti stretti, reso singolare dalla cicatrice sul labbro.
Huston lo dirige nuovamente in "Agguato ai tropici" (1942), ma la chiamata alle armi del giovane regista manda in fumo i successivi progetti.
È così che Bogart si dedica senza particolare entusiasmo a un film a basso costo, diretto da Michael Curtiz e basato su un'incomprensibile sceneggiatura che più volte viene rimaneggiata per il rapido volgere degli eventi bellici (gli attori che vi lavorano dichiareranno a più riprese di non capire un tubo della trama di ciò che stanno recitando!).
Eppure "Casablanca" (perché di questo monumento si parla!) diventerà un classico del cinema di tutti i tempi guadagnandosi l'Oscar per il miglior film, migliore regia e migliore sceneggiatura non originale.
Humphrey Bogart, protagonista assieme a Ingrid Bergman, riceverà la nomination, ma l'Oscar verrà assegnato a Paul Lukas.
Durante la lavorazione di questo film, i rapporti tra Bogart e la sua terza moglie precipitano: la Methot, convinta dell'esistenza di una storia sentimentale tra suo marito e la Bergman, tenta il suicidio e arriva anche a colpire il marito con un coltello alla schiena. Le successive riprese di "Acque del Sud" (1944), tratto dal romanzo "Avere e non avere" di Ernest Hemingway, segnano la definitiva rottura tra i due e il successivo divorzio.
Bogart si prende una quasi immediatamente una scuffia per la protagonista femminile del film, la giovane e bella esordiente Lauren Bacall, ma la loro grande differenza di età (lui 44 anni, lei 19) non manca di destare scalpore.
La coppia comunque si sposerà nel 1945, e lavorerà ancora insieme sui set de "Il grande sonno", un altro grande classico del noir, de "La fuga", in cui viene usato l'espediente della cinepresa "in soggettiva", e dell'avventuroso "L'isola di corallo".
Impegnati anche in politica, più volte si recheranno a Washington per protestare, insieme ad altri artisti, contro l'attività della Commissione per le attività antiamericane, che alla fine degli anni quaranta, indagando sulla presunta presenza di comunisti nell'industria cinematografica, dà il via alla cosiddetta "caccia alle streghe".
Nel 1948 John Huston offre all'amico Humphrey un altro capolavoro, "Il tesoro della Sierra Madre".
Diversi anni prima, Huston aveva letto l'omonimo romanzo scritto da un misterioso autore che lavorava sotto pseudonimo, e ne era rimasto affascinato.
Tornato dalla guerra dove aveva prestato servizio come documentarista, si dedica alla trasposizione cinematografica e ne scrive la sceneggiatura.
Il film descrive l'incontro di tre personaggi al limite della legalità che partono per il Messico alla ricerca di un filone d'oro.
Dopo averlo trovato, i tre uomini da leali compagni d'avventura si trasformano in esseri cinici e sospettosi, che finiscono con l'annientarsi fra loro perdendo il bottino e andando incontro ad una tragica sorte.
Il film non sbanca i botteghini ma si guadagna tre Oscar.
Paradossalmente anche questa volta Bogart manca il prestigioso riconoscimento, mentre Walter Huston, padre di John, vince come miglior attore non protagonista.
Nello stesso periodo Bogart fonda una sua propria casa di produzione, che chiama “Santana Productions”, dal nome del suo yacht.
Con la “Santan” gira quattro film che, per una serie di circostanze, non daranno le soddisfazioni artistiche e commerciali sperate.
Dopo un ultimo, dignitoso film "La città è salva", chiude il contratto con la Warner, e sarà John Huston a offrirgli un altro ruolo da antologia, in cui Bogart è il proprietario di un malandato battello che si lascia convincere da una zitella puritana (Katharine Hepburn) a percorrere le acque di un fiume dell'Africa per andare all'attacco di una nave da guerra tedesca.
Il film, il primo a colori girato da Bogart, prende lo stesso nome del battello, "La regina d'Africa".
La lavorazione è lunga e travagliata: le riprese nel caldo umido e soffocante del Congo saranno costellate di incidenti tipo una bella dissenteria che creerà seri problemi a tutti i componenti della troupe (si salveranno solo Huston e lo stesso Bogart: «merito dell'alcool», affermeranno successivamente i due vecchi ubriaconi), l' affondamento del battello (ci vorranno tre giorni per riportarlo a galla), alcune incomprensioni con la gente del luogo e un'invasione di formiche che distrugge l'intero accampamento della troupe.
Nonostante tutto ciò, il film sarà un trionfo commerciale e farà guadagnare finalmente l'ambito Oscar a Bogart, che sconfigge sul filo di lana la rivelazione Marlon Brando, grande favorito con "Un tram che si chiama desiderio".
Bogart, d'ora in poi potrà permettersi di scegliere solo i copioni a lui graditi.
Alcune delle sue preferenze tuttavia caddono su lavori non sempre all'altezza, come "Essi vivranno", sulla guerra di Corea, la commedia "Non siamo angeli", "La mano sinistra di Dio" e "Il tesoro dell'Africa", girato in Italia con un cast che comprende anche la nostra Gina Lollobrigida.
Anche il ruolo di Larry Larrabee in "Sabrina", per il quale viene convocato in extremis dopo il forfait di Cary Grant al quale era in origine destinato, non calza effettivamente a pennello a Bogart, nonostante le necessarie modifiche apportate allo script.
Gli scontri non solo verbali tra lui e William Holden e le sue affermazioni poco diplomatiche sulle qualità femminili e artistiche di Audrey Hepburn animeranno la lavorazione di questo film, che otterrà comunque un ottimo riscontro di pubblico.
Indovinatissima invece la parte del capitano Queeg in "L'ammutinamento del Caine", un film che gli fa ottenere la terza candidatura all'Oscar grazie all'interpretazione del nevrotico comandante di una nave che deve fronteggiare la ribellione del suo equipaggio.
Col magnifico "Ore disperate" (1955) Bogart torna per la prima volta dopo molti anni a interpretare la figura di un gangster: questa volta è uno spietato criminale che, evaso dalla prigione assieme ad alcuni suoi complici, tiene in ostaggio una tranquilla famigliola con un bambino.
Lo stesso anno gira "Il colosso d'argilla", ma Bogart comincia ad accusare una disfonia che gli rende difficile la pronuncia delle battute.
È il primo sintomo di quello che all'inizio sembra essere un piccolo restringimento dell'esofago.
In realtà si tratta di un carcinoma (Bogart è un incallito fumatore). Qualche mese più tardi, nel disperato tentativo di bloccarne la diffusione ai tessuti vicini, l'attore viene sottoposto a un intervento chirurgico altamente debilitante, della durata di otto ore, che mette in serio pericolo la sua vita.
Per circa un anno cercherà di combattere la malattia credendo di farcela, ma, alle due del mattino del 14 gennaio 1957, Humphrey Bogart muore nella sua casa di Holmby Hills, nel distretto di Westwood a Los Angeles.
Alla cerimonia funebre partecipano decine e decine di colleghi e maestranze degli Studios e John Huston pronuncia un memorabile discorso in suo onore.
Se ne va così, stroncato dal tabacco, uno di quegli artisti che hanno trasceso i ruoli per diventare simboli immortali di un'epoca, l'immagine stessa di un mondo scomparso, che non c'è più...
Uno dei piu grandi dei grandi!
Onore ad Humphrey Bogart!
...e di nuovo tanti, tanti auguri ai nostri cari amici e lettori!
Buone feste!
"Strasse: Di che nazionalità siete?
Rick: Ubriacone.
Renault: Allora siete cittadino del mondo."
Heinrich Strasser/Conrad Veidt, Rick Blaine/Humphrey Bogart, Louis Renault/Claude Rains - Casablanca