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Ci sono pochi motivi per essere fieri di nascere nel nostro Paese, cari amici dei Mutzhi Mambo, specie negli ultimi tempi.
Ma essere connazionali di GIAN MARIA VOLONTÈ è un motivo di orgoglio bello solido!
Come Dante, come Leonardo, come Galileo, come Leopardi: sapere di essere nati nello stesso stato di Gian Maria Volontè ci riempie di vero amor patrio!
Interprete versatile e incisivo, Volonté è considerato uno dei maggiori attori della storia del cinema italiano, ricordato per la presenza magnetica e la recitazione efficace e aggressiva.
Era un istrione ma nel senso bello del termine, come Gassman o Carmelo Bene: era un principe dello schermo che annullava chiunque gli si affiancava.
Gian Maria Volonté è stato per oltre trent’anni l’attore impegnato per eccellenza del cinema italiano, riuscendo a fondere grandissime doti recitative, un’incredibile presenza scenica e una gran coerenza nella scelta dei film da interpretare.
E ne ha fatti tanti, troppi, di film importanti: è stato il cattivo nei film di Sergio Leone (dove era ancora doppiato, com’era prassi all’epoca), il nobile decaduto nell'”Armata Brancaleone” di Monicelli e poi ha iniziato a interpretare film “impegnati”, facendo la vittima o il carnefice a seconda dei casi, sempre al centro di storie che cercavano di raccontare l’Italia di quegli anni.
L’operaio Lulù Massa e il bandito Cavallero, Enrico Mattei e Lucky Luciano, Aldo Moro versione "Todo Modo" o "Il Caso Moro" e l’anarchico Bartolomeo Vanzetti, il conservatore capo della Omicidi di “Indagine…” e il pacifista tenente Ottolenghi di “Uomini contro”.
Questi sono solo alcuni tra i 57 personaggi apparentemente agli antipodi interpretati in appena 23 anni di carriera da Gian Maria Volonté.
Mai attore in Italia fu capace di una così totale e mimetica trasfigurazione in figure dell’attualità politica e della storia, uomini celebri e persone semplici, cercando perfino una funzione “politica” del proprio ruolo professionale.
“Non scelgo veramente i miei ruoli: accetto un film o non lo accetto in funzione della mia concezione del cinema (…) Cerco di fare film che dicano qualcosa sui meccanismi di una società come la nostra, che rispondano a una certa ricerca di un brandello di verità”, spiegò l’attore.
Anche meno, diciamo noi (o al limite anche più): Volontè è stato grande anche perché, oltre ad essere un impagabile protagonista, è stato un enorme caratterista che ha impreziosito come nessuno il nostro cinema di genere.
Anzi, il fatto che lui fosse nel cast, trasformava proprio il prodotto “di genere” in qualcosa di più universale, di metacinematografico.
Caso più unico che raro, la sua sola presenza donava alla pellicola un valore aggiunto: qualsiasi parte interpretasse, in qualsiasi film si trovasse, Volonté ne tirava fuori il “motivo”, il “perché”, la “ragion d’essere”.

Gian Maria Volonté nasce a Milano il 9 aprile del 1933 e cresce a Torino.
Il padre è un milite fascista che nel 1944 è al comando della Brigata Nera di Chivasso mentre la madre appartiene a una benestante famiglia di industriali milanesi.
Gian Maria trascorre un'infanzia difficile e infelice per via della precarietà economica familiare, causata innanzitutto dall'arresto del padre, accusato di aver ordinato la fucilazione di alcuni partigiani, morto forse suicida o forse per le botte ricevute dai carcerieri.
La madre, cerca in tutti i modi di fronteggiare la crisi, affittando le camere della sua grande casa e a vendendosi i gioielli e tutti gli oggetti di valore.
Visto l’andazzo, Volonté abbandona gli studi all'età di quattordici anni e decide di trovare un impiego.
Dopo aver lavorato per quasi due anni in Francia come raccoglitore di mele ritorna in Italia, dove vive di espedienti e, proprio in questo periodo, si appassiona alla letteratura, soprattutto delle opere di Camus e di Sartre.
All'età di 16 anni, per necessità economiche, si unisce alla compagnia teatrale itinerante “I carri di Tespi”, come aiuto-guardarobiere e segretario.
Tale esperienza fa sorgere in lui la passione per la recitazione che, nel 1954, lo spingerà a Roma per frequentare l'Accademia nazionale d'arte drammatica, dove Volonté si fa ben presto notare come giovane di grande talento.
Ancora studente, nel 1957 ha la sua prima esperienza come attore recitando, sotto la regia di Franco Enriquez, nello sceneggiato televisivo “La Foresta pietrificata” e successivamente, diretto da Corrado Pavolini, in “Fedra” (tratto dall'omonima tragedia di Jean Racine).
Diplomato all'Accademia nello stesso anno, conosce con “L'idiota” di Dostoevskij (1959) e “Il Caravaggio” (1964) un notevole successo televisivo.
Tra le esperienze teatrali, da Shakespeare (“Giulietta e Romeo”, 1960) a Goldoni (“La buona moglie”, 1963), al “Vicario” di Rulf Hochhuth (1965), che viene censurato per la denuncia dei rapporti fra Chiesa e nazisti, al teatro-tenda, la più importante è forse quella con gli “Artisti Associati”, in cui interpreta il personaggio di Nicola Sacco in “Sacco e Vanzetti” di Roli e Vincenzoni (1960-61).
Negli anni Sessanta passa anche al cinema, esordendo nel 1960 con Duilio Coletti in “Sotto dieci bandiere”, affermandosi tra gli interpreti di punta in film civili.
Ma prima lo ammiriamo nel kitschissimo “Antinea, l'amante della città sepolta”(1961), di Edgar G. Ulmer e Giuseppe Masini, e nel sandaloni “Ercole alla conquista di Atlantide” (1961), di Vittorio Cottafavi.
Nel 1962 Volonté ottiene il suo primo ruolo da primattore in “Un uomo da bruciare” di Valentino Orsini e dei Fratelli Taviani, ispirato dalle gesta del sindacalista Salvatore Carnevale.
Nonostante l’interpretazione sia notevole, la carriera di Volonté non spicca.
Nel 1963 è protagonista nel film “Il terrorista”, ambientato in Veneto durante la resistenza, sotto la regia di Gianfranco De Bosio.
Il 1964 è l’anno della svolta: prima interpreta Michelangelo Buonarroti, nell'omonimo sceneggiato RAI di Silverio Blasi e poi Sergio Leone lo vuole in “Per un pugno di dollari”, il caposaldo degli spaghetti-western, nel ruolo dello spetato trafficante di alcolici Ramón Rojo.
Pur essendo un personaggio ipercaratterizzato, il nostro riesce ad evitare il rischio di renderlo caricaturale e il suo carisma adombra perfino il protagonista, un taciturno Clint Eastwood.
Questa indimenticabile parte proietta Volonté nell’Olimpo dei caratteristi, cosa ribadita nel 1965, quando ritorna a lavorare con Leone in “Per qualche dollaro in più”, secondo capitolo della trilogia del dollaro.
Qui interpreta il sadico criminale tossicodipendente El Indio: l'interpretazione lo consacra definitivamente al grande pubblico rendendolo, di fatto, il perfetto cattivo del genere.
Volonté interpreterà altri film appartenenti a questo benemerito filone, come “Quién sabe?” (1966), di Damiano Damiani, e “Faccia a faccia” (1967), di Sergio Sollima, al fianco di Tomas Milian (che ritrova l'anno successivo nel fondamentale “Banditi a Milano” di Carlo Lizzani); nel 1966 è nel cast del poliziesco “Svegliati e uccidi”, ancora di Lizzani, e soprattutto, in quello dello spassoso “L’Armata Brancaleone”, di Mario Monicelli, nel ruolo di Teofilato.
Nel 1967 interpreta il ruolo del prof. Laurana, nel film “A ciascuno il suo”, diretto da Elio Petri, liberamente ispirato all'omonimo romanzo di Leonardo Sciascia.
Il film segna l'inizio del sodalizio artistico fra Petri e Volonté, a cui seguiranno altre notevoli pellicole nel corso degli anni Settanta.
Ed è proprio nel 1970 che diventa il protagonista di uno dei più celebri film italiani a sfondo politico-giudiziario, “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”, sempre di Petri, comparendo inoltre nel capolavoro noir francese “I senza nome” di Jean-Pierre Melville al fianco di Alain Delon.
Diventato l’attore “politico” più noto e apprezzato, continua a dedicarsi ad un tipo di cinema impegnato, recitando nel corso degli anni settanta in film come “Uomini contro” (1970) e “Il caso Mattei” (1972), entrambi di Francesco Rosi, nonché “Sacco e Vanzetti” (1971) e “Giordano Bruno” (1973) di Giuliano Montaldo e “Sbatti il mostro in prima pagina” (1972), di Marco Bellocchio.
Parallelamente alla sua carriera d'attore, Volonté si impegna in un intenso attivismo politico portando avanti numerose battaglie, manifestazioni e scioperi per i diritti dei lavoratori e partecipando alla realizzazione dei “Documenti su Giuseppe Pinelli” (1970).
Verso la fine degli anni settanta Volonté passa un breve periodo di crisi a causa dell'insuccesso di “Todo Modo” (1976), grottesco film di denuncia sugli introiti della DC, che sancisce un po’ la fine della stagione del cinema politico italiano e segna la rottura tra Petri e l’attore.
Tuttavia risale presto la china ancora diretto da Rosi in “Cristo si è fermato a Eboli” (1979), tratto dal romanzo di Carlo Levi, che riceve diversi premi nazionali e internazionali.
Sempre negli anni settanta Volonté viene chiamato a prendere parte a diversi film importanti, tra cui “Il padrino” di Francis Ford Coppola e “Novecento” di Bernardo Bertolucci ma per motivi sconosciuti si rifiuta di partecipare a tali progetti; probabilmente rifiuta “Novecento” per il fatto di aver già preso impegno per “Actas de Marusia: storia di un massacro di Miguel Littín”.
Negli anni ottanta Volonté riprende la propria attività di attore con film come “La morte di Mario Ricci” di Claude Goretta (1983), “Il caso Moro” di Giuseppe Ferrara (1986) e “Cronaca di una morte annunciata” sempre di Rosi (1987).
Negli anni novanta lascia il cinema italiano dopo aver recitato in “Porte aperte” di Gianni Amelio (1990) ed in “Una storia semplice” di Emidio Greco (1991), entrambi liberamente tratti dagli omonimi romanzi di Leonardo Sciascia.
In questo periodo Volonté entra in una profonda crisi depressiva a causa degli scarsi impegni lavorativi, salvo per un paio di pellicole di poco conto come “Funes, un gran amor” (1992), di Raoul de la Torre e “Il tiranno Banderas” (1993), di José Luis García Sánchez.
Nel 1994 finalmente una parte di rilievo, per “Lo sguardo di Ulisse” di Theo Angelopoulos ma Volonté muore durante le riprese del film, stroncato da un arresto cardiaco, il 6 dicembre.
Verrà sostituito da Erland Josephson e il film verrà dedicato alla sua memoria.
Uno così il cinema italiano non lo ritrova più!
Non ce lo meritiamo...
Onore a Gian Maria Volontè!

“«Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, quello con la pistola è un uomo morto». È un vecchio proverbio messicano”
Ramón Rojo/Gian Maria Volonté – Per un pugno di dollari


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